La prima volta che ha messo piede in pista Mattia Drudi fa fatica a ricordarla, perché è uno di quelli che tra i motori ci è nato e cresciuto. Sulle orme di papà Luca, la sua carriera è iniziata per gioco, quando girava intorno al capannone del team di famiglia con un kart elettrico, e ben presto è diventata una scelta di vita. Oggi, dopo una stagione piena di colpi di scena, con la lotta al titolo arrivata fino all’ultima gara a Jeddah, Mattia Drudi si racconta con lo sguardo già al futuro: Daytona (dove correrà a gennaio), Le Mans, magari l’Hypercar. Il 2024 è stato il primo anno da pilota ufficiale con Aston Martin, che l’italiano ha portato sul tetto del mondo vincendo la 24h di Spa Francorchamps con Nicki Thiim e Marco Sorensen, una gara che “è la più importante nel GT” e che però ha realizzato di aver vinto solo dopo, perché “sei sveglio da quaranta ore e non capisci nulla una volta che tirano giù la bandiera a scacchi, è nelle settimane dopo che ti arrivano video e foto che capisci che è successo davvero”. E nel suo stesso campionato da qualche anno ci corre anche Valentino Rossi, che ci ha raccontato come ancora una leggenda e “anche tosto da superare adesso”, mentre dei grandi campioni come Max Verstappen ammira la mentalità e il suo modo di vivere lo sport. E per il 2025 vede la cattiveria di Leclerc e spera nella sua prima 24h di Le Mans.
Partiamo dall’inizio: te la ricordi la tua prima volta sul kart? Com’è iniziato questo amore col motorsport?
Non mi ricordo esattamente quanti anni avevo ma era un kart elettrico, un giocattolo praticamente. Giravo intorno al capannone del team di mio padre con lui che mi correva dietro. Col fatto che lui stesso correva sono sempre stato in mezzo alle macchine, sono cresciuto in pista.
Già sapevi di voler diventare un pilota nella vita? Quando ha smesso di essere un gioco ed è diventato vita vera?
Ho avuto la fortuna di avere un padre che nel motorsport ha fatto tante cose, mi ha aiutato molto nella mia carriera. La fase dei kart è stata tutta un gioco, perché ero bambino, ma allo stesso tempo però sapevo già che era quello che volevo fare perché mi piaceva guidare e respirare l’ambiente della pista, anche se quando sei piccolo non hai bene la cognizione del futuro. Ho capito che le cose si erano fatte serie a sedici anni quando ho debuttato in Formula 4.
Si è appena conclusa anche per te la stagione 2024, sicuramente impegnativa. Com’è andata?
Anche se non siamo riusciti a vincere il campionato devo considerarla una stagione positiva. Era il mio primo anno sia per me con Aston Martin che per la nuova GT3, la Vantage, e per il team Comtoyou Racing di collaborazione con la casa costruttrice. In più i miei compagni di squadra, Marco Sorensen e Nicki Thiim, si conoscono da una vita e hanno corso tantissimo insieme, quindi ero io il nuovo arrivato e avevo un po’ timore di non riuscire ad inserirmi. Nonostante tutto abbiamo vinto la 24h di Spa Francorchamps, mi sono adattato bene alla vettura fin dall’inizio e il team ha fatto davvero un buon lavoro. Non era scontato riuscirci, anche perché quando si ha una vettura al primo anno bisogna aspettarsi alti e bassi, soprattutto viste le grandi differenze tecniche tra una pista e l’altra del calendario del GTWC.
Hai vinto la 24h di Spa: cosa vuol dire per un pilota?
Era il nostro obiettivo dall’inizio dell’anno e pensare che ce l’abbiamo fatta sicuramente mi toglie un po’ di tristezza dopo aver perso il titolo! Riuscire a vincere quella che è forse la gara più importante nel GT, nella sua edizione centenaria, che quindi rimarrà nella storia, in quel modo è stato molto bello, tra pioggia, nebbia e safety car continue. Realizzarlo subito non è facile, perché sei sveglio da quaranta ore e non capisci nulla una volta che tirano giù la bandiera a scacchi, ma nelle settimane dopo che ti arrivano video e foto capisci che è successo davvero. Anche nel 2020 ci ero andato vicino, avevamo perso la gara per solo cinque secondi e quindi con Spa avevo un conto in sospeso. Ora l’ho saldato.
Quest’anno hai debuttato con Aston Martin, che è una delle squadre sicuramente in crescita nel panorama endurance e il prossimo anno debutterà con l’Hypercar… dopo Spa ti piacerebbe conquistare anche Le Mans?
Insieme alla 24h di Daytona, la 24h di Le Mans è una di quelle gare che vanno fatte almeno una volta. Chiaramente il mio obiettivo adesso è quello, con Aston Martin ho la possibilità concreta quindi mi piacerebbe molto. Mio padre l’ha vinta due volte quindi vorrei fare come lui. Anche se vincerla due volte non è facile in effetti, me ne basta una.
Perché hai scelto l’endurance?
Non avevo molta disponibilità economica, quindi ho fatto molto presto lo switch dalle monoposto alle ruote coperte per riuscire a farlo diventare il mio lavoro. In Italia sono stato uno dei primi, ho fatto la Porsche Carrera Cup a 16 anni mentre adesso è diventata una cosa comune. Mi è andata molto bene, perché poi ho fatto i rookie test nel DTM con Audi e ho firmato il mio primo contratto a 20 anni.
Qual è la cosa che ti piace di più delle gare di durata?
La cosa che mi piace di più è che la strategia conta davvero. Non dipende solo da te che sei in macchina, devi davvero fidarti del team. Si uniscono lavoro di squadra e costanza, bisogna lavorare tutti insieme per costruire la gara.
E invece c’è qualcosa che cambieresti?
È difficile, perché ci sono così tante variabili. Magari qualche sfaccettatura dei regolamenti, che però cambiano di campionato in campionato… sicuramente mi piacerebbero meno safety car.
Questo lato del motorsport è cresciuto tantissimo in questi anni, sia per l’arrivo di case costruttrici come Ferrari che di Valentino Rossi. Cosa ne pensi di lui? Fa bene un personaggio così allo sport?
Ha fatto molto bene il suo arrivo. Poi Valentino ho imparato a conoscerlo in queste stagioni, il primo anno ha corso in Audi con me. C’era già una fanbase dell’endurance, ma con il suo arrivo la copertura mediatica si è duplicata, ha portato davvero tante persone direttamente in pista e si è visto, soprattutto al primo anno. Certo, arrivano anche solo fan di Valentino, ma fa piacere lo stesso vedere gli spalti pieni!
È vero che ha un bersaglio sulla schiena, che passare lui dà il doppio della soddisfazione ai piloti?
Nelle moto immagino che sia stato sempre così, in macchina è un po’ diverso. Sicuramente il primo anno faceva effetto pensare di star superando Valentino Rossi dato che sono cresciuto negli anni in cui lui era il numero uno assoluto sulle moto. Ora è uno come gli altri, si è integrato e siamo abituati a vedere il 46 tra di noi. Tra l’altro sta anche andando molto forte ultimamente, quindi è diventato difficile da passare. Lottare con lui è sempre bello, perché anche se ha smesso di correre in moto rimane Valentino Rossi, la leggenda.
Cosa ne pensi di quello che sta facendo Max Verstappen? È davvero il nuovo Schumacher o Senna? Cosa gli manca?
Ha tanto talento e sa sempre cosa fare, si è visto soprattutto quest’anno con una macchina che non era mai la più veloce. Comunque è riuscito a fare la differenza e a trainare la squadra, vincendo il titolo piloti. Fare paragoni è difficile, perché sono epoche diverse e sono cambiate tante cose, però è probabilmente quello che al momento è il migliore di tutti. Lo ammiro per la sua mentalità, perché a lui il motorsport piace davvero e non vive solo per la Formula 1. Gli piace guidare le GT, ha fatto un test poco tempo fa in America con una LMDh, sa che un giorno vorrà fare altro e vive a tutto tondo il nostro sport. Anche quando è a casa, perché sta sempre al simulatore. Tra l’altro ho avuto la fortuna di conoscerlo ed è una bellissima persona.
E invece cosa è mancato a Lando Norris per provare davvero a vincere questo titolo? Il talento?
Non è facile da giudicare la sua situazione, però non è stato abbastanza incisivo. Ha buttato via qualche occasione di troppo, poi durante la prima parte della stagione la macchina non era il massimo e quindi si è trovato in una situazione non semplice. Se avesse avuto sempre lo stesso ritmo si sarebbe potuto permettere di gestire un po’ di più la classifica e di avere meno pressione. Anche perché se quella ce l’abbiamo noi nel GT non oso immaginare in Formula 1. Non credo gli manchi niente, avrebbe solo potuto gestire determinate situazioni meglio: ho corso contro di lui in Formula 4 e sui kart e so che il talento non gli manca di sicuro.
Quanto conta la forza mentale?
Ovviamente dipende dal livello a cui si corre, come dicevo prima sicuramente in Formula 1 è al massimo mentre nel GT è già più leggera. Ci sono molti momenti in cui la preparazione mentale fa la differenza però, soprattutto quando poi si abbassa la visiera. Saper essere tranquilli in macchina non è facile e ti può portare a fare errori o a non essere costante. E poi aiuta anche a fare meno fatica a livello fisico. Io per fortuna ho un carattere per cui la pressione non mi tocca, sono sempre molto tranquillo sia fuori che dentro l’abitacolo.
Leclerc e Hamilton, Bagnaia e Marquez. Il 2025 sembra l’anno dei dualismi. Se dovessi giocarti un euro su chi scommetteresti?
In MotoGP Marquez può andare molto bene, soprattutto se riesce ad adattarsi subito alla moto. Non avrà bisogno di spingere come negli anni passati e di conseguenza non farà errori. In Formula 1 è più difficile, perché sono due piloti in due momenti diversi della propria carriera. Leclerc ha voglia di spingere, di vincere e di arrivare, Hamilton invece ha già vinto i suoi sette mondiali ed è a fine carriera. Ovviamente sono sicuro che abbia voglia di far bene in Ferrari, però godendosela senza strafare. Come cattiveria Leclerc arriverà di più, sarà interessante vederli perché saranno una bella coppia.
Aggiungiamo una terza coppia: Mattia Drudi e…?
Nel mondo del GT è più difficile fare questi paragoni perché si corre sulla stessa vettura con i compagni di squadra, non si ha mai lo scontro diretto. Però chi mi motiva tantissimo sono i miei attuali compagni di squadra, Marco e Nicki, perché ci siamo trovati molto bene e mi hanno insegnato tantissimo. Con Aston Martin hanno più di dieci anni di esperienza e grazie a loro sono migliorato davvero tanto.
Si pensa spesso al motorsport come un lusso tutto di sorrisi. Invece ci sono anche dei momenti molto difficili. Come si affrontano?
È vero, da fuori sembra un mondo di lusso e basta, si va in giro per il mondo e non si fa mai fatica, ma in realtà è il contrario. Quando fai tante gare non hai una vita a casa praticamente, bisogna fare viaggi lunghi e spesso si è da soli, poi i posti che si vedono non si visitano: è un via vai tra pista, hotel e aeroporto. Poi si lavora tantissimo, noi piloti come i meccanici e gli ingegneri, che passano notte e giorno tra le vetture. Tutto bellissimo, ma mai rose e fiori. ll segreto per affrontare i momenti no secondo me è avere un bel rapporto con le persone che ci circondano, perché con una buona squadra si cerca di migliorare insieme, diventano la tua famiglia del paddock.
Hai mai pensato di lasciare?
No, ma nel 2018 ho avuto un momento di stallo: non avevo budget, non sapevo bene cosa avrei potuto fare. Poi per fortuna mi ha chiamato Audi e mi ha messo sotto contratto, ma fino a quel momento non sapevo come raddrizzare la situazione.
Chi è Mattia Drudi?
Una persona che vive per la sua passione. Sin da bambino, perché preferivo sempre andare in pista piuttosto che giocare con i miei amici. Pensa che non sono mai andato in gita con la scuola perché ho sempre dato la precedenza ai test e alle corse. Ho avuto le idee chiare e ciò mi ha ripagato, perché anche se mi sono perso qualcosa in realtà non tornerei mai indietro. E ancora oggi sono felice davvero quando sono in pista, quindi spero di continuare a fare quello che amo per molti anni ancora.
E cosa vede nel suo futuro? L’hypercar?
Spero di continuare a lavorare per un altro po’ anni con Aston Martin. Mi piacerebbe gareggiare a Daytona e a Le Mans, ma il mio obiettivo principale sarebbe quello di correre nella categoria massima, in Hypercar. Con la mia squadra ci sarebbe anche l’occasione, visto che appunto il prossimo anno debutterà la Valkyrie, quindi incrociamo le dita. Anche perché pure qua ho un conto in sospeso: Audi aveva in progetto di debuttare con una LMDh e io stavo lavorando agli sviluppi. Poi però è stato deciso di chiudere il programma, mi è dispiaciuto parecchio e adesso so che quella è la direzione che voglio proseguire.
Se potessi esprimere un desiderio?
Vorrei vincere la classifica assoluta della 24h di Le Mans.