"Ho urlato per tutto l'ultimo giro e Fausto era con me. L'ho promesso: questo è solo l'inizio" - Così Fabio Di Giannantonio, con gli occhi che non nascondevano le lacrime e l'adrenalina ancora addosso per un last lap di grandi rischi, ha commentato il ritorno sul podio di un GP di Moto2 del Team Gresini. L'ultima volta, ormai tanto tempo fa, era stato proprio Sam Lowes, il pilota britannico che invece oggi ha vinto. Tra l'inglese e l'italiano la zampata di Remy Gardner, l'unico realmente in grado di girare sui tempi del primo. Appena già dal podio, invece, Marco Bezzecchi, beffato in volata proprio da Di Giannantonio, di soli 13 millesimi. Ma oggi va bene così. E l'avrà pensato pure il Bez, nonostante la beffa, nonostante il podio all'esordio fosse l'obiettivo dichiarato. "Fausto manca - ha detto Di Giannantonio - Manca tutto, manca in tutto, perchè lui era il team. Questa squadra l'abbiamo costruita insieme e, adesso, se lui ci aiuta in qualche modo da dove si trova, la porteremo avanti noi da quaggù, con la promessa che faremo di tutto per realizzare il suo e il nostro sogno".
Però la storia delle corse è piena di altre storie fatte di motivazione personale, di ragioni in più che fanno la differenza, fosse anche di soli 13 millesimi. "ABbiamo portato avanti un progetto - ha detto Carlo Merlin, l'uomo che ha raccolto l'eredità sportiva di Fausto Gresini - Lo abbiamo fatto insieme ad una famiglia che, nonostante il dolore, ha scelto di portare avanti un sogno e oggi raccontiamo qualcosa di straordinario". Un podio per Fausto, alla prima senza Fausto, dentro un festa surreale che festa vera non ha potuto essere. Ma che aiuterà a metabolizzare una sofferenza che resterà impossibile da digerire e che rappresenterà una motivazione in più per assorbire una mancanza che pesa. E che fa male ancora tanto. A tutti.
Ieri tutti nel paddock hanno voluto ricordare con una parola, un pensiero, la figura di Fausto Gresini. Perchè un conto è leggere la notizia di una scomparsa, un altro è scontrarsi con la presa di coscienza che qualcuno che c'è sempre stato di colpo non c'è più. Portato via da un virus che è entrato a piedi pari sul mondo e pure sul mondo delle corse. Un mondo dove, però, anche la morte, sempre presente tra i cordoli di un circuito, innesca reazioni di orgolio, scatti in avanti. Desiderio di rivalsa. O, più semplicemente, sorrisi da affiancare alle lacrime.
Anche Valentino Rossi, in conferenza stampa, ieri, ha speso di nuovo parole per quell'uomo che non solo aveva visto vincere quando era un ragazzino che sognava di diventare un pilota, quel team manager che non solo è stato suo durissimo avversario negli anni di Melandri e Gibernau, ma anche quel grandissimo scopritore di talenti che, 28 anni fa, aveva affiancato proprio lui, poco più che bambino, per un test in sella ad una moto del mondiale. Segnando, di fatto, un inizio. E mostrando uno scatto che Rossi conserva nel telefonino.