Tra i mille scritti sulle corse in moto c’è un libro che è illuminante circa la verità su piloti e paura. Lo ha firmato Loris Capirossi, si intitola “La mia vita senza paura” e racconta il pezzo di vita passato nelle corse, a vincere mondiali e bagarrare con chiunque e con qualunque moto. Fino, appunto, all’arrivo della paura. Come se l’esistenza di un uomo che per lavoro corre in moto si dividesse in due pezzi: quello prima della paura e quello dopo. Capirossi racconta di averla conosciuta nell’ultimo anno della sua lunghissima carriera e di averci dovuto fare veramente i conti quando Marco Simoncelli è morto. “Solo l’idea di salire in moto mi paralizzava, per fortuna avevo già deciso di smettere”. Fine. Quando arriva la paura arriva la fine. Loris Capirossi la pensa così e lo ha scritto, in molti lo pensano e se lo tengono dentro e adesso chela paura è entrata a piedi pari nella carriera di Marc Marquez sono tante le domande da farsi.
Perché Marc Marquez, ieri, lo ha detto senza girarci minimamente intorno: “La caduta di questa mattina è stata molto violenta, forse una delle più dure che abbia mai avuto”. No, non è stata una delle più dure, ma probabilmente è stata la prima in cui, insieme al suo corpo, Marc Marquez ha sentito rotolargli a fianco anche la paura. “Sono un po’ stordito, ma sto bene. Stordito, ma bene” – ha ripetuto, prima di aggiungere una frase che un pilota non direbbe mai e che il Marc Marquez che conoscevamo non avrebbe neanche mai pensato: “E’ stato giusto non farmi correre”. Certo, dovrà passare qualche ora, probabilmente anche una settimana intera prima di analizzare l’accaduto, prima di provare a dare una spiegazione razionale a quella caduta, a prendersela con le gomme o altro, ma la paura non è qualcosa che ti spieghi. Quando la senti, la senti e basta e si trasforma, quasi sempre, in un pensiero latente che ti fa mettere in discussione tutto quanto. Soprattutto se, come Marc Marquez, vieni dal periodo più brutto della tua carriera, soprattutto se ti senti un perseguitato dalla sfiga (perché oggettivamente lo è) e hai pure un po’ di delusione addosso per esserti ritrovato sotto le chiappe una moto che non è più la tua. Quella che avevi voluto così, esattamente come piaceva a te.
Marquez torna? Marquez non torna? Ci risiamo, le domande sono sempre le stesse e le risposte non le abbiamo oggi come non potevamo averle dopo Jerez nel 2020 e dopo l’ultimo inverno. Però le domande sono sempre le stesse perché Marc Marquez è indispensabile, non perché vince, non perché è mediatico, ma perché è l’ultimo dei piloti veri. In questa MotoGP manca la “componente sanguigna”, manca quella roba che ti fa saltare veramente in piedi sul divano e adesso che Marc Marquez ha conosciuto la paura, la paura ce l’abbiamo anche noi. Valentino Rossi non c’è più, le rivalità meno che mai, anche i dissing della domenica sembrano robe da bambini dell’asilo (vedasi Miller vs Quartararo) e le moto di traverso sull’asfalto bagnato possono bastare un fine settimana, ma poi?