Sei a Valencia, è l’ultimo weekend di gara per la MotoGP, mancano cento giorni al rientro in pista e c’è da lavorare sui contenuti per la pausa invernale. In mezzo ci sono le feste. Così qualcuno, in Dorna, ha avuto l’idea di prendere i piloti più veloci del mondo, mettere loro addosso dei maglioni di plastica ordinati in stock su Shein e sfidarli in una gara di impacchettamento regali a tempo. Ai più fortunati è stato anche chiesto di fare gli auguri in camera o cantare una canzoncina di Natale. Il tutto è stato poi pubblicato sui profili social della MotoGP assieme a un video che supera di slancio i quattro minuti, disponibile sul sito ufficiale Dorna. Il risultato è imbarazzante sia per chi ha fatto da protagonista (tutti i piloti, nessuno escluso) che per chi, disgraziatamente, ci è incappato in un modo o nell’altro. Se Luca Bizzarri raccontasse le corse e non le contraddizioni del nostro Paese direbbe una cosa sola: ma non hanno un amico? Evidentemente no. Non ce l’hanno gli organizzatori del campionato, convinti che questa possa essere una buona idea, e non ce l’hanno nemmeno i piloti che sembrano a metà tra il casting di una nuova stagione dei Teletubbies e una puntata di Art Attack finita male .
A che serve Dan Rossomondo, venuto dall’NBA per cambiare la comunicazione della MotoGP? E le sprint del sabato, gli incontri con i fan, il giro di pista sul carretto del verduraio fatto in ogni condizione climatica a un paio d’ore dalla gara? Mettere i venti piloti più veloci al mondo a fare questa cosa dopo tutto quello che è stato fatto per promuovere le corse è un’occasione persa, un po’ come laurearsi in statistica ad Harvard per fregare a carte i vecchi in paese.
Il punto è che quando senti Pecco Bagnaia, tre volte campione del mondo, cantare We Wish You A Merry Christmas con la morte negli occhi e le abilità canore di una vongola ti viene quasi da ridere. Poi però ci ripensi e capisci che questa roba è tutta sbagliata: Bagnaia, appena quattro mesi fa, è tornato a correre dopo aver visto Brad Binder passargli sopra il ginocchio a duecento orari. Lo stesso vale per Jorge Martín, svenuto mentre vomitava dopo un GP d’India fisicamente devastante. Non è da meno Marc Marquez, il quale pur avendo saltato cinque GP è caduto ventinove volte perché incapace di accettare un risultato mediocre, e non lo sono tutti gli altri.
Ridurre queste vite belle e complicate, a volte dure e spesso lontanissime da quelle di tutti noi a dei terribili auguri di Natale è un clamoroso autogol in termini di comunicazione. Ma se i protagonisti non sono mai troppo entusiasti di fare queste comparsate perché finiscono sempre per accettare? Quest’anno, verso fine stagione, i piloti della MotoGP hanno cominciato a pensare a un’associazione per tutelarsi, una sorta di sindacato specialmente per quanto riguarda contratti e impegni durante il weekend di gara. Una volta trovata la quadra sugli stipendi, le attività con gli sponsor e gli shooting promozionali forse converrebbe fare anche un ragionamento su iniziative del genere prima di ritrovarci con i piloti intenti a fare la classifica dei cinque posti in cui scattarsi un selfie nel paddock.