Attorno al casco indossato al Gran Premio del Bahrein da Sir Jackie Stewart è nato un caso. È il minimo, se tra le firme di tutti i campioni di Formula 1 apposte sul casco, poi indossato dal leggendario pilota scozzese – oggi 85enne –prima di essere messo all’asta, c’è anche la sigla di Micheal Schumacher. “MS”, due lettere scritte con l’aiuto della moglie Corinna Betsch da sette volte campione del mondo, che nel 2013 ha subito danni cerebrali gravissimi a seguito di un tremendo incidente sugli sci a Méribel, in Francia. Ovviamente, la notizia della firma sul casco di Stewart ha risvegliato le speranze di un possibile recupero, ma fra i tanti sbilanciamenti mossi da un seppur comprensibile entusiasmo è bene mantenere la calma, perché le condizioni di Schumi restano complicate e, ad oggi, non ci pareri medici ufficiali a dire il contrario.

Il mese scorso, la sigla di Schumacher era comparsa su un casco speciale insieme ad altre diciannove firme – una per ogni campione di Formula 1 – per un’attività di beneficienza. A indossare successivamente il casco era stato il tre volte campione del mondo Sir Jackie Stewart, che presiede l’ente Race Against Dementia. Dalla vendita del casco, poi messo all’asta, Stewart ha dichiarato che intende finanziare la lotta contro la demenza. Com’era prevedibile tra tutte le prestigiose firme è stata la sigla di Schumi ad aver attirato l’attenzione dei media. È bene sottolineare che, a differenza degli altri piloti, Schumi ha apposto soltanto una sigla senza firmare per intero, con l’aiuto della moglie Corinna Betsch. Il casco è arrivato firmato a Stewart che, intervistato al Daily Mail ha dichiarato: "È meraviglioso che Michael abbia potuto firmare il casco per questa nobile causa: una malattia per la quale non esiste cura. Sua moglie lo ha aiutato e questo ha completato la serie di ogni singolo campione ancora con noi".

Come spesso accade quando si tratta delle condizioni di salute di Schumacher, la speranza di un suo recupero e di rivederlo in pubblico dà il la a dichiarazioni che non sempre è facile regimare, contenendole su un piano di dovuta prudenza come si deve rispetto a casi così delicati. Specie se a puntare ulteriormente i riflettori si uniscono le parole di persone che Schumacher l’hanno conosciuto e che gravitano attorno al mondo della Formula 1. È il caso dell’ex pilota e compagno di squadra ai tempi di Benetton, Johnny Herbert, che ha espresso grande speranza commentando la sigla comparsa sul casco: “È stato un momento meraviglioso. Non vedevamo qualcosa di così emozionante da anni e, si spera, sia un segno. Spero che Michael si stia riprendendo. È stato un lungo e terribile viaggio per la famiglia e forse lo rivedremo presto nel paddock della F1. La presenza di Michael Schumacher in un weekend di gara di F1 sarebbe uno di quei momenti speciali per uno dei più grandi piloti che abbiamo mai visto”. Ad oggi, il recupero di Schumacher procede lentamente nella sua abitazione privata, dall’uscita da coma farmacologico durato sei mesi e dopo le dimissioni dall’ospedale di Losanna, dove era ricoverato, nel 2014. Sul suo percorso la famiglia ha sempre provato a mantenere assoluto riserbo, nonostante qualche mese fa Felix Gorner, giornalista di Rtl e tra i pochi ad avere accesso diretto alla famiglia, avesse raccontato una realtà difficile da accettare: "La situazione è tristissima," aveva detto. "Michael è completamente dipendente dalle cure e non può più parlare. Solo un massimo di 20 persone possono avvicinarsi a lui. La famiglia sta facendo tutto per il suo bene, mantenendo sempre la privacy". Parole che, oggi, suonano molto lontane dall’entusiasmo nato intorno al casco di Sir Jackie Stewart.
