Max Temporali, ex pilota e voce tecnica della Superbike, è sempre molto attivo sui social. Condivide spesso i suoi pensieri, che si tratti del lavoro di tester (che, dice, non vuole più fare nessuno) o dello spaventoso incidente nella SuperSport 300 in cui ha perso la vita Dean Berta Vinales. Dopo l’ultimo post dedicato agli ‘ex manager, piloti e giornalisti’ lo abbiamo contattato per capire il suo punto di vista, approfittandone per parlare anche di una Superbike che non era stata mai così spettacolare. Ecco cosa ci ha raccontato.
Marco Lucchinelli ha attaccato duramente i conduttori di Sky dicendo che sono schierati, poco obiettivi e che, soprattutto, il commento tecnico soffre la mancanza di un pilota ‘di rango’. Tu hai scritto, in un post, che molti “ex” dell’ambiente perdono equilibrio e serenità.
“Di gente arrabbiata ce n’è tanta. Il mio post, sinceramente, l’avevo improntato su ben altro, Lucchinelli non c’entrava nulla. Nel momento in cui qualcuno ha cominciato a chiedermi se era rivolto a lui sono andato a cercare l’intervista e ho sentito il podcast, effettivamente era una di quelle situazioni che poteva rientrare tranquillamente nel mio discorso”.
Cosa pensi delle parole di Marco?
"Siamo tutti liberi di poter esprimere un’opinione e non ci vedo nulla di male. Mi spiace solo che spesso si calchi un po’ la mano dopo essere usciti dalla grande famiglia. C’è chi dice ‘sono fuori, non ho più nulla da perdere, per cui mi sento libero di dire realmente quello che penso’. Così però rischi di chiuderti le porte con altri professionisti del settore che magari non vogliono correre lo stesso rischio. Comunque, da quello che ho percepito negli anni, non penso che ci sia mai stata una grande stima da parte di Marco nei confronti della cabina di commento. Non so se abbia contestato, negli anni, la telecronaca di Guido Meda o l’analisi tecnica di Mauro Sanchini. Ma non credo abbia mai avuto una stima particolare nei loro confronti”.
Entrando nel merito, è anche vero che raccontare e correre sono due cose piuttosto diverse, altrimenti i piloti sarebbero degli ottimi giornalisti.
“Certo. Però vi siete tutti soffermati sull’intervista di Lucchinelli, che è un personaggio autorevole e la sua voce è sempre forte. Prima di proseguire voglio fare una premessa: con lui ho sempre avuto un rapporto splendido, di amicizia, di rispetto e di stima reciproca. Anche se tutti mi dicevano che Lucchinelli era inaffidabile io l’ho coinvolto sempre, dall’organizzazione di eventi a tanto altro. Ed è sempre stato il più puntuale, quello che non ha mai fatto storie sui soldi… Marco è sempre stato un grande professionista. Però ecco, se avete ascoltato il podcast vi sono sfuggite le parole di Zoran Filicic”.
Che dice di prenderla con un sorriso?
“No, che se avessero commentato loro due, lui e Lucchinelli, non sarebbero nemmeno tornati dal Qatar. A me è dispiaciuto molto sentire queste parole. E aggiungo una cosa che vorrei che venisse scritta. Guido Meda può avere tutti i difetti del mondo, ad alcuni appassionati non piace il fatto che calchi la mano su Valentino Rossi - di cui ti posso dire che è innamorato davvero, non è una scelta editoriale - ma lui non mi ha mai imposto alcun vincolo su opinioni e pensieri. Ho sempre detto quello che pensavo, indipendentemente dal fatto che fosse pro o contro Valentino. Io con Guido ci lavoro dal 2009, con Mediaset. E voglio pensare che come lo è stato con me lo è anche con gli altri. Se oggi Lucchinelli non è più lì a lavorare non è colpa di Guido. Semplicemente, quel programma su TV8 hanno deciso di non portarlo avanti perché non c’erano soldi, il gioco non valeva la candela. Ogni azienda ha i suoi difetti, ma è davvero brutto andare via con l’acido allo stomaco. Anche perché l’acido allo stomaco fa male a chi ce l’ha più che agli altri”.
Parliamo di corse: la Superbike ha davanti un finale di stagione incredibile. Più emozionante della MotoGP, scritta meglio di una serie tv. Vedendo queste gare viene da chiedersi se ci sia mai stato un livello simile. Cosa ti fa tornare in mente questa sfida?
“Senza documentarmi e con quel francobollo di memoria che mi è rimasto a me vengono in mente i duelli fra Troy Bayliss e Colin Edwards. Parliamo di vent’anni fa però, era tutto diverso. Le tribune erano piene di tifosi, c’erano molti più appassionati di moto sportive, i parcheggi erano strapieni. Ed era anche diverso il modo di comunicare, ci ricordiamo tutti delle gran pacche sulle spalle tra questi rivali ed è esattamente quello che vediamo in pista tra Johnny e Toprak, ma non c’era tutta la parte social e web, dove poi prosegue la narrazione per dare un po’ più di carica allo spettacolo. I nostalgici che dicono che una volta si abbracciavano e si volevano bene… figuriamoci. Quando hai due contendenti al titolo sai che si odiano. Appena finita la gara i complimenti sono sinceri, è una cosa che senti dentro. Ma appena scende l’adrenalina il tuo avversario torna a starti sui coglioni ed è la persona che vorresti eliminare dal pianeta. Questo duello fa solo bene alla Superbike che, negli ultimi anni, era diventata monotona. Prima non c’era questo stimolo a guardare le gare”.
Rispetto al passato, ora Jonathan Rea sbaglia. Era capace di raddrizzare delle situazioni, un po’ come fa adesso Quartararo in MotoGP, che per altri erano impossibili da salvare. Invece sembra che ora Johnny sia al limite.
“Credo sia la prima volta che Rea conosce il suo limite e quello della moto. Non aveva mai avuto il bisogno di farlo e, se gli altri lavoravano su sé stessi e sulle moto per cercare di alzare l’asticella, lui non aveva mai avuto quel bisogno, o meglio quell’opportunità. Quest’anno gli è capitato di avere questa necessità e ora anche lui sbaglia come facevano gli altri. Ricordiamo sempre che Johnny corre con una Kawasaki penalizzata dal regolamento - ed è un tema - ma è anche vero che Kawasaki deve fare un passo avanti”.
Questo tema dei giri motore però è piuttosto centrale: è giusto che la moto sia stata penalizzata?
“No. Ci sono alcune cose che non trovo giuste nel modo più assoluto. Non condivido il desiderio di appiattire il livello tecnico per mettere alla pari tutti i piloti. Il mondiale lo deve vincere il più bravo, che vuol dire anche chi ha fatto meglio la moto, le sospensioni, le gomme. Io sarei anche contro al monogomma, però di tutti questi fattori è il meno peggio. Rischieremmo di andare verso quella MotoGP che ora come ora a me non piace. Non vedi più il pilota più bravo, la moto migliore e la squadra che lavora meglio, ma solamente quelli che sono riusciti ad entrare in quella ristrettissima finestra di lavoro”.
Sarebbe più facile da accettare se quella piccola finestra in cui la gomma funziona fosse frutto di lavoro da parte degli ingegneri, invece spesso sembra un caso. E, in un campionato come la MotoGP, non è possibile che le gare si decidano in base al caso.
“Certo. Per fare un paragone ancora più preciso tra MotoGP e Superbike però, c’è un altro dato importante da considerare. Pirelli si affida come sempre a gomme ‘stradali’, che possono essere utilizzate anche da amatori. Questo ti permette di produrre pneumatici con un certo standard, le gomme della MotoGP invece sono tutte fatte a mano e lo standard non è industriale. Sono fatte artigianalmente per qui venti piloti e finiscono per essere leggermente diverse l’una dall’altra”.
A proposito: Toprak Razgatlioglu farebbe bene in MotoGP?
“Allora. Intanto lui ha un’opzione per andare in MotoGP, andrà a provare la moto questo inverno. Il suo percorso secondo me deve essere quello. Ci è andato Baz e ci sono andati anche altri che in Superbike avevano fatto molto meno, è giusto che il suo percorso lo porti lì. Lo dico da sportivo, ma anche mettendomi nei panni di Sofuoglu (Kenan, il suo manager, ndr.) che non è certo stupido. Soprattutto pensando alla forza che può avere in Turchia un’operazione come questa. Quando uno va forte, che arrivi dalle minimoto o da un trofeo, andrà sempre forte. Punto. Poi quanto forte rimarrà un punto di domanda, dev’essere anche messo nella condizione giusta, Toprak ha il talento e l’intelligenza per farcela. Se dovesse vincere la Superbike, in MotoGP troverà sicuramente le condizioni per fare bene”.
Magari al posto di Darryn Binder, che pare sia stato chiamato in MotoGP con Razlan Razali senza grandi motivazioni.
“Sono d’accordo. E se Toprak dovesse passare di là sarebbe un bene anche per la Superbike almeno per due motivi: Johnny probabilmente si sarà già ritirato, avere altri cinque anni di monopolio - perché così sarebbe - finirebbe per essere noioso. Meglio avere un livello un po’ più basso dove ci sono più piloti a dare spettacolo, quindi credo che questo possa fare bene alla categoria”.
Era il grande sogno di Nicky Hayden quello di vincere un mondiale in MotoGP e un altro in Superbike. Comunque, pensi che Jonathan Rea si ritirerà a fine 2022?
“No, nel modo più assoluto. Ma c’è un’altissima probabilità che cambi casacca. Se nel 2022 - come sembra, ma prendiamolo con le pinze - la Kawasaki non dovesse rivoluzionare la moto, allora potrebbe cambiare squadra”.
Dove?
“In Ducati i piloti hanno contratti di un anno. Se fossi Jonathan Rea andrei sulla moto con il potenziale più alto e che adesso ha vinto meno in assoluto. Quella è la sfida. Non vado in Yamaha dove c’è quell’altro e nemmeno in BMW perché ci sono limiti più grossi, a partire dalla squadra. Ducati è la moto con cui, secondo me, potrebbe chiudere la sua carriera”.
Parlando di Ducati, come giudichi la scelta di rinunciare a Scott Redding per tornare ad Alvaro Bautista? Non è stato prematuro? In questo finale di stagione è stato veloce.
“Se vuoi vincere il titolo devi prendere un campione. Un campione non è uno che vince e basta, è uno con la mentalità giusta. Con Redding è capitato tante volte che, durante le interviste al parco chiuso, con il massimo della spontaneità, dicesse che non pensava di essere così veloce da arrivare a podio o di vincere la gara. Non è così che deve partire un pilota. Soprattutto quando hai la possibilità di avere al suo posto uno come Bautista, ad esempio. Innanzitutto sulla carta è quello che ha vinto più gare in assoluto con quella moto. Se andiamo a vedere i tempi totali di gara tra lui e Redding, ti accorgi della differenza. E sono passate due stagioni, con tutte le evoluzioni del caso su moto e gomme. Non c’è veramente confronto”.