Due sentimenti contrastanti agitano Milano in queste ore. Li puoi sentire, ovunque: per le strade, nei bar, alla fermata dell'autobus, in coda al supermercato. Pulsano nel tessuto sociale di una città in ostaggio del calcio; dei discorsi sul Sassuolo, su Pioli e Inzaghi, su Leao e su Perisic e su un derby di tre mesi fa che ha rimesso in discussione i destini di questo campionato. Ne sono prigionieri tutti, anche gli agnostici del pallone, che si ritrovano spettatori inermi di questa faida locale e sentimentale.
Da una parte la disillusione interista, venata da quella sottilissima dose di speranza offerta dalla suggestione magica delle cose impossibili. Nessun tifoso dell'Inter sembra credere davvero che lo scudetto sia ancora possibile; tutti vogliono credere che in fondo ancora lo sia. Una subdola rassegnazione che si scontra con l'eccitazione milanista, scossa nel profondo dal senso opposto: tutti sono convinti che il sogno sia davvero a un passo, ma tutti hanno il terrore che possa ancora diventare un incubo. Quando i fuochi delle fazioni opposte si incrociano diventano ostilità, contraddizione, scaramanzia. Si uniscono nella rievocazione di altri folli finali di campionato (il diluvio di Perugia, il 5 maggio).
Non tutti sono disposti a verbalizzare l'ansia. C'è anche chi ha passato questa settimana di attesa chiuso in un silenzio religioso. Molte delle persone fermate per il video qui sopra hanno preferito la reticenza, la sofferenza intima. Bastava nominare una parola riconducibile al calcio e si ritraevano come alla vista di un nemico da evitare, di una maledizione da scongiurare. Alzavano le mani come a proteggersi da qualcosa e scappavano via. Anche la Milano più brillante e sicura di sé si mostrava fragile davanti ai codici apotropaici del tifo.
Fuori dalla rivalità e dai condizionamenti emotivi, entrambe le sponde sembrano d'accordo sul fatto che il Milan non sia la squadra più forte, ma che sia quella che più meriti questo scudetto. Un punto difficile da accettare per tutta la Milano interista, che solo un anno fa festeggiava per queste strade immaginando un regno duraturo, e oggi annega nell'idea di chiudersi in casa per giorni, con le orecchie tappate e le televisioni a tutto volume per coprire il rumore dei clacson e dei cori rossoneri, sopiti per undici lunghi anni. Merito dello straordinario lavoro di Stefano Pioli, che ha costruito una squadra solida e coesa, convinta della sua forza e delle sue individualità. Un lavoro che ha permesso di bruciare le tappe del percorso di rinascita del club, valorizzandone scelte e programmazione. Che ha acceso e tenuto vivo fino alla fine un sogno per cui i tifosi milanisti, pur di viverlo dal vicino, hanno pagato più di 2000 euro per un biglietto.
Basta un punto, e il Milan sarà campione d'Italia per la 19esima volta. Ma al di là di chi la spunterà, lo scudetto rimarrà un altro anno a Milano, tornata a tutti gli effetti al centro di villaggio calcistico italiano dopo anni passati a galleggiare in un triste purgatorio.
Due squadre, uno scudetto e una città in ballo. Se dovesse compiersi quello che molti credono un miracolo, gli interisti festeggeranno subito, dentro lo stadio in cui 70mila persone avranno visto Inter-Sampdoria, assistendo dal vivo a qualcosa che rimarrà nella storia. Se invece sarà il Milan a trionfare, la festa sarà rinviata di qualche ora, giusto il tempo di un treno di ritorno dalla vicinissima Reggio Emilia.
Comunque vada, domani a Milano ci sarà un gran rumore.