Luca Salvadori commenta, in esclusiva per MOW, il GP di Catalunya 2021. Il pilota del Team Barni, in attesa del round di Imola dell’International Trophy che si correrà tra circa un mese, analizza i temi caldi della gara, a partire dai problemi di Fabio Quartararo e continuando con la Moto3, categoria sempre più in crisi in termini di sicurezza. Senza risparmiare una stoccata ai piloti che, al Mugello, avevano spiegato di aver corso con la mente troppo condizionata dalla morte di Jason Dupasquier per fare una bella gara. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Luca! Parliamo della tuta di Fabio Quartararo. Siamo dell’idea che un pilota non si fermerà mai, perché il suo lavoro è andare più forte possibile. Però c’è anche chi, di lavoro, dovrebbe punire le irregolarità, cosa che in gara (quando serviva) non è stata fatta.
“Secondo me è molto semplice: il pilota si può anche togliere completamente la tuta, ma se ha qualcosa da portare a casa in termini di punti per un campionato mondiale lo farà sempre. Anche dovesse arrivare in mutande proverebbe comunque ad arrivare al traguardo, al limite si aspetta che qualcuno dal box - a mente fredda - faccia le sue decisioni. Chiaro che se, invece, un pilota è ad arrancare nelle retrovie, con un problema del genere si ferma ed è pure contento”.
“È sempre stato così in passato. Penso ad Imola, quando sotto al diluvio c’era chi voleva correre e chi fermare la gara. Ci vuole una persona a decidere. Nel caso di Fabio penso sia stato fortunato che la tuta si sia aperta negli ultimi tre giri, quindi decidere era più complicato. Se fosse successo ad inizio gara gli avrebbero dato sicuramente la bandiera nera, ma il regolamento purtroppo per lui non è interpretabile. Se non hai l’abbigliamento ben allacciato incorri in una sanzione”.
Vero, però è successo dopo che gli altri team sono andati a chiedere spiegazioni. E questo non fa molto onore alla direzione gara. Loro lo avevano già penalizzato per il taglio della variante.
“Certo, ma è normale che se il regolamento parla chiaro gli altri vanno a protestare. I giochi politici li conosciamo, sia in Formula 1 che in MotoGP ci sono sempre stati. Ci hanno provato ed hanno guadagnato dei punti. Di sicuro della sicurezza gli importava poco, ma hanno fatto comunque bene”.
Certo, però è paradossale che sia stato necessario - da parte degli altri team - sollecitare la direzione gara.
“Non capisco come mai, però i regolamenti della MotoGP vengono sempre interpretati. Dovrebbero semplicemente applicare le regole. Sul regolamento non c’è scritto che il pilota va punito con la bandiera nera, ma c’è scritto chiaramente che non si può girare con la tuta aperta”.
Come hai interpretato il caos della Moto3? Avrebbero dovuto punire Jeremy Alcoba con un ‘Irresponsible riding’?
“Più che irresponsible riding c’è una questione di principio: sono ragazzi giovani, l’adrenalina è al massimo e la cognizione del pericolo è molto bassa. Lo è già in MotoGP, ma lì hanno un minimo di maturità. Nella Moto3 invece vale tutto, non hanno proprio cognizione di causa. Io credo che l’unica sia comminare sanzioni pesantissime, perché altrimenti non la capiscono. Quando dopo tutti i tuoi sforzi vedi annullato un tuo risultato per una sanzione poi ci pensi due volte prima di fare cose del genere. E secondo me è l’unica soluzione”.
Pugno di ferro?
“Esatto, come hanno fatto per il discorso dei trenini in qualifica, devono farlo anche in questi casi. Se Alcoba rallenta platealmente il gruppo con dietro 14 persone vuol dire che la lezione di Jason Dupasquier di qualche giorno prima non è servita a niente. E quello è il modo perfetto per rischiare che qualcuno venga investito. Ci vogliono sanzioni esagerate per queste cose”.
Qual è la soluzione? Cambiare le moto, farle un po’ diverse l’una dall’altra?
“Eh, ma così è una fregatura per quelli che corrono con una moto più lenta. Adesso è bello che ognuno abbia la possibilità di vincere e non avrebbe senso limitare le moto. Penso che, dato che sono ragazzi, devono essere instradati. Ed il pugno di ferro secondo me è l’unica soluzione. Limitare il lato tecnico sarebbe la morte del motociclismo. D’accordo contingentare i motori, togliere l’holeshot… Ma fare tutti i motori limitati a - per dire - 200 cavalli non avrebbe senso”.
Dopo il Mugello, con tutte le cadute che abbiamo visto in gara, si è pensato che i piloti fossero poco concentrati per la morte di Dupasquier. Tu però hai detto che era impossibile e le sei cadute a Barcellona sembrano darti ragione… È una MotoGP in cui si sbaglia tanto.
“Certo, si sbaglia tanto ma stavolta non c’era la scusa della morte di Dupasquier. Quando sei al limite è così. E tante cadute sono errori di chi è al limite, come quella di Aleix Espargarò: o molli i freni andando largo o sai che finirai per terra. Lui fa i miracoli con l’Aprilia, spreme il millesimo, ma a quel livello è così. Se andiamo a vedere le categorie minori, come per esempio il CIV, si cade molto meno. Ma nel mondiale hai tute a non finire e non ti importa dei danni, quindi guidi molto di più al limite”.
Marc Marquez ha detto di aver fatto i suoi migliori 7 giri della stagione prima di stendersi. Tu come l’hai visto?
“Sinceramente non riesco a capire quanto sia una situazione tecnica e quanto invece si tratti di un problema del pilota. Di certo non è il miglior Marquez di sempre, che massacrava il compagno di squadra e dava i secondi alle altre Honda. Invece adesso tra Espargarò e Marquez non c’è chissà quale differenza. Penso che lui mentalmente creda davvero di essere il solito, ma la verità è che non lo è. Credo che per rivederlo come ai vecchi tempi gli servirà la sua moto, fatta per lui, e ancora diversi chilometri. La prova del nove sarà il Sachsenring”.
La sua Austin europea. Anche perché gira a sinistra e la cosa potrebbe aiutarlo.
“Esatto. Anche a me piace a sinistra, quindi lo capisco”.
Perché non devi gestire gas e freno?
“Si, ti sporgi più dalla moto, non hai il gas in mano, meno mal di braccia… ci sta”.
Valentino ha puntato il dito contro Michelin: ha dichiarato che in prova aveva un passo, ripetuto nel warm-up e nei test di lunedì, ma che in gara è andato 6 decimi più lento.
“Ci può stare, sarebbe veramente una sfiga ma ci può stare. Anche se avesse avuto quei sei decimi di passo in più però, cosa avrebbe fatto? Top 8? Top 6?Di che stiamo parlando? Se fossi in lui, in cerca di risposte nella sua pista preferita in Europa, ci penserei un momento. Doveva fare come l’anno scorso, quando ha lottato per il podio e poi si è steso. Quest’anno invece nulla, desaparecido. In queste tre gare deciderà il suo futuro, secondo me è qualcuno di veramente vicino a lui dovrebbe dirgli basta. Se dall’interno sono sicuri che ormai sia lui il problema, dovrebbero dirglielo, noi non possiamo saperlo ma il suo entourage secondo me lo sa se è arrivato il momento e se è così dovrebbero essere bravi a farglielo capire. Perché come Quartararo non si ferma con la tuta aperta, neanche Valentino -che vive di questo da più di vent’anni - si fermerà mai. Se non avesse tutta questa pressione mediatica andrebbe avanti fino a 60 anni, perché è troppo appassionato per mollare”.
Marco Melandri, in un’intervista per MOW, ha identificato il problema di Valentino nel suo stile di guida: troppo dentro alla moto rispetto a piloti più giovani come Quartararo, Martin o altri. Cosa ne pensi?
“Sinceramente non sono d’accordo. Allora dovremmo dire lo stesso di Rins e di Zarco, che guidano molto sulla moto. Valentino è un pelo più sopra col sedere ma si sporge un po’ più col busto, Zarco a metà… Rins addirittura esce col sedere ma è avvitato come Doohan e comunque va forte. Secondo me questa cosa degli stili di guida lascia un po’ il tempo che trova. Chiaramente c’è un range nel quale bisogna stare, mettiamola così. Non puoi guidare come uno che fa il Costo di Asiago, col sedere imbullonato alla sella, ma non devi neanche stare per forza fuori come Marquez. C’è una via di mezzo in cui puoi stare”.
Quindi quale pensi sia il problema?
“Valentino ha 42 anni, gli altri ne hanno 25, 30. Tutto qui”.