Maya Weug si presenta scusandosi: "Il mio italiano non è un granché". Capisco subito che non è vero, il suo italiano è perfetto. Lo ha imparato sui kart, negli anni della sua infanzia in pista, e poi lo ha studiato una volta arrivata a Maranello nella Ferrari Driver Academy. Non è la sua prima lingua ma la parla con una disinvoltura rara per i suoi vent'anni, figlia di un allenamento che ha coltivato presto. Maya ha il sangue misto di una ragazza olandese, belga e spagnola, con il cuore che attraversa mezza Europa e torna sempre nei luoghi che hanno costruito le fondamenta della sua passione, quella per il motorsport. Sorride ripensando a quei primi giorni sui kart, alla lotta per la sopravvivenza in un ambiente quasi esclusivamente maschile ("quando ho iniziato ero l'unica ragazza in pista"), al futuro tutto da scrivere di una categoria come quella creata da Susie Wolff, al ruolo che le donne come lei si stanno conquistando nell'ambiente. Ce lo racconta seduta all'ombra di un piccolo tetto sul fondo del paddock della F1 Academy, ai margini del luccicante mondo della Formula 1 nel weekend di gara che vede queste ragazze correre sotto gli occhi di centinaia di migliaia di tifosi arrivati per sostenere la classe regina. Maya alza le spalle: tanta gente è un bene, un modo per farsi conoscere, per raccontare a tutti che cos'è la F1 Academy. Pressione? Quella c'è in pista, non sugli spalti. È vestita di rosso, un rosso che non si può confondere e di cui parla facendosi scappare un luccichio sincero sul fondo degli occhi chiari: "La prima volta che ho indossato i colori della Ferrari mi sono emozionata, per me è un onore". L'onore di essere la prima pilota donna della storia della Scuderia Ferrari. Con l'orgoglio di chi, davanti a sé, ha una storia ancora tutta da scrivere.
Maya, com'è nata la tua passione per il motorsport?
È inizio tutto quando avevo sette anni. Andavo con mio padre a correre su una pista vicino a casa per divertimento e per Natale, quell'anno, lui ha regalato a me e mio fratello un kart tutto nostro. Mio fratello ha smesso dopo pochissimo, un mese o poco più, mentre a me è piaciuto troppo e da lì è iniziata la mia passione.
C'è stato un momento in cui hai pensato potesse essere più di un semplice hobby e diventare un lavoro?
Non credo ci sia stato un momento folgorante, è arrivato tutto passo dopo passo. All'inizio sei così piccola che non ti rendi conto di quello che stai facendo. Poi inizi a fare campionati più importanti, gare internazionali, e lì inizi a pensare: ok, stiamo facendo qualcosa di serio. Il grande passo è stato sicuramente entrare nella Ferrari Driver Academy ma lì già sognavo di essere una pilota professionista a tutti gli effetti.
Spesso per la famiglia è difficile accettare i rischi che il motorsport richiede nella vita di un figlio. La tua ti ha supportato?
Sì, da sempre e continua a farlo anche oggi. Mio padre è un grande appassionato e mi ha seguita molto nel mio percorso ma anche mia mamma con il tempo si è interessata e mi sostiene molto. È venuta a vedermi a Miami e si è divertita, le gare le piacciono parecchio ora.
Oggi si parla molto di donne nel motorsport, senti che sia davvero cambiato qualcosa rispetto a quando tu hai iniziato a correre sui kart?
Sì, credo che l'ambiente sia cambiato molto. Quando io ho iniziato ero sempre l'unica bambina della categoria in mezzo a soli maschi. Qualche volta, quando ero fortunata, eravamo in due. Adesso si vedono sempre più ragazze ma non solo come pilote, anche se guardi tra i fans o tra gli addetti ai lavori. Questo è molto importante per le bambine che crescono e che vedono più occasioni e più possibilità, sapendo che un domani per loro ci sarà un posto qui.
La F1 Academy, categoria femminile che segue da quest'anno parte del calendario di Formula 1, sta facendo tantissimo in questo senso...
Lo sforzo che si sta facendo per questa categoria è enorme ed essere qui, negli stessi weekend della Formula 1, è importantissimo. Così come lo è avere tutti i team della classe regina che ci aiutano e ci supportano. Credo che questo sia stato il grande step che la F1 Academy è riuscita a fare rispetto alla scorsa stagione e anche se per qualcuno può sembrare qualcosa di "normale" o semplice, non lo è affatto.
Quali pensi possano essere gli sviluppi della categoria?
Il futuro in questo mondo è sempre difficile da prevedere. Non so dire che cosa succederà in questo campionato e nei prossimi ma già oggi sappiamo che il numero di bambine sui kart è aumentato e continua ad aumentare. Questo è il vero traguardo.
Quando correvi sui kart, essendo quasi sempre l'unica ragazza in pista, hai mai subito discriminazioni o sei stata presa meno sul serio rispetto ai tuoi rivali?
Fortunatamente non ho mai subito vere e proprie discriminazioni ma quando inizi così piccola ti sembra tutto normale e probabilmente anche agli altri bambini lo sembrava, non vedevano le differenze. Crescendo poi qualcosa succede: ai ragazzi non piace che una ragazza finisca davanti a loro, che sia più veloce e più forte.
E in quei casi che cosa si fa?
Nei kart spesso si è aggressivi e devi imparare a farti rispettare fin dall'inizio. Una volta che ti conoscono poi imparano a rispettarti e non succede niente di più. Ripeto, non sono mai stata davvero discriminata, ma bisogna farsi conoscere.
A capo della F1 Academy c'è una donna che questo ambiente lo conosce molto bene: Susie Wolff. Com'è lavorare con lei?
Lei per noi è un grande esempio. Ha fatto davvero tanto per costruire un progetto ambizioso come questo e poi è stata pilota come oggi lo siamo noi quindi è un riferimento perché sa di che cosa abbiamo bisogno e può mettersi nei nostri panni. Sta facendo tanto per aiutarci.
Tu sei stata la prima pilota donna della storia della Scuderia Ferrari. Che cosa rappresenta questo per te?
Mi ricordo perfettamente la prima volta che ho indossato una maglietta Ferrari con il logo del Cavallino. Avevo la pelle d'oca e se ci penso mi viene ancora oggi. Quando correvo con i kart entrare nell'Academy di Maranello era il riferimento, così come lo erano tutti i piloti che erano riusciti a farcela, quindi quando sono stata presa non potevo crederci. Cambia tutto quando sei lì, quando entri in Gestione Sportiva ogni giorno ed è lì che ti alleni, che costruisci il tuo futuro. È qualcosa a cui difficilmente puoi fare l'abitudine.
Che rapporto hai con Charles Leclerc e Carlos Sainz?
Loro hanno una vita molto frenetica quindi non ci vediamo spesso ma quando capita, in palestra, a Maranello o qui in pista, sono sempre molto gentili e umili. Cercano di aiutarci dandoci consigli e chiedendoci come stanno andando le cose. Alla fine anche loro sono passati da dove oggi siamo noi quindi nessuno può capirci meglio.
Da quest'anno, come accennavamo prima, la F1 Academy segue il calendario della Formula 1. Com'è per te correre in weekend così importanti e così pieni di tifosi sugli spalti?
È bellissimo essere così vicini alla Formula 1. Ovviamente abbiamo poco tempo a disposizione e non siamo noi il vero "evento" del weekend ma è interessante sia per quanto riguarda l'evoluzione della pista - perché mettono tanta gomma sul tracciato nel corso delle prove - sia per l’atmosfera che c'è intorno. Sinceramente vedere tanti tifosi non mi mette ansia ma mi piace perché ci rendiamo conto di quanti ragazzi e soprattutto ragazze ci supportino e facciano il tifo per noi.
Ce l'hai un mito nel mondo del motorsport?
No, non veramente. Non ne ho mai avuto uno. Ho sempre ammirato molti piloti e negli anni, crescendo, ho cambiato spesso il punto di riferimento. Mi capita più che altro di avere dei piloti che guardo perché a loro mi posso ispirare sulla breve distanza.
In che senso?
Per esempio Marta Garcia. Lei ha iniziato a correre sulla stessa pista in cui ho iniziato io ed è di pochi anni più grande di me. Crescendo la vedevo sempre come un passo avanti e questa cosa mi spronava a dire: lei lo sta facendo, posso farlo anche io. Posso arrivare lì tra qualche anno, a fare quello che sta facendo lei.
E dove si vede Maya tra cinque anni?
Non lo so. Il mio sogno è sempre stato quello della Formula 1 ma in generale la cosa che mi piace di più al mondo sono le gare. Mi piace correre, questo è quello che mi rende felice. Quindi spero di essere ancora in pista, di fare questo per lavoro, ovunque le corse mi porteranno.