Dieci anni. Il tempo di una rivoluzione, di mode che cambiano e tornano, di tecnologie innovative che diventano obsolete, di rughe, paesaggi che si trasformano, cose che c'erano e non ci sono più. È un tempo lontano, quello di dieci anni. Quello che usi quando vuoi esagerare una situazione, quello delle cose che non sembrano arrivare mai. Ma, alla fine, passano anche loro. I decenni.
Ed è così che il 29 dicembre del 2013, in un giorno qualsiasi di esattamente dieci anni fa, la vita di un uomo è cambiata per sempre. Con la sua quella delle persone intorno a lui, di chi lo ha amato di più, di chi gli è stato accanto nei momenti felici di un'esistenza straordinaria. Una vita fatta di corse e rincorse, di record e risultati straordinari, di un onore e un merito - quello di riportare in alto il Cavallino di Maranello - che sopravvivrà a qualsiasi storia. Quella vita, la vita di Michael Schumacher, che è cambiata in un secondo. Dopo anni al limite del rischio più grande, strappando al destino ogni briciola di adrenalina e diventando il pilota più vincente della storia della Formula 1, il tempo si è fermato sulle nevi di Méribel in un giornata di sci in famiglia.
Un incidente, dalle dinamiche mai totalmente chiarite, una corsa contro il tempo per sperare in un miracolo e poi un silenzio, quello della privacy intorno alla quale si è stretta la famiglia di Michael, che ha dilatato i giorni, i mesi e gli anni. Speculazioni e fotografie rubate, denunce e interviste, parole - le poche pronunciate da chi oggi conosce le sue reali condizioni - che pesano come macigni. "C'è ma non è lo stesso", "darei qualsiasi cosa pure di poter parlare con lui" o "non lo rivedremo mai più". Sono sentenze definitive di una storia che, nella malinconia assoluta, ognuno di noi chiude in un angolo, lasciando sopravvivere una speranza lontana, un ricordo dell'uomo che assomiglia solo al mito che abbiamo vissuto, al Kaiser dei sette titoli mondiali, al tedesco con la schiena dritta, lo sguardo dell'orgoglio stampato sul volto.
Dieci anni fa, dieci anni oggi. E a un decennio dall'incidente che ha tolto a Michael un futuro sicuramente ancora pieno di sfide, successi e sorprese, per ricordarlo bastano le parole del suo più grande rivale, il finlandese Mika Hakkinen. All'inizio del 2014, poco dopo il tragico giorno sulle nevi di Méribel, il pilota scrisse una lettera all'amico e rivale, in seguito pubblicata dal giornale tedesco Bild. Una lettera che ci racconta qualcosa di grande sulla speranza, sull'affetto, sulle grandi sfide nello sport che poi, davanti alle difficoltà della vita, lasciano il posto a qualcosa di più profondo.
"Caro Michael, sei un uomo che affronta tutte le sfide e sei abituato a superarle. Il tuo incidente ora non è altro che un'altra sfida. Dovrai lottare ancora duramente, proprio come entrambi lottavamo in pista. Come sai, anch'io ho avuto un brutto trauma cranico in passato. Ma sono sopravvissuto. Con l’aiuto della mia famiglia e dei miei amici e il supporto professionale dei medici. Sono sicuro che anche tu riceverai questo aiuto e tutto ciò di cui hai bisogno per stare bene. Ma fammi un solo favore: questa volta non cercare di battere il tempo. Non è necessario stabilire il miglior tempo in questa gara. Devi prenderti tutto il tempo che ti serve. Vacci piano, Mika".
Il tempo ha disegnato per Schumacher una prospettiva molto più complessa rispetto a quella immaginata - o sperata - da Hakkinen all'inizio del 2014, ma nelle poche righe consegnate alla storia della loro rivalità c'è un mondo intero fatto di rispetto e stima, speranza e malinconia, conoscenza e consapevolezza. C'è lo Schumacher impaziente, quello del tutto e subito, e c'è la richiesta - l'esigenza - di andare piano, di provare a vincere questa sfida in un modo diverso. Questo ci resta, dieci anni dopo. Mentre ci si affolla alla caccia di dettagli morbosi sulle condizioni di Schumacher, costringendo la famiglia del Kaiser a costruire mura sempre più alte per proteggerne la privacy, forse bastano queste poche righe a capire il senso profondo di una battaglia iniziata il 29 dicembre del 2013 e mai conclusa. Perché battere il tempo questa volta non è davvero la priorità di nessuno.