Parlare di MotoGP con Marco Melandri è sempre un privilegio. Lui va dritto al punto, non usa mezzi termini e parla con l’esperienza del pilota assieme a quella dell’appassionato, che rimane anche ora che i capelli sono un po’ meno neri. Così, anche se corre in bici praticamente tutti i giorni, continua a seguire le gare ed è preparato su tutto, ragiona sulle cose. Ecco perché quando se ne presenta l’occasione, come gli è successo una settimana fa al Mugello, è ancora lì ad aprire il gas senza controlli elettronici come fosse ancora il suo mestiere. Anche se le cose sono decisamente cambiate.
Ciao Marco! Come è andato il tuo rientro in pista con la Yamaha R1 GYTR al Mugello?
“Bene, mi sono divertito. Era da un bel po’ che non andavo, avevo fatto un giro a settembre con gli amici… l’ultima volta era stata a maggio 2021 per DAZN al Mugello, ma dieci giri appena. Però seriamente non andavo da agosto 2020. Che poi a dire il vero non è che stavolta ho girato da matto”.
Sei stato lì tutta la giornata?
“Sì, ma non ho girato tantissimo. Dovevo provare un casco, un po’ di cosine… però adesso vorrei fare una giornata seria”.
Che sensazione ti ha dato tornare così, dopo almeno un paio d’anni di pausa?
“È strano, perché la mente fa una cosa e il corpo ne fa un’altra, non c’è verso di collegarli. Mi sono trovato ad andare poco più forte dei miei amici amatori quando prima gli giravo proprio attorno! È assurdo (ride)”.
Parliamo di MotoGP: Come hai vissuto il rientro di Marc Marquez?
“Secondo me lui è veramente il fenomeno per definizione. Anche il suo approccio, per quanto a volte finisca per essere eccessivo - penso ad esempio a Portmão - ti fa stare incollato allo schermo qualunque cosa accada: anche se corresse da solo ci sarebbero degli imprevisti”.
A Le Mans ha sollevato una discussione dicendo che in qualifica nella peggiore delle situazioni si sarebbe steso impedendo agli altri di migliorare con una bandiera gialla. A noi sembra quasi scontato che un pilota pensi queste cose, Marc ha avuto solo il coraggio di dirlo. Tu, da pilota, come la pensi?
“È proprio così, è quello che pensano tutti! Se vuoi diventare il migliore, sportivamente parlando devi essere un bastardo. È inevitabile, devi avere la cattiveria sportiva. Il problema è che adesso tutti dicono quello che devono dire. Lui ha detto la sacrosanta verità ed è un ragionamento che fanno tutti, o almeno tutti quelli che vogliono vincere. È chiaro che non si stendono di proposito, però come ragionamento non c’è niente di strano”.
Marc è un fenomeno, ma pensi che possa ancora lottare per un titolo? Tra infortuni, rientri e una moto così complicata sembra strano che possa davvero riuscirci.
“Da mondiale no, per niente. In futuro, dico la verità, lo vedrei da mondiale solo nel caso in cui riuscisse a salire su di una KTM, e lo dico per due motivi: la Honda non è mai stata una moto facile, lui prima riusciva a farla sembrare semplice perché stava bene e aveva una forza fisica incredibile, poi è pur sempre di un altro livello. La KTM sta spendendo talmente tanti soldi che secondo me se entro due o tre anni non vincono si rischia che chiudano tutto. Oltretutto c’è Red Bull nel mezzo, secondo me avrebbe senso anche prima di chiudere il contratto con Honda. Perché Marc costa talmente tanto alla Honda che se devono pagare queste cifre senza vincere probabilmente se li risparmiano anche volentieri quei soldi. Questa è una mia idea però, lo dico chiaramente”.
Anche perché in un certo senso la Honda con questo Marc Marquez non fa una bella figura: gli altri piloti, fatta eccezione per Alex Rins in America, sono sempre molto indietro.
“Alla fine è quasi controproducente, perché a fare risultato è lui. In Ducati invece ci sono otto moto e vanno forte più o meno tutti, quindi chiaramente il mezzo funziona. In Honda è il contrario, è Marc che fa tutto. E la Honda deve vendere moto, non Marc Marquez”.
Invece Enea Bastianini in un mondiale come questo può ancora giocarsela? Sarebbe una bella storia.
“Ah, piacerebbe anche a me. La sensazione è che gli servirà qualche gara per arrivare a regime, perché fisicamente la MotoGP è dura e secondo me lui si è allenato poco e non va in moto da tanto. Poi, ripeto, vederlo davanti piacerebbe anche a me, perché lui non dico che sia imprevedibile però ci mette sempre del suo, ci prova. Ha personalità”.
Poi negli ultimi anni ha messo assieme delle rimonte che in questa MotoGP si vedono di rado.
“Poi Enea non è scontato. Adesso quando c’è Miller davanti sai che va per sette, otto giri e poi cala. Se Binder non è in giornata sai che se Bagnaia è in forma da metà gara in poi fa la differenza. Più o meno sono sempre loro, la gara è più o meno già scritta. Enea da questo punto di vista potrebbe un po’ mischiare le carte”.
Che idea ti sei fatto su Pecco Bagnaia? Sbaglia spesso, ma è di un altro livello.
“Beh, per me non ha sbagliato tanto, in Argentina sull’acqua ci può stare e a Le Mans si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Entrambi non credevano di trovarsi in quella situazione, non ho visto malizia o cattiveria da parte di Pecco e Maverick. L’errore vero l’ha fatto in Texas, bisogna capire se è stato un problema di concentrazione. Perché tutte le volte che dichiara di non dover sbagliare va un po’ meglio, come l’anno scorso quando quella era l’unica possibilità”.
Beh, da fuori sembra che in Ducati siano abbastanza bravi a mettere pressione.
“Certo, poi però la mia sensazione è che lui per il campionato non sia troppo in ansia per un’altra Ducati satellite”.
Lo dicevi anche di Franco Morbidelli, quando correva con la Yamaha del Team Petronas e sembrava potesse lottare per il titolo.
“C’è poco da fare, Ducati fa la moto ed è difficile che vinca un pilota con la moto 2022 quando un pilota ufficiale ha la moto 2023. Anche gli sponsor pagano una cifra diversa per avere uno spazio sulla moto ufficiale. Devi comunque mantenere l’equilibrio”.
Quindi è più facile che lo vinca Bastianini piuttosto che Bezzecchi.
“Sì, però Enea partirà da lontano e onestamente la vedo molto dura per lui”.
Tra Jerez e Le Mans si è parlato moltissimo degli incidenti di questa MotoGP e Bagnaia ha spiegato che, in parte, questa cosa è dovuta anche alla minima differenza che c’è tra le moto ufficiali e le satellite. Come la vedi?
“Secondo me Pecco ha ragione. In passato gli ufficiali erano di un altro livello rispetto ai team satellite. Proprio per questo andai via dalla Honda per salire sulla Ducati. Quando nel 2005 feci secondo capii che era più importante avere il passaporto spagnolo piuttosto che la manetta mi resi conto che per me non c’era più futuro in Honda, quindi tentai la carta Ducati. Poi è andata come è andata, però adesso le moto degli ultimi anni - a parte aerodinamica e abbassatore - di fatto sono migliorate molto poco come motore, elettronica e telaio. Così le moto dell’anno scorso sono molto più competitive. Ai miei tempi la MotoGP era nuova e ogni anno facevano passi avanti enormi, quindi è vero quello che dice Pecco. D’altra parte per lo spettacolo è bello vedere moto più vicine, poi se questo causa più contatti sinceramente non lo so. Di sicuro non darei la colpa alla sprint race, perché gli incidenti ci sono anche nelle gare lunghe. Dipende tutto dai piloti”.
Probabilmente tra aerodinamica e abbassatori fanno più fatica a superare, quindi si rischia e si cade un po’ di più.
“Quella è la moto. L’aerodinamica era l’ultima cosa da copiare dalla Formula 1, perché ha tolto molto spettacolo e nelle moto è lo stesso. La moto cambia moltissimo quando sei da solo con aria pulita davanti o se sei in scia con aria sporca. Questa è una cosa con cui i piloti devono fare i conti, ma non è un bene per i sorpassi. Anche se le moto vanno un secondo più forte in TV non lo vedi”.
Ultimamente si parla molto anche della Direzione Gara che spesso e volentieri fa un po’ quello che vuole.
“Lì non ci sono regole, c’è sempre il fattore umano. Ci saranno sempre, tra virgolette, due pesi e due misure. Magari anche involontariamente, però non riuscirai mai a essere perfetto. Anche perché a volte devi decidere in fretta e noti alcune cose ma non altre”.
In una intervista a MOW, Rubén Xaus ha detto che i piloti andrebbero coinvolti direttamente nelle decisioni sulle penalità.
“I piloti non li metterai mai tutti d’accordo, poi se uno non ti piace lo vorresti sanzionare anche se non ha fatto niente. Dare potere ai piloti non è sempre una buona idea, anzi. Loro giustamente badano sempre e solo al loro interesse”.
Chiudiamo: cosa dovrebbe fare Fabio Quartararo? Dovrebbe cambiare casa, o magari chiedere di più alla Yamaha… Poi c’è anche chi pensa che dovrebbe crederci un po’ di più anche lui.
“Quando entri in una spirale negativa è un casino. Si vede anche sul lavoro che stanno facendo sulla moto, per dare potenza alla fine hanno perso il loro punto di forza che era la percorrenza di curva. Poi è un insieme di cose e il pilota si avvilisce, ma non è questione di testa: se tu non hai le sensazioni giuste dalla moto puoi essere bravo quanto vuoi ma non ne esci, perché per andare forte servono fiducia e confidenza. Se la moto non ti offre queste sensazioni c’è poco da fare. Infatti Quartararo sta cadendo tanto e non è da lui, è una situazione difficile. Anche andarsene… dove? In Honda è ancora peggio e in KTM è più complicato, perché lui storicamente è sponsorizzato da Monster Energy e lì c’è Red Bull. L’Aprilia? Loro non credo possano esporsi così tanto”.