Max Biaggi compie 50 anni e si racconta a Guido Meda in uno speciale targato Sky Sport, Max 50. E si mostra più riflessivo, ammorbidito (anche) dalla paternità e dai nove anni passati fuori dalle corse. Sempre appassionato, tanto da gestire un Team della Moto3 per dare una seconda possibilità a chi ha talento. Ecco alcuni dei passaggi più interessanti, dall’addio alle corse al rapporto con Valentino Rossi e Loris Capirossi. “Questi 30 anni di corse passati troppo veloce - spiega subito Max - Ho fatto tutto quello che avrei voluto fare, ma forse mi è mancato qualcosa. Ora posso viaggiare, vedere i miei figli che crescono, stare un po’ con le persone. Se ti metti in gioco ad un età avanzata diventi un po’ un bersaglio di tanti, la carotina che tutti vorrebbero prendere. E quello non è un bel feeling se sei lì in circuito e vuoi fare quello che fanno gli altri. Quella frazione di secondo in più (in cui pensi, ndr.) ti toglie qualcosa”.
Gli inizi e il successo
“Andavo a scuola discretamente bene, quando ho provato per la prima volta una moto non avevo l’idea di fare chissà cosa, forse avrei fatto l’informatico. Volevo giocare a calcio, ma non ero né il Totti né il Del Piero della situazione, quindi dentro di me sapevo che non sarei diventato un professionista. Non sono mai troppo ribelle con i miei, ed anche oggi sono estremamente metodico ed organizzato. Comunque ho un calendario in cui segno tutto, dagli aerei agli appuntamenti”. Spiega Max, che venne notato a Vallelunga da un appassionato durante la sua prima uscita in pista.
”Una persona che mi ha visto in pista per la prima volta ha detto subito 'questo ragazzo deve correre', mio padre gli ha risposto che non ci pensava nemmeno, ma poi il giorno dopo stavamo già pensando al debutto… Io non capivo un granché di cosa stesse succedendo. Non conoscevo i campioni del passato, sapevo tutto di calcio, ma non di MotoGP, conoscevo al limite Agostini. Ero ignorante sui piloti, non li conoscevo e mi vergognavo molto… Andavamo alle gare con una Uno Diesel con il carrello. Alla terza gara lui si è accorto che potevamo cambiare corona e pignone… Eravamo degli sprovveduti”.
“Ero poco politico, molto verace e diretto, non premiava. Non credevo troppo nel manager e questo non mi ha aiutato. Il talento mi ha dato la possibilità di girare abbastanza, altrimenti avrei fatto più fatica. Meglio oggi rispetto al passato, quando ero sotto ai riflettori. Mi pesava, creava screzi all’interno della coppia di allora… È stato un periodo bello e colorato, perché poi le cose passato e non tornano. E sorrido, perché ho ancora un bel rapporto con tante di quelle persone”.
Il giorno più bello, il titolo (mancato) in 500 e la Superbike
“Il giorno più bello della mia vita? Il giro d'onore a Phillip Island nel 1997, quando aprii le mani, gesto che poi ho visto fare da Simoncelli. Tagliando il traguardo secondo ho vinto il titolo togliendomi un grande peso. La notte prima non ho dormito, ho torturato il mio fisioterapista, gli ho tagliato i capelli… Non sapevo cosa fare, la tensione era altissima”
Quando gli viene chiesto se rimpiange il titolo mancato in 500, che avrebbe potuto vincere nel 1998, Max si dice sereno: “La bandiera nera… Quella volta c’era Roberto Nosetto a capo della direzione gara e venne allontanato, il che fa capire che forse la decisione era stata un po’ avventata. Però non vivo mai di rimpianti, infatti andare in Superbike fu una grande gratificazione. Non era il mio stile, lì erano sportellate, carenate… Un campionato talmente opposto rispetto alla mia pulizia di guida che vincere lì mi ha davvero fatto piacere”.
Max è anche uno di quei (pochi) piloti che hanno vinto dei mondiali con i figli a casa. E lo spiega così: “Da quando ho avuto i figli non vedevo l’ora di tornare a casa. Mi sentivo molto cacciatore, uno che doveva proteggere il suo nucleo familiare… O almeno mi ero messo questo in testa. Poi dovevo tornare subito a casa da loro, questa è stata la mia vita da pilota nei primi anni”.
Infine, il ritiro da campione in carica, con un altro anno di contratto con l’Aprilia: “L’abbraccio con Eleonora. In quella gara mi giocavo il mondiale, vinto per mezzo punto. Avevo il contratto per l’anno dopo, però nel giro d’onore è successo qualcosa. Ero triste, felice… Al parco chiuso, con tutti in festa, dentro ero un po’ triste. Ho pensato che era la mia grande occasione. Avevo 41 anni, vinto il mondiale per mezzo punto e un contratto ben pagato. E ad Eleonora ho detto guardami bene, perché non mi vedrai mai più così”.
I rivali di sempre: Loris Capirossi e Valentino Rossi
“Noi tre abbiamo fatto, secondo me, quella che è la storia della moto degli ultimi vent’anni. Chi più, chi meno, però abbiamo veramente fatto scrivere tanto, erano momenti belli. Anche per le persone che lo ricordano con entusiasmo. Sono loro i veri appassionati. Anche oggi, sui social… Che sono stati quasi una rivelazione per me. Ho potuto mostrare una mia parte diversa, che per timidezza facevo fatica a tirare fuori. Invece mi sono ammorbidito molto, anche grazie ai miei figli, ho capito che un abbraccio vale molto più di mille parole. Ed ora è tutto più semplice, vado via con un filo di gas!”
Poi scherza sul rapporto con Valentino, che adesso - per sua stessa ammissione - è praticamente nullo: “Magari lo recupereremo da genitori! Non sappiamo, ma posso dire una cosa: noi non abbiamo alcun rapporto. La butto lì, secondo me nella seconda parte di vita ci aspetta qualcosa insieme. È successo anche con Capirossi, che prima di Rossi c’era una grande rivalità. Adesso invece ci chiamiamo, chiacchieriamo, abbiamo un rapporto bello e rilassato. Non c’è più quella voglia di primeggiare l’uno sugli altri”.
Impossibile quindi evitare una battuta sul ritiro di Rossi: “Parlo da esterno, perché non lo conosco bene. Anzi, non lo conosco affatto, quindi non so come viva lui la competizione, la moto… Noi non ci siamo simpatici, ma lo rispetto. E rispettandolo non mi sento di dire una parola, perché la passione non si comanda. Non si può dare una spiegazione a certe cose, come alla passione. Bisogna solo chiederlo a lui”.