Eroe, cannibale, incontenibile, epico… in questi giorni su Marc Marquez abbiamo sentito di tutto. La sua voglia di tornare in pista, la sua determinazione a non lasciare spazi a nessuno, inutile negarlo, destano ammirazione. Anche in chi non lo ha mai amato, anche in chi non farebbe mai il tifo per lui, pur non avendo problemi a riconoscere che è il più forte del momento e probabilmente di sempre. Ma oltre l’emotività c’è il pragmatismo e il primo del circus a scegliere proprio il criterio della concretezza è stato oggi il patron del team Ducati Pramac, Paolo Campinoti. Che in una intervista rilasciata a Paolo Ianieri sulla Gazzetta dello Sport non c’è andato leggero: “la pista non è il Colosseo e Marquez non è un gladiatore. Esserci domenica significa mettere in pericolo se stessi e gli altri”.
L’accusa non è a Dorna e nemmeno a Marc Marquez: “Lui è un pilota, è chiaro che vuole correre e per questo lo ammiro. E’ il più grande degli ultimi anni e su Marquez non ho nulla da dire. Magari vince anche e glielo auguro” – ha dichiarato. Il grosso errore, almeno a sentire il patron di Pramac, lo ha fatto la commissione medica. “Saranno loro a prendersi le responsabilità se dovesse succedere qualcosa di brutto? – ha chiesto Campinoti – Affermare che Marc sta bene è una leggerezza. Oppure ci si dica chiaramente che tutto era meno grave di quanto si era pensato”. Parole che ricalcano un po’ anche le (sicuramente più velate) dichiarazioni del pilota Pramac, Francesco Bagnaia: “Forse non era così grave”. Un sospetto che, però, sembra non trovare conferma nelle dichiarazioni dei medici stessi, con Paolo Campinoti che, da buon toscano, non si nasconde neanche nei confronti di Honda: “La cosa che mi ha sorpreso di più, e in negativo, è il comportamento della Honda, che ha permesso e si presta a questa cosa. Fa campagne sulla sicurezza auto e moto in tutto il mondo e poi accetta la corrida“.