“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi...”. Per ora non ritornano, ma continuano a far battere il cuore, almeno quello da tifoso. Lo ha confermato Mattia Binotto, ex team principal e managing director della Ferrari, che il 29 novembre scorso si era dimesso dalla carica dopo aver perso la fiducia dei vertici del Cavallino, primi fra tutti il presidente John Elkann e l’amministratore delgato Benedetto Vigna. Un addio, o forse un arrivederci, anticipato di un anno rispetto alla scadenza del contratto che però non sembra aver incrinato il rapporto con il colore Rosso: “Ho buttato un occhio su Netflix, ma non sono un appassionato di queste cose. Il nuovo Mondiale? Di sicuro guarderò la prima gara, ci mancherebbe. E farò il tifo per la Rossa” ha dichiarato a Il resto del Carlino che lo ha interpellato sull’inizio del campionato. Ma quale sarà ora il futuro di Binotto?
Più che sul dove andrà, sembrano esserci maggiori certezze su dove di sicuro non potrà andare. Ci riferiamo alla Red Bull e alla Mercedes, dove il rapporto con Toto Wolff rimane difficile da ricomporre, in particolare per il vero della Ferrari alla sua elezione come CEO della Formula One Group (FOM) per Liberty Media, la corporation che detiene la proprietà della F1. Chi invece lo vorrebbe è Audi, che gli ha già fatto una offerta visto che si sta preparando al suo debutto nel 2026 dopo aver rilevato alcune quote azionarie di Sauber. Ma qualcosa di Binotto continuerà a essere presente anche in questo campionato della Ferrari, perché la SF-23 di Charles Leclerc e Carlos Sainz deriva ancora dalla gestione dell’ex team principal e managing director. Nella scuderia del Cavallino, infatti, dopo le sue dimissioni, i ruoli che Binotti ricopriva sono stati persino scorporati tra Enrico Cardile, David Sanchez, Enrico Gualtieri e Frederic Vasseur, mentre l’altra assenza come capo stratega di Inaki Rueda è passata a Ravin Jain che ha aumentato la propria sfera di competenze.