Al termine del 44 giri di Spa c’è un interrogativo che più di tutti gli altri tormenta mezzo paddock del circus: c’erano davvero le condizioni per ufficializzare il via della gara dopo i primi giri dietro Safety Car o la scelta di dare bandiera rossa e attendere che la pioggia andasse via del tutto è stata la migliore che la direzione gara potesse prendere? Una domanda dalle risposte contrastanti, che ha generato non poche polemiche. Su tutti, chi ci è andato giù pesante è stato Max Verstappen, che prima via radio e poi ai microfoni della stampa è stato tanto duro quanto chiaro, criticando senza mezzi termini l’operato della direzione gara dopo quanto successo in Belgio.

“Se la direzione gara è stata un po’ conservativa? Direi che lo è stata parecchio” ha commentato sorridendo il campione del Mondo in carica a Sky Sport nel post gara. “Sono stati tanto conservativi. Saremmo dovuti partire subito perché non pioveva. Avremmo potuto stare dietro alla Safety Car per 3-4 giri e poi si sarebbe potuti partire. Abbiamo parlato e ci avevano detto che sarebbero stati più cauti, ma così sono stati troppo estremi. Anche perché in questo modo non puoi più fare una gara sul bagnato. Abbiamo fatto qualche giro con le gomme intermedie e poi abbiamo subito montato le slick. Non dovrebbe andare così. Chiaramente ci hanno anche preso di sorpresa per l’assetto che abbiamo scelto”.
Schietto come sempre, sollevando un interrogativo non di poco conto, perché visto il recente operato della Fia diventa difficile anche solo pensare di svolgere una gara sotto la pioggia. Una condizione che ama e in cui ha saputo fare la differenza, incantando la F1 con le magie che lo hanno portato ad essere considerato tra i più forti della storia. E forse, la voglia di correre sotto quella pioggia battente nasce proprio dal sentirsi più forte di tutti gli altri, complice una vettura con maggior carico aerodinamico che in quelle condizioni avrebbe potuto giocarsela alla pari con le due McLaren, in fuga già al termine del primo giro. La verità dietro quelle parole dure, infatti, sta proprio in quell’ultima frase, fondamentale per capire perché volesse correre a tutti i costi: in Red Bull volevano la pioggia, unica condizione in cui sapevano di poter vincere. Così non è stato, costretto a seguire per tutta la gara il retrotreno della SF-25 di Charles Leclerc, fenomenale nel non commettere nessun errore - al netto di due minime sbavature - nonostante la pressione di Max, con una Red Bull troppo poco veloce sul dritto per concretizzare un sorpasso.

Eppure, considerato tutto quello che è successo negli ultimi anni, la linea conservativa adottata dalla direzione gara è comprensibile, quantomeno nell’immediato dopo il via dietro Safety Car: la nube di acqua alzata da venti vetture che avrebbero girato tutte insieme sarebbe stata enorme, costringendo i piloti - soprattutto chi partiva nelle retrovie - a correre “alla cieca”. E, se a questa condizione si aggiunge anche la pericolosità di un punto di per sé già teatro di grandi incidenti, talvolta anche mortali, come Eau Rouge, ecco che diventa decisamente più semplice capire il perché di quella bandiera rossa. D’altro canto, però, si poteva sicuramente rientrare in pista un po’ prima senza aspettare che la pioggia scomparisse completamente, tant’è che dopo appena dieci giri tutti avevano già montato le gomme d’asciutto.
C’è però un problema di fondo, ben più complesso della semplice decisione presa dalla direzione gara: per tornare a correre senza se e senza ma sotto la pioggia c’è bisogno che le vetture alzino meno acqua, evitando di formare alle proprie spalle un muro oltre il quale non si vede nulla. Ed è anche inutile appellarsi a un passato fatto di battaglie diventate parte della storia della F1, perché tutto era ben diverso. Serve un cambiamento ancor prima di ogni decisione, contestabile o meno.

