Se dal Gran Premio di Singapore nel paddock di Formula 1 non era volata neanche una mosca, ad Austin le prime notizie che arrivano hanno già dell’incredibile. La giornata del giovedì, quella dedicata alle attività mediatiche del circus, in realtà si è aperta con una notizia per niente serena, che annunciava l’apertura di un'indagine da parte della FIA nei confronti di un presunto team che dalla gara di Zandvoort in poi ha iniziato ad utilizzare uno strumento che permette di modificare l’assetto della vettura anche in condizioni di parco chiuso, quando per regolamento è vietato farlo. Nel giro di poche ore si è aperto un giro di ipotesi e teorie che hanno visto subito la Red Bull come primo sospetto e, nonostante inizialmente il team austriaco ha negato tutto, poco dopo è arrivata la conferma da un membro della squadra alla BBC, che ha però anche spiegato di essere arrivata una proposta di accordo da parte della Federazione stessa.
Ma innanzitutto, che cos’è il T-tray? Si tratta di un vassoio sottostante all’abitacolo di ogni monoposto, che coincide con l’ingresso del fondo, una delle componenti aerodinamiche più importanti e, di conseguenza, qualcosa di estremamente impattante sulla performance della vettura se modificata. Poter avere uno strumento che modifica tale parte aiuta estremamente nel cambio di prestazione tra qualifica e gara, regolamentato dalla FIA con il parco chiuso da ormai tantissimi anni. Infatti, di norma la vettura non deve cambiare nemmeno di una virgola dal sabato alla domenica, ma in pratica la Red Bull sembra esserci riuscita per qualche appuntamento, modificando l’altezza da terra del famoso T-tray.
Durante la pausa autunnale la Federazione si è messa a lavoro, date anche le lamentele degli altri team che hanno insistito per far si che fosse esaminata la condizione dei campioni del mondo in carica, e una volta arrivati ad Austin anche i rappresentanti della Red Bull si sono detti colpevoli in parte: “Sì, il sistema esiste, ma è inaccessibile una volta che la vettura è pronta per correre” ha detto il membro della squadra alla Federazione, con cui è poi stato concordato un piano d’azione da ora in poi. Non contenta comunque, la FIA inizierà una serie di controlli sui T-tray di ogni vettura a partire dalle prime prove libere sul Circuit of the Americas, dove gli spiriti sono già bollenti, dato che la Red Bull si sta giocando il campionato con la McLaren e non può permettersi di sbagliare. Ci sarà un delegato della direzione vigile su ogni vettura, anche se la trovata della Red Bull è in realtà molto furba vista la facilità con cui si riesce ad intervenire sulla zona del T-tray, accessibile anche da un meccanico e quindi mascherabile a tutti gli effetti.
La notizia però, non solo ha colto di sorpresa il circus, ma anche direttamente Checo Perez e Max Verstappen che, in prima sentenza, hanno negato la colpevolezza della Red Bull. Una volta ammesso dai tecnici l’utilizzo del sistema però - anche se non ci sono prove dell’utilizzo effettivo in regime di parco chiuso, motivo per cui la FIA continuerà ad indagare - l’olandese ha addirittura affermato di essere convinto che fossero gli altri team ad utilizzarlo durante il regime di parco chiuso: “Quando sono venuto a conoscenza della cosa pensavo fossero coinvolti altri team. Poi mi hanno detto che riguardava noi, anche se non lo abbiamo mai nemmeno menzionato durante i briefing; per noi era solo uno strumento utile quando la macchina era smontata” dice l’olandese. “Sapevo dell’esistenza di questo sistema, ma non dell’utilizzo in regime di parco chiuso” gli fa eco Perez, “noi non lo abbiamo mai usato, ma credo che spetti alla FIA tracciare il limite tra legale e illegale. L’ultima parola è la loro”.
Chi invece è andato subito all’attacco della squadra di Milton Keynes è stata la McLaren, con Lando Norris e Oscar Piastri che subito hanno puntato il dito contro il box della Red Bull. Anche perché è venuto spontaneo chiedersi perché installare un sistema effettivamente inutile se non utilizzato per modificare le prestazioni della vettura. E infatti, Lando Norris dice ai microfoni dei giornalisti che “un conto è avere quel sistema sulla vettura, un altro è utilizzarlo in determinati casi, cosa di cui effettivamente non sappiamo nulla”. “Poi bisogna capire se è stato davvero di aiuto o meno, ma in ogni caso è un bene che la FIA indaghi perché c’è differenza tra sfruttare i lati grigi del regolamento e infrangere ogni regola completamente” continua il britannico. Della sua stessa idea è, ovviamente, anche il suo compagno di squadra, Oscar Piastri: “Che tutti stiamo superando i limiti del regolamento è chiaro, ma è anche una cosa comune della Formula 1. Se analizziamo questa situazione però non si tratta di superare il limite… ma di infrangere proprio il regolamento” dice l’australiano. “Il nostro mini DRS era legale alla fine, anche se abbiamo dovuto modificarlo, ma questo sistema del T-tray esce dalla zona grigia per entrare in una nera e non va affatto bene” conclude Piastri.
Adesso sarà compito della FIA individuare la gravità dei fatti e, di conseguenza, intervenire come ritiene più giusto. Fatto sta che a sei gare dalla fine di uno dei campionati più lottati degli ultimi anni di Formula 1 il circus si ritrova con una battaglia nella battaglia, con ipotesi su violazioni del regolamento tecnico che escono fuori come funghi - proprio come quella sul mini DRS della McLaren - e che rendono il lavoro dei delegati della Federazione ancora più difficile. Saranno tre gli appuntamenti di fila del mondiale adesso, che correrà prima in Texas, per spostarsi una settimana dopo in Messico e infine in Brasile, fino a un’ulteriore mini pausa che permetterà alle squadre di ricaricarsi prima dell’ultima tripletta di gare. La posta in gioco è chiaro che sia tanta, in crescita forse gara dopo gara, e il T-tray Gate potrebbe portare a risultati inaspettati.