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Parla l’allenatore di Maicon in Serie D:
“La prima cosa che mi ha detto è stata:
'Mister, non preoccuparti,
quello che c’è da fare lo facciamo'”

  • di Federico Corona Federico Corona

12 gennaio 2021

Parla l’allenatore di Maicon in Serie D: “La prima cosa che mi ha detto è stata: 'Mister, non preoccuparti, quello che c’è da fare lo facciamo'”
Come ci si sente quando alla squadra che alleni in Serie D si aggiunge uno che ha vinto quattro scudetti, una Champions League e due Coppa America con la nazionale del Brasile? Lo abbiamo chiesto a Marco Tommasoni, l'allenatore del neo-promosso Sona, la nuova squadra di Maicon Douglas Sisenando

di Federico Corona Federico Corona

Sona è un paese di 17 mila abitanti in provincia di Verona. Un territorio collinare che si estende su 41 km² e che si è sviluppato dallo scorrimento a valle di un ghiacciaio divenuto col tempo il lago di Garda. Ha un'economia prevalentemente agricola, è conosciuta per alcuni ritrovamenti di resti del neolitico e per le maschere allegoriche che sfilano sui carri durante il Carnevale, in particolare quella dello “Tzigano” (zingaro), eletta ogni anno in memoria della carovana di zingari arrivata secoli fa e che si dice abbia formato il centro abitato. Con un itinerario meno casuale di quello di quegli zingari, anche Maicon Douglas Sisenando, uno dei migliori esterni bassi della storia del Brasile, è finito qui per giocare nel Sona. Forse un giorno dedicheranno una maschera anche lui, ma questo è ancora il momento della sorpresa per il suo arrivo.

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Maicon Douglas e il suo allenatore, Marco Tommasoni

A 39 anni, Maicon ha ancora voglia di calcio giocato. Nulla di strano, sono tanti i casi di calciatori che rimandano la fine della carriera, anche di una carriera gloriosa come la sua. Il suo ex compagno ai tempi dell'Inter Zlatan Ibrahimovic, per dire, a 39 anni è già a 10 gol in stagione in serie A e si è messo in testa di vincere uno scudetto all'apparenza impossibile col Milan. Già, col Milan. Perché giocatori col suo curriculum, se continuano a giocare lo fanno – o provano a farlo - a certi livelli. Tra i dilettanti non mancano giocatori passati dalla serie A: Francesco Tavano gioca nel Prato (serie D), Andrea Caracciolo è al Lumezzane (Eccellenza), Ferreira Pinto a 41 anni è in forza al Castel San Pietro (serie D). Anche nello stesso Sona militano ex professionisti con una buona carriera alle spalle, come Paolo Dellafiore (123 presenza in A) e Marco Zamboni (71 presenza in A), ma è piuttosto evidente che si tratti di nomi e profili ben distanti da quello di chi, da protagonista, è salito sul tetto del mondo con il suo club. Maicon è un alieno per la serie D. E a Marco Tommasoni, 36enne tecnico del Sona, è toccato in sorte allenare quest'alieno. L'abbiamo sentito per farci raccontare cosa si prova.

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Lucio e Maicon durante i festeggiamenti per la vittoria nella finale di Champions League, a Madrid, il 22 maggio 2010

Come hai reagito appena hai saputo che c'era la possibilità di prendere Maicon?

All'inizio l'ho presa con le pinze. Siamo una società neo promossa che non ha mai fatta la categoria, pensare di prendere Maicon era difficilmente immaginabile. I contatti sono iniziati a ottobre, quando ancora mancavano tre giornate alla fine del suo campionato in Brasile. Ho cominciato davvero a crederci quando l'ho visto in videochiamata con il nostro direttore sportivo, Claudio Ferrarese, a cui diceva che desiderava tornare in Italia. Poi una serie di contingenze stavano allontanando il sogno. A novembre ha preso il virus, a dicembre, quando lo aspettavamo, è stato bloccato dal nuovo dpcm che imponeva quindici giorni di quarantena obbligatoria per chiunque arrivasse in Italia. Passavano le settimane e sembrava che tutto potesse sfumare, invece eccolo qui, per fortuna. 

La prima persona che hai chiamato quando l'hai saputo? E cosa le hai detto?

La mia ragazza. Non ci crederai mai, le ho detto, allenerò Maicon. Al primo anno da allenatore in Serie D mi sono trovato in rosa giocatori con tante presenze in A come Dellafiore e Zamboni, e ora Maicon, per cui non si parla di presenze, ma di trofei. Diciamo che poteva andarmi peggio.

È la prima volta che un giocatore di questo spessore va a giocare nei dilettanti. 

Se parliamo di “colpi” di mercato storici in Italia, dopo Maradona al Napoli, Ronaldo all'Inter e Cristiano Ronaldo alla Juventus, c'è Maicon al Sona. Potrà sembrare esagerato, ma in proporzione è di questo che stiamo parlando. Di un giocatore con 80 presenze nella nazionale brasiliana che viene a giocare in interregionale. 

Com'è stato il vostro primo colloquio?

Gli ho chiesto come fosse andato il viaggio che è stato molto lungo. La società è andata a prenderlo in auto a Roma, dove è atterrato. Poi ci siamo coordinati con il preparatore atletico per programmare la sua attivazione. L'ho trovato subito molto disponibile. Mi ha detto «mister, non preoccuparti, quello che c'è da fare facciamo». Mi aspettavo di trovarlo meno in forma, invece è tirato. Ha ancora il fisico da giocatore. 

E che giocatore.

Eh sì (ride, nda).

Maicon, durante il suo primo allenamento con il Sona

Nell'eccitazione di poterlo allenare c'era anche un po' di paura?

Sì, credo sia normale. Il primo giorno che si è presentato al campo c'erano decine di giornalisti, le telecamere di tv nazionali. È una situazione del tutto inusuale, che inevitabilmente mette un po' di pressione. Anche perché quando arriva al centro sportivo è come se si portasse dietro un'aura da divinità. Ma non potrebbe essere altrimenti, è stato uno dei cinque migliori terzini della storia del calcio. 

E come gestisce un allenatore dilettante uno dei più grandi campioni (nel suo ruolo) della storia del calcio?

Può sembrare un paradosso, ma è più semplice. Perché più un giocatore ha giocato ad alti livelli e più è disponibile. Con calciatori di questo tipo è più facile comunicare, c'è maggior trasparenza, hanno più controllo su se stessi. Una percezione del loro corpo che gli permette di sapere con esattezza come gestirsi durante gli allenamenti, quando rinunciare a qualcosa per conservarsi meglio. Non c'è bisogno del bastone e della carota. 

Lo riprenderai come fai con gli altri, se dovesse sbagliare un posizionamento o una scalata?

Non si tratta di riprenderlo personalmente, di quello non ci sarà bisogno. La difficoltà sarà inserirlo in un discorso di reparto, nei tempi di gioco che per forza di cose qui sono diversi, nelle letture che lui avrà in netto anticipo rispetto ai suoi compagni. Qui non ci sono Samuel o Lucio a coprire un'uscita, ma ragazzi del 2001 o del 2002. Il mio lavoro sarà questo, aiutarlo a relazionarsi con loro, che poi è quello che lui vuole. Non è venuto per fare il professore, al contrario mi ha detto «mister, io sono a completa disposizione». Ecco, il mio lavoro con lui me lo immagino così, una comunicazione continua e assolutamente libera. 

Avete parlato di ruolo e compiti in campo?

Non ancora. Nella sua ultima esperienza in Brasile ha fatto il centrale. Per ovvie ragioni non ha più la gamba di quando era all'Inter, ma anche senza quel cambio di passo impressionante ha una conoscenza del gioco talmente superiore che capisce quando è il momento di spingere e come farlo. In difesa gioco a quattro, vedrò se utilizzarlo da centrale o da terzino. 

Cosa ti ha colpito maggiormente in questi primi giorni di allenamento? 

L'umiltà con cui si è presentato. È stato da subito solare, aperto a parlare con i più giovani. Quando è entrato la prima volta in spogliatoio è calato il gelo. C'era bisogno di rompere il ghiaccio, e lui l'ha fatto benissimo.

Ha fatto un discorso?

No, ho parlato io.

E cosa ha detto?

Che allenarsi tutti i giorni con lui era un'opportunità unica e forse irripetibile. Ho consigliato loro di assorbire da lui il più possibile, di rubare tutti i segreti che un campione del genere custodisce, dentro e fuori dal campo, perché al di là delle fede calcistica è un giocatore che ha segnato il nostro passato, tutti noi eravamo davanti alla tv in quella finale di Champions del 2010. 

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Un post condiviso da Tommasoni Marco (@tommasoni_marco)

Marco Tommasoni è anche un imprenditore. Dal 2012, è a capo di AB AETERNO, azienda leader in Italia nella produzione di orologi in legno

 

Anche per te, guadagnarsi la stima di un grande campione, deve essere uno stimolo enorme.

È così. Ho parlato col mio staff riprendendo un po' le parole dette ai ragazzi. Sfruttare questa grande occasione, dare il meglio di noi stessi per alzare la qualità dell'allenamento. Poi spero di farmi raccontare qualche aneddoto e rubacchiare anch'io qualche consiglio da uno che è stato allenato da gente come Mourinho e Guardiola. Averlo al campo è un privilegio e uno stimolo prezioso. 

Peccato per i tifosi del Sona che non potranno vederlo dal vivo giocare con la loro maglia, almeno per il momento. 

Domenica abbiamo giocato a Lodi, e fuori dallo stadio c'erano persone arrampicate sulle scale per vederlo in tribuna. È un peccato anche per il movimento del calcio dilettantistico. Lele Adani ha telefonato al nostro direttore sportivo per ringraziarlo, perché l'ingaggio di Maicon è un bene per tutto il movimento, fa da cassa di risonanza al mondo del cosiddetto calcio minore. 

Dall'anno prossimo il tuo curriculum avrà una voce piuttosto interessante.

Io spero che ce l'avrà per la posizione di classifica che raggiungeremo, aiutati da un certo Maicon Douglas.

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