Non c’era riuscita nemmeno la regina Federica Pellegrini. Nemmeno lei, la “Divina”, capace di illuminare ogni corsia che toccasse. Perché i 100 stile libero, per l’Italia, sono sempre stati un territorio di confine, una frontiera che pareva troppo distante perfino per la più luminosa delle nostre campionesse. Pellegrini aveva stregato il mondo nei 200 e nei 400, ma i 100, quelli no (tranne che in staffetta): lì le azzurre si fermavano alle promesse, mai alle certezze. Ma adesso la storia si ribalta, e lo fa con una ragazza del 2006, una di quelle che hanno la spavalderia del futuro negli occhi e nelle braccia: Sara Curtis, in finale ai Mondiali di nuoto a Singapore.
La cronaca, talvolta, è incapace di contenere la portata di certe imprese. E qui, tra le corsie di Singapore, Sara Curtis riscrive il copione. Il 15 aprile, agli Assoluti di Riccione, abbatte di 17 centesimi il record italiano della Pellegrini: 53”01. Un tempo che sa di salto quantico, di porta spalancata su mondi nuovi. È il pass per i Mondiali, è la dichiarazione che nulla è impossibile.
E ora, 52 anni dopo la prima edizione dei 100 stile libero femminili in vasca lunga, ecco l’azzurro finalmente tra le migliori otto. Curtis – al Mondiale, con la calma apparente di chi sa di meritare ogni centimetro conquistato – stacca come una molla dal blocchetto. Ai 50 metri, la concorrenza annaspa già dietro. La favorita, l’australiana Mollie O’Callaghan, sbircia il tabellone, forse sorpresa. La vasca di ritorno? Qualche sbavatura, un calo lieve, ma basta per agguantare la finale: 53”39 e settimo tempo d’ingresso. Ma non basta a spiegarlo tutto.

Perché la vera notizia è che nessuna italiana prima di lei era mai arrivata qui. Nemmeno Pellegrini, anche se il confronto regge solo fino a un certo punto: le specialità sono diverse, i tempi mutano, ma la simbologia di questo traguardo non ammette riserve. “Sicuramente il tempo non mi soddisfa, penso di poter fare molto meglio. L’obiettivo era la finale e sono contenta”, confida Sara, con la grazia un po’ timida della ventenne che sa di aver appena scavalcato un secolo di limiti e sogni a metà.
Intorno a lei, la compagnia delle grandi: l’olandese Marrit Steenbergen (52”81), la russa Daria Klepikova – bandiera neutrale, 53”14. Le altre sembrano lontane, ma il clima di attesa è quello che si respira solo davanti a un’impresa che potrebbe cambiare tutto. La finale? Sulla carta è quasi una missione impossibile, ma il nuoto non ama le previsioni scolpite.

Negli ultimi dieci anni, il muro dei 54 secondi nei 100 stile italiano era parso un miraggio. Tanti nomi, poche certezze. Fino a questo aprile, fino a Sara Curtis, che col suo 53”01 ha rimesso l’Italia sulla mappa che conta. Eppure, a impressionare davvero è la sua regolarità: non solo un colpo isolato, ma la maturazione tecnica e mentale di chi si allena per restare, non per passare.
Due anni fa, confessa, “non riuscivo manco a chiuderlo un 100 sl, oggi invece sono qui”. C’è dentro tutto: la fatica, la trasformazione, l’umiltà di chi sa che la storia si scrive a bracciate. E domani? Sarà una finale da vivere col fiato sospeso. Che questa sia solo l’alba di una nuova era per il nuoto italiano? Una bracciata alla volta, e si vedrà.
