Eh ma figuriamoci se Ducati di qua, eh ma figuriamoci se Ducati di là. Da quando Pecco Bagnaia e Jorge Martin hanno reso chiaro a tutti che si sarebbero giocati il titolo anche in questa stagione sono state continue le supposizioni – e spesso le illazioni – su una possibile strategia Ducati. Giochi di squadra, ordini di scuderia e pure mosse da fare nel silenzio e nel buio della notte. Solo che, appunto, non s’è visto niente di tutto questo. Però a guardare bene come sono andati gli ultimi fine settimana di gara una strategia è emersa davvero. Netta. Chiara. Perfettamente distinguibile.
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Perché la scorsa settimana, in Australia, cinque Ducati per la prima volta in questa stagione hanno chiuso nelle prime cinque posizioni nel GP della domenica e oggi a Buriram, nella Sprint, tutte le otto Ducati in pista hanno occupato le prime otto posizioni. Il tutto con un mondiale costruttori già messo in tasca, un mondiale per squadre già vinto e pure con la matematica certezza, maturata già qualche settimana fa, che il campione del mondo 2024 sarà un pilota della Ducati. Poteva bastare a tirare il fiato. A godersi la manifesta superiorità. E invece no: risultati sempre in crescita, con record da stracciare ancora anche adesso che la stagione è praticamente finita e gli avversari stanno con le mani alzate e senza il becco di un’arma per provare a contrastare quelli di Borgo Panigale.
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Eccola, quindi, la vera strategia di Ducati: vincere tutto e poi stravincere quando non c’è più nient’altro da vincere. Fino, sportivamente parlando, a arrivare addirittura a umiliare gli altri. Lasciandogli niente da spartirsi. E’ ciò di cui ci si dovrebbe accorgere anche mentre si è così tanto impegnati a inventarsi strategie che invece non esistono e che, come ha dimostrato la pista anche oggi a Buriram, stanno solo nella testa di quelli che non vogliono ascoltare. Ascoltare chi? Claudio Domenicali, ad esempio, con il CEO Ducati che ha più volte detto che a Borgo Panigale cambierebbe niente se a vincere il titolo fosse Jorge Martin. O anche lo stesso Gigi Dall’Igna, con l’ingegnerissimo italiano che, laddove non fosse ancora abbastanza chiaro, è sì padre di una strategia all’interno di Ducati, ma che non c’entra niente con i complottisti. Gigi Dall’Igna ha portato nel motorsport un dominio Ducati che non è più paragonabile neanche a quello di un monarca. E nemmeno di un imperatore. Qua, signori cari, siamo alla vera e propria tirannia: una tirannia col pizzetto. E per chi ancora non l’ha capito c’è solo una cosa da fare: rileggersi nome per nome, moto per moto, la classifica della Sprint andata in scena oggi sul circuito di Chang, in Thailandia, scoprendo che agli altri è rimasto solo d’essere contenti – e pure parecchio – di un nono o di un decimo posto.