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Manetta, testa sgombra e lingua lunga:
Enea Bastianini come (i migliori) Rossi e Marquez

  • di Emiliano Perucca Orfei Emiliano Perucca Orfei

18 maggio 2022

Manetta, testa sgombra e lingua lunga: Enea Bastianini come (i migliori) Rossi e Marquez
Non è solo la velocità a far pensare a Bastianini come al più promettente dei piloti della sua generazione. Al pari del primo Valentino Rossi e del Marquez pre infortunio, anche Enea ha messo in mostra un tratto che distingue i campioni dai piloti veloci: la personalità. La battuta rifilata a Bagnaia nel post gara di Le Mans ne è la prova e la sua capacità di guidare con la testa sgombra sembra rappresentare un vantaggio impareggiabile. La vera domanda quindi resta una soltanto: ha davvero senso per lui spostarsi nel team ufficiale?

di Emiliano Perucca Orfei Emiliano Perucca Orfei

Lo scorso anno, al ritorno in pista di Marquez, tra i vari video per il mio canale ne avevo fatto uno in cui spiegavo perché ritenevo Marquez l'unico vero PRO oggi in MotoGP. Non si parlava di velocità o di tecnica, ma di testa e di applicazione mentale alla tematica della competizione.

Ero fermamente convinto di questa cosa ma quest’anno mi sono dovuto ricredere perché nel suo modo di essere, a maggior ragione oggi che non c’è fisicamente, Marc non è più solo. Bastianini, cresciuto all’ombra di un sistema comunicativo che in Italia è premiante in pochi altri casi al di fuori dell’universo #VR46, ha quello che tutti gli altri non hanno: un mix letale tra testa sgombra, qualità di guida innate e, soprattutto, lingua affilata. Mica poco. Perché se le sai usare, le parole, aiutano a rendere ancora più umiliante una vittoria come quella di domenica a Le Mans.

Ci ha emozionato Enea quando ha vinto in Qatar, soprattutto per la bellezza di rivedere il team Gresini al top nel motomondiale dopo la scomparsa di Fausto, ma a Le Mans ha fatto qualcosa in più. Perché non ha solamente vinto, ma l’ha fatto mandando in bambola Bagnaia, prima in pista e poi nel post gara… "sbeffeggiandolo" nelle interviste con una forza ed una audacia che non si vedeva da tempo. Tanto tempo. 

Fatte le debite proporzioni questa fase della carriera di Enea ricorda un po' quella di Rossi agli inizi. A metà anni 90 tutti si innamorarono subito di Valentino proprio perché era veloce e scanzonato e questo attirò immediatamente l’attenzione dei media. Ma in quel personaggio c’era di più: c’era la capacità di schiacciare non solo gli avversari della sua categoria, poca roba, ma anche quelli che lo stavano aspettando ai piani superiori. La bambola gonfiabile come sfottò a Biaggi, credo, ce la ricordiamo tutti.

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Enea sa bene che la moto non basta. E sa bene che solo pochi casi nella storia hanno visto un privato vincere il Mondiale. Un caso negli anni 80 ed uno nei primi anni 2000, anche se va detto che le moto di Rossi erano più ufficiali delle HRC - dormivano in Belgio - ed il team che lo seguiva era fondamentalmente quello di Doohan. Ma questo fa parte di un’altra storia, che ha delle similitudini solo in tema di qualità di guida, voglia di vincere e capacità di piegare l’avversario anche con la testa. Elementi che per funzionare devono essere mixati bene e in modo naturale, altrimenti si arriva a situazioni limite come quelle di Nico Rosberg: lui il mondiale contro Hamilton l’ha vinto anche e soprattutto mettendo in difficoltà Lewis fuori dalla pista, ricorrendo a sistemi furbi come le grigliate sotto la finestra del suo motorhome (è vegano...), ma alla lunga il dover pensare a come mettere in difficoltà gli altri logora. Viene meglio se la cosa è naturale, con una bella dichiarazione non filtrata dall’addetto stampa di turno sparata a pochi minuti da una scivolata disastrosa. Per non parlare del prosecco ingurgitato da Dall’Igna in diretta tv nel box Gresini con la testa di Enea sotto l’ascella. Tutte cose che sembrano create appositamente per mettere in difficoltà Bagnaia ma che si sono create in modo semplice e naturale. Ma letale.

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In Enea c'è velocità, c'è testa nel suonare l'avversario, c'è convinzione nei propri mezzi e tanta costanza. Elemento che anch’esso salta fuori solo se tutto il resto funziona. Marquez, per intenderci, è senza spalla e questo non gli permette di fare quello che la sua testa vorrebbe andando a ricadere malamente su tutto il resto: non trova il bandolo della matassa, la Honda è in difficoltà perché non sa come aiutarlo e, soprattutto, non ha neppure occasione per muovere la lingua, perché non ha avversari con cui farlo. Sta lì, consuma gomme e benzina ma non è più incisivo e se nel 2021 l’adrenalina del ritorno ci aveva fatto vedere degli sprazzi di Marquez old school, nel 2022 quello che si vede è l’ombra di un campione che dentro di lui sa perfettamente come fare, avrebbe ancora la testa per farlo ma non riesce più a farlo tanto da spingerlo a meditare seriamente al ritiro. In cuor suo sono sicuro che piuttosto di correre così se ne sta a casa. Ad ogni modo gli manca un elemento per essere quella roba là.

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E questo elemento manca a tutti. Nel 2020 abbiamo visto vincere il mondiale ad un pilota che ha vinto una sola corsa, nel 2021 Quartararo ha avuto gioco relativamente facile nella pletora di piloti a cui manca sempre qualcosa per essere costantemente al top. Il Bestia, in tutto questo, ha un'occasione straordinaria con una moto che va bene, la testa che vola e avendo capito esattamente cosa fare per essere vincente. Speriamo solamente che il contratto ufficiale, che certamente arriverà al Mugello, non gli dia alla testa ma soprattutto che tra le varie cose che ha compreso ci sia pure quella di non spostare le sue attività dal team Gresini a quello ufficiale. Al posto di Miller ci sta benissimo Martin. Il Bestia sta bene dov'è: a lui basta la moto ed il calore di un team che lo lascia essere sé stesso. Tutto il resto non conta. A meno che a Borgo Panigale non abbiano voglia di cambiare il loro modo di essere. Ma questo fa parte di un altro film. Per qualcuno di fantascienza.

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