Neanche il tempo di raggiungere la finale di un torneo Atp, subito dopo la finale di Coppa Davis vinta: quando sei un campione come Jannik Sinner dopo un grande risultato ci si aspetta un ulteriore step. La stagione è finita, ma la domanda che tutti già si fanno è: ora Jannik è pronto per uno Slam? Le due vittorie negli ultimi tre match contro Novak Djokovic, il superamento della nemesi tennistica Daniil Medvedev (tre vittorie negli ultimi tre incontri) e il trionfo contro Carlos Alcaraz. Gli ultimi mesi di Jannik Sinner sono la sintesi della parabola dei fuoriclasse: inizialmente lodato, poi ridimensionato (“Djokovic è ancora troppo forte”), consolato (“Ha ancora tempo”) e infine criticato per dei motivi inconsistenti. La residenza a Montecarlo, per pagare meno tasse, la poca “italianità” dovuta alla sua provenienza altoatesina e al suo carattere, meno vulcanico del tipo mediterraneo che, non si sa per quale ragione, racchiude l’essenza della penisola. O forse, proprio perché la freddezza e lo stile di Jannik è difficile da imitare: meglio, dunque, parlare di lui come uno che non è dei nostri. Fa niente, la pochezza di certe posizioni si commenta da sola. Dicevamo; è pronto per vincere uno Slam? Il suo allenatore Simone Vagnozzi ha in parte risposto in un’intervista pubblicata su Libero: “Deve migliorare sui cinque set, ma è pronto”. Vagnozzi ci ha sempre creduto in Jannik, anche quando Alcaraz sembrava un extraterrestre intoccabile. Ora è il numero quattro del mondo, il miglior risultato di sempre per un tennista italiano (record condiviso con Adriano Panatta). “È stato il lavoro degli ultimi mesi a funzionare e, con quello, la sinergia che ha creato con tutto il nostro staff. Jannik crede pienamente in chi gli sta attorno”, ha detto ancora l’allenatore. Un lavoro corale di cui, adesso, si vedono i risultati concreti. I margini, però, sono ancora larghissimi: "Il suo tennis è un puzzle e i margini di progresso sono stati evidenti nel fisico e nella resistenza. Ma anche nella mente”. Ed è proprio l’aspetto mentale che lo avvicina ai grandi del tennis: Djokovic, Roger Federer, Rafal Nadal. Fuoriclasse che le partite le vincevano con la testa, prima ancora che con la racchetta. Qualche sbuffo di troppo in palestra e un amore immenso per il gioco. Ha 22 anni, Jannik, ma ha già capito cosa serve per raggiungere la vetta: “Sono certo di una cosa: l’anno prossimo farà bene, e molto, anche negli Slam”.
Anche Fabrizio Biasin ha scritto su Sinner. Ha sottolineato, però, l’elemento extra campo, quella “tendenza tricolore a esaltare il fenomeno nel momento del trionfo”, glissando su tutto ciò che si era detto prima. Il passaggio da “Male Assoluto per aver saltato una convocazione di Coppa Davis” a “è già più forte di Djokovic” il passo è breve. Nel mezzo, neanche una smorfia, una polemica, un fallo di reazione: veramente poco italiana come cosa. “E la Nazionale? Il contributo è arrivato quando serviva davvero, ovvero all’atto finale”. L’apice di una stagione indimenticabile. Jannik ha anche rilasciato un’intervista, sempre su Libero, a Hoara Borselli: “Sono felice e orgoglioso di essere italiano e di rappresentare il mio paese”, ha detto il campione. Non farà scenate italiane, ma di certo non lascia spazio all’interpretazione. Prosegue: “Io mi concentro solo sul punto successivo da conquistare. Io ci credo sempre fino alla fine. La bellezza del nostro sport è anche quella: che la partita non è finita fino all’ultimo punto”. La mentalità di Jannik non è mai stata in discussione. L’idolo d’infanzia? “Roger Federer. Sognavo di giocare con lui ma purtroppo non è mai capitato”. Poi il tifo per il Milan (“quando posso guardo sempre le partite”), e i ringraziamenti alla Federazione e ai tifosi: “È una cosa grande. Lo ripeto che la stagione non poteva finire nel migliore dei modi”. Ora è il momento del riposo. I commentatori, invece, dormiranno con un occhio aperto. Pronti a scattare alla prima difficoltà, alla prima sconfitta. Sarà pronto? Noi abbiamo già la risposta.