La lezione di Fabio Di Giannantonio è umana e sportiva. Ti spiega quanto sia importante affidarsi a sé stessi e ad avere fiducia nel caso. Per questo mondo se vuoi cambiare la tua situazione devi essere pronto due volte, la prima per far sì che l’opportunità arrivi e la seconda per riuscire a coglierla e sfruttarla. Roba quasi biblica. E poi certo, la MotoGP è veloce come uno schiaffo, pronta a sbatterti fuori se non sei sempre dove dovresti essere, i piloti sembrano cavalli da corsa a cui qualcuno un giorno sparerà in testa. Tutti lo sanno, sono le regole. Diggia nel 2023 ha cambiato capotecnico, ha cambiato approccio. Ha capovolto la sua classifica in un modo che, onestamente, è difficile ricordare da altri. La vittoria in Qatar è stata storica, enorme. Ma che gli volete dire a uno così, che ha capito una delle più grandi lezioni di vita in cui ci si possa imbattere? Fabio non ci ha pensato ai contratti, alle opportunità. Non ha pensato neanche all’idea che ritrovarsi senza moto per colpa di Marc Marquez era meno probabile di ritrovarsi con l’auto nuova colpita un meteorite. Fabio ha pensato a quello che poteva controllare lui, ovvero la moto. Dare il meglio di sé. La domenica, dopo aver conquistato il secondo podio consecutivo - poi toltogli per una piccola irregolarità delle pressioni - Diggia ha portato tutti in un bel ristorante di Valencia, a mangiare il sushi prima e a ballare poi. Ha sbattuto la sua carta di credito sulla macchinetta del pos un gran numero di volte, sempre felice di avere attorno la sua gente. Paga da bere, abbraccia la sua gente. È sereno come lo puoi essere una volta finita la maturità, quando sei abbastanza grande da sapere che gli esami non finiranno mai davvero ma anche felice per averne superato uno che ti ha tolto il sonno. È una bella emozione vederlo andare forte. Lui che in conferenza stampa dice di essersi “cagato nei pantaloni” dalla paura durante la gara, o che - quando gli chiedono se dovrà restituire il trofeo dopo la penalità della domenica - risponde come un comico: “Ssshhh! Io non so dove sia il trofeo, voi l’avete visto?”.
In questo momento può godersela. Con un contratto (di un anno soltanto, esattamente come Marc Marquez) e una moto con cui si può vincere. Di altro non c’è bisogno. “Che bomba”, dice lui nel lunedì dopo la gara, quando si è presentato sorridente in sala stampa con Pol Bertan, suo nuovo press officer, e una piccola striscia di scotch nero sul cappellino nel punto in cui c’è scritto Gresini Racing. “Non mi sarei mai aspettato di finire in VR46. In questo sport le cose succedono molto velocemente e tutto dipende solo dai risultati in pista. Sono felice di essere parte della squadra pur non essendo un pilota dell’Academy. Ne ho parlato con Uccio e Pablo, sarà una nuova avventura per entrambi ed è una cosa che mi rende anche orgoglioso, poi lo sono ancora di più di poter lavorare con un team così forte da cui imparare tantissimo. Sinceramente sono carico, non vedo l’ora di lavorare.”.
Il martedì mattina, per i test, Fabio fa montare le manopole bianche sulla moto. Uccio gli si siede a fianco, lui torna ad andare subito forte. Chiude col 7° tempo della giornata a quattro decimi da Maverick Viñales che come di consueto si è preso la prima posizione nei test.