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Rubén Xaus: “Così Marc Marquez fa fatica a lottare per il titolo. Quartararo? Io andrei in Giappone a chiedere soluzioni”

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

15 maggio 2023

Rubén Xaus: “Così Marc Marquez fa fatica a lottare per il titolo. Quartararo? Io andrei in Giappone a chiedere soluzioni”
Abbiamo incontrato Rubén Xaus nel paddock di Le Mans e ci siamo seduti con lui al tavolo di Pecco Bagnaia per parlare di questa MotoGP. Dalle penalità (“Dovrebbero coinvolgere i piloti”) ai grandi protagonisti della stagione. Per l’ex Team Manager e pilota, Quartararo dovrebbe prendere un aereo per il Giappone e Marc Marquez… uno per l’Austria

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Il paddock di Le Mans è grande e stipato di gente, dagli appassionati che si sono concessi una domenica irripetibile a chi della velocità ha fatto un mestiere. Così semplicemente passeggiando tra un turno e l’altro puoi incontrare Jacky Ickx e consorte, Jean Alesi, Giacomo Agostini. E, nell’hospitality Ducati a pranzo con Paolo Ciabatti, un Rubén Xaus in grande forma, felice dalla sua vita un po’ più lontana dalle corse. “Sono quasi in pensione ormai”, dice scherzando quando gli chiediamo se ha intenzione di tornare a gestire un team in MotoGP. Con lui sediamo al tavolo del numero uno, quello di Pecco Bagnaia, dove appoggiamo un registratore mentre un cameriere porta a Rubén uno spritz al Select: “Ho tanti amici a Bassano, lo spritz lo bevo volentieri”, spiega ridendo. Rubén è allenato, tonico, ha una voce da ballerino di tango - bassa e roca, con un forte accento spagnolo - eppure è incredibilmente simpatico, anche divertente.

Allora Rubén, come vanno le cose ad Andorra?

“Bene, ormai Andorra è una capitale dello sport, soprattutto motorsport. Ci sono piloti, ciclisti, ex calciatori, tennisti… È una bella situazione”.

Quanti piloti abitano ad Andorra?

“Non saprei dirti la cifra esatta, ma saranno almeno venticinque. Poi ci sono tecnici, ingegneri, meccanici, manager… Tra MotoGP, Superbike, Dakar e altre discipline saranno più di cento persone”.

Hai lavorato a lungo per portare lì un pezzo di questo mondo.

“È vero, tra i miei lavori ad Andorra c’è stato quello di raccontare al mondo delle corse come si vive lì, come funzionano le cose e le opportunità che ci sono. Da otto anni lavoro con una banca che si chiama Credit Andorra, che ha fondato un dipartimento sportivo per seguire diversi business. Ho lavorato tanto con i piloti della MotoGP, ora invece mi concentro su altri mercati: calcio, tennis, aziende, imprenditori… capito?”

Capito. Senti, è la prima gara che vieni a vedere quest’anno?

“No, ero svenuto anche a Jerez. Penso che farò quattro o cinque gare quest’anno”.

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Come ti sembra questo nuovo format per la MotoGP?

“Mi piace, due gare per gli appassionati sono sicuramente meglio. Quando in pista ci viene una persona che lavora tutti i giorni, ha uno stipendio normale ed è appassionato di moto sta pagando dei soldi per questo. Qui a Le Mans per esempio moltissimi tifosi sono venuti per vedere Fabio Quartararo: sabato l’hanno visto cadere, domenica hanno avuto un’altra possibilità. Se fai mille chilometri per vedere un pilota questo è buono, rischi un po’ meno di rimanere deluso. Poi è chiaro che per case, piloti, manager e via dicendo è più difficile, è molto impegnativo. Però alla fine ti adatti a tutto. E se lo sport della moto si differenzia in qualcosa rispetto a tanti altri è proprio per questo: siamo diversi, capaci di tutto”.

A Jerez sono state date tante penalità, qui a Le Mans pochissime. Come dovrebbe lavorare la direzione gara?

“Nella vita i punti di vista vanno rispettati e sono sempre veri, poi però dipende di chi è quel punto di vista. Credo che la race direction dovrebbe essere più a contatto con i piloti, perché alla fine sono loro che capiscono le situazioni meglio degli altri. Io, tu, chiunque altro: se non eri in pista in quel momento non puoi conoscere la situazione. I piloti potrebbero anche essere i giudici di queste situazioni, potrebbero dare il loro contributo e sarebbe giusto. I piloti sanno esattamente perché si verificano certe situazioni: sanno dove la Yamaha soffre o dove alla Ducati si allungano le frenate…”.

Quindi invece di prendere immediatamente delle decisioni si potrebbe aspettare la fine della gara per ascoltare il parere dei piloti, magari anche digitalmente. Non è una brutta idea, sai?

“Lo dico perché i piloti sanno se è stato un vero errore o se c’era malizia. Sanno dove una moto funziona di più, se un altro pilota tende a rischiare spesso. Magari è un errore uscito dalla voglia di vincere e non per esagerazione. Quindi gli steward potrebbero dare la loro opinione dopo aver avuto il parere di tutti i piloti”.

Come vedi Marc Marquez? Nel sabato della sprint è andato fortissimo, perdendo qualcosa solo nel finale magari per via di un calo della gomma.

“È tornato e lo vedo fortissimo, ma non penso abbia avuto un calo: non ha il ritmo, è normale che sia così. Quante gare ha fatto quest’anno? Ti puoi allenare a casa, ma la MotoGP è diversa. Lui si è visto lì davanti e ha provato a correre per il podio, ha lottato finché ne ha avuto e poi è stato costretto a mollare. Lui continua ad essere un talento enorme”.

È un Marc Marquez da titolo secondo te?

“Non credo proprio, non ha la moto. Se non ci fosse stato lui la prima Honda nella sprint avrebbe preso i punti a fatica. Finché non avrà il mezzo adatto dovrà dare il 300%, oggi non è più come cinque o sei anni fa. Anche perché adesso si fa male, una volta cadeva in continuazione senza conseguenze. Non so perché, ma è così”.

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Rubén Xaus con Paolo Ciabatti, Jerez 2023.

Pecco Bagnaia invece? Impressionante vero?

“Deve difendere il titolo e lo sta facendo con tanta serenità, testa e freddezza. Sa contenere la pressione e questo è interessante, perché non molti piloti da vincenti sono capaci di essere sempre lì all’attacco e rischiare come rischia lui. Perché oggi ha rischiato, a Jerez ha rischiato… Ci sono tante Ducati competitive e comunque lui non molla. È l’uomo di punta della Ducati e lo dimostra sempre, perciò gli faccio i miei complimenti”.

Peccato che alla Ducati manchi ancora Enea Bastianini.

“Enea deve stare tranquillo, è molto giovane e queste cose capitano anche se si è fatto più male del solito, perché ho visto le radiografie della frattura ed è sotto alla scapola, un brutto punto. Deve fare attenzione, perché se vuole tornare prima può rischiare di arrivare molto più tardi. Enea può dimostrare tanto, sappiamo tutti che non è stato un suo errore, alla fine queste cose capitano: se servono cinque gare vale la pena aspettarle tutte. Ci sono tanti piloti che per accelerare i tempi hanno fatto peggio o addirittura non sono più tornati”.

Cosa pensi della stagione di Fabio Quartararo e dei suoi limiti?

“In gara lo vedo bene, corre bene e il ritmo gara è sempre buono. Gli manca qualcosa nel giro secco e forse nella strategia. Perché dovrebbe dire ‘sono un campione del mondo, svegliatevi’. Al suo posto mi prendo un aereo, vado in Giappone e mi siedo col presidente. Al presidente chiedo tecnici e meccanici delle altre case, come ha fatto KTM che si è presa i migliori uomini disponibili nel paddock: guarda dove sono ora, in cinque mesi hanno cambiato tutto. Fabio ha il carattere e il potere per obbligare i giapponesi a mettergli attorno una squadra migliore e dovrebbe spingere in questo senso”.

Sembra però che Yamaha non senta tutta questa pressione.

“Allora Quartararo deve cercarsi un lavoro da un’altra parte, andare alla KTM prima che prendano altri campioni”.

Da manager che soluzione proporresti a Marc Marquez e Fabio Quartararo?

“Vorrei vedere Marc Marquez sulla KTM, senza dubbio. Ma se fossi il manager di Fabio Quartararo prenderei da parte i dirigenti Yamaha e direi loro che non serve una grande soluzione, serve la giusta soluzione. Non sempre la soluzione sono mille cavalli o mille altre robe. Spesso si tratta anche di coccolare un atleta, che può dare il 100% o il 98%. Oggi Fabio cerca di dare il 100%, ma emotivamente di sicuro non riesce a farcela perché è troppo frustrato. Alle volte basterebbe poco per ottenere fare tanto”.

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