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Marc Marquez: “Il braccio non è più lo stesso, e poi la diplopia… A volte mi chiedo se continuare a correre valga la pena"

9 maggio 2022

Marc Marquez: “Il braccio non è più lo stesso, e poi la diplopia… A volte mi chiedo se continuare a correre valga la pena"
Lo spagnolo si racconta in una lunga intervista in cui mette tutto sul tavolo, dai problemi sulla moto (“devo guidare con un braccio che non è lo stesso ed evitare a tutti i costi un nuovo colpo alla testa”) al pensiero di lasciare le corse (“ci ho pensato l’anno scorso, ma anche dopo la caduta a Mandalika”), fino a svelare due delle sue più grandi paure. Spiegandoci che la verità sulla sua situazione è proprio come l’ambiamo immaginata

Sorridenti e lontani, spesso riservati. I piloti, o meglio gli atleti tutti, vivono parte della loro vita nascosti da strategie, uffici stampa e sponsor. Capita che non abbiano voglia di parlare o che, semplicemente, non possano farlo. Ecco perché quando un fuoriclasse parla da essere umano solitamente ne esce qualcosa di bello. È quello che ha fatto Marc Marquez in una lunga intervista a L’Equipe: si è messo a nudo raccontando dei suoi momenti più complicati, dei limiti fisici, di tutta quella roba che si continua a scrivere di lui, che si tratti dell’infortunio al braccio o della paura di un nuovo episodio di diplopia, raccontando che è tutto vero. Anzi, che sotto certi aspetti è anche peggio di come sembra. Marc Marquez, in questo 2022, è proprio come lo vediamo noi dal divano di casa: più umano, meno veloce ma sempre appassionato. “Non è facile per me - ha esordito - oggi devo lavorare sulla mia guida con un braccio che non è lo stesso, il che mi costringe a usare di più le gambe per controllare la moto, mentre so che devo evitare a tutti i costi un nuovo colpo alla testa per evitare possibili problemi di vista. Il problema è che non puoi permetterti di pensare a tutto questo quando sei sulla moto, altrimenti non riesci ad andare avanti”, ha spiegato. Ammettendo che per lui entrare in pista è una scommessa: “Se sono ancora qui oggi è perché accetto questo rischio. Se non fosse così non avrei potuto fare il miglior tempo nelle prime libere sotto la pioggia in Portogallo e non sarei stato in grado di fare segnare il tempo che ho fatto su pista ancora bagnata in qualifica... Se non avessi accettato il rischio non sarei andato forte. Il giorno in cui non correrò più il rischio, concluderò la mia carriera”.

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Anche perché, a dirlo è sempre lui, la diplopia può tornare anche con una caduta banale come quella delle FP3 a Portimaõ: “Quella volta l'impatto è stato molto meno grave rispetto al warm up di Mandalika. Ed è stato molto diverso da quello dell'anno scorso, quando mi stavo allenando con la moto da enduro. I medici mi hanno spiegato che il mio nervo ottico può soffrire a seconda della la violenza dell'impatto, ma conta anche l'angolazione del colpo ricevuto. Quando mi sono infortunato a fine ottobre, la mia testa ha ricevuto un colpo laterale molto forte, quindi le conseguenze di una caduta sono sempre molto incerte. Oggi la mia spalla e il mio braccio destro non sono più come prima, ma vanno bene per guidare. L'ho dimostrato l'anno scorso in alcune gare durante la seconda parte di campionato. È vero che fisicamente non sono più lo stesso, ma il mio livello è ancora accettabile”.

Poi, ancora, ammette di aver pensato più volte al ritiro: “Ci sono stati momenti in cui ho pensato di smettere. Ma non definitivamente, diciamo come una lunga parentesi. Ci ho pensato l'anno scorso quando mi è stato difficile tornare in primavera e ci ho pensato quest’anno, anche dopo caduta a Mandalika che mi ha ripresentato il problema della vista... Ma mi sono reso conto che se l'avessi fatto, se mi fossi preso una pausa, non sarei mai tornato come prima. Ogni tanto mi chiedo se ne valga davvero la pena, ma finora la risposta è sempre stata sì. Certo, corro molti rischi, ma è così che ho ha vinto otto titoli mondiali. So che alcune persone pensano che se avesse preso meno rischi avrei vinto più campionati, ma forse ne avrei vinti anche di meno. Nessuno può rispondere a questa domanda. Se non avessi questa mentalità, forse non sarei stato campione del mondo nel 2013, e nemmeno nel 2010, quando correvo a 125”.

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Inutile dire che gli infortuni hanno cambiato anche le sue aspettative, passate rapidamente dal ‘continuare a dominare’ al ‘tornare a vincere’. Lui, ancora una volta, non ne fa mistero: “Fino al 2019 quello che mi ha tenuto in vita è stata la voglia di vincere. Nonostante le cadute e gli infortuni, puntare alla vittoria mi ha motivato. Oggi è un po' diverso. Quello che mi motiva è più la sfida di trovare un modo per andare veloce, per correre bene. Lavorare con il mio team per trovare soluzioni ai miei problemi sulla moto, tornare ad andare forte… Anche se significa puntare al quinto posto. La motivazione è questa, trovare le soluzioni per lottare ancora per il podio e la vittoria e arrivare a un nuovo titolo. Nel mio cuore sento che si tratta di un traguardo realizzabile”.

Oltre a tutto questo, Marc Marquez ammette anche di dover fare i conti con una moto che non è più quella a cui si era abituato nel corso degli anni: “Io guido con l’anteriore della moto - la sua spiegazione - Questo è quello che mi ha insegnato la Honda da quando sono arrivato in MotoGP nel 2013. È così che ho sviluppato il mio stile di guida. Questa nuova moto è fatta per uno stile diverso, posso adattarmi ed è quello che faccio dall'inizio dell'anno, ma vedo che non posso sfruttare al massimo il mio potenziale guidando in questo modo. Dobbiamo lavorare di più dalla nostra parte del box, non necessariamente cercando di accontentare tutti i piloti Honda. Dobbiamo concentrarci su ciò che voglio, ciò di cui ho bisogno. E penso che il team e la Honda loro stanno iniziando a reagire”.

Infine, Marc svela di avere anche un paio di fobie: "Per esempio quando sono in aereo e c'è turbolenza, oppure quando vado al mare perché in acqua non mi sento affatto a mio agio... Ma quando sono in moto o in bicicletta non ho mai paura”.

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