L’addio della Suzuki alla MotoGP ha ulteriormente compromesso i contatti dei piloti, che si sono trovati a fronteggiare una sorta di crisi economica: drastico calo di stipendi, meno opportunità di carriera e nessun potere contrattuale. D’altronde anche il motomondiale sta uscendo da due anni di pandemia, gli sponsor fanno più fatica ad investire e la guerra non sta certo aiutando. A sollevare la questione qualche giorno fa era stato Pol Espargarò, che aveva raccontato di piloti con contratti da meno di un milione di euro a stagione: cifre folli per chi lavora in ufficio che diventano ridicole per calciatori, cestisti e piloti di Formula 1. Secondo Pol Espargarò i piloti avrebbero dovuto mettere in piedi una sorta di sindacato per tutelare i loro interessi già da qualche anno, formando un’associazione - sempre a sentire lo spagnolo - guidata da Valentino Rossi, l’unico con la forza mediatica per farlo.
Ora, nel venerdì del Mugello, Marc Marquez è tornato sul tema: “Penso che a guidare una sorta di sindacato dei piloti dovrebbe essere qualcuno che non corre - sono state le sue parole a una domanda specifica - Detto questo è vero che in Safety Commission ne abbiamo parlato. Alcuni piloti guadagnano veramente poco. Per me sarebbe meglio stare zitto, ma sono stato io a tirare fuori il discorso: non è giusto che qualcuno in MotoGP abbia contratti del genere e, anche se credo di essere quello che guadagna più di tutti (Marc ha un contratto di quattro anni, quindi siglato prima della pandemia, ndr.), ho tirato fuori il problema perché è ingiusto. Guidiamo moto a 350 Km/h, dobbiamo fare qualcosa”. Marquez ha anche dichiarato che, ad ogni modo, è un compito che non può assumersi: “Non sono io a poterlo fare. Abbiamo un bel rapporto con Dorna, penso che ci capiscano e che abbiano tutti i mezzi necessari per cambiare un po’ le cose”.