E’ tornato, ma non è mai stato abbastanza convinto. Lo ha fatto con un team tutto nuovo e, purtroppo, su una moto che non ha mantenuto le promesse. E che sarebbe stato un ritorno da maledire se ne è accorto praticamente subito. Ma ha provato lo stesso a comportarsi da professionista. Però tutto ha un limite e Andrea Dovizioso ne è da sempre più che consapevole. Tanto che, insieme a Yamaha e senza sbattersi vicendevolmente porte in faccia, ha deciso di dire basta. Sarebbe dovuto arrivare a fine stagione, ma non ha più senso neanche questo proposito. E smetterà in corsa, dopo il GP di Sam Marino. Nella sua Emilia Romagna, quindi, in una pista che è il templio di Valentino Rossi, ma che porta anche il nome di Marco Simoncelli. Il Dovi e il Sic erano avversari già da bambini, non si piacevano neanche un po’, perché volevano la stessa cosa, vincere sempre, e perché i loro caratteri erano diametralmente opposti. Ma si volevano bene di quel bene che si vuole solo a un avversario vero. Tanto che quando il Sic se ne è andato, in quel maledetto giorno del 2011 a Sepang, anche Andrea Dovizioso è cambiato. Mettendoci ancora più cattiveria, valorizzando la sua parte più istintiva e arrivando pure a vincere come non aveva mai vinto, con un 58 tatuato addosso come il simbolo di una cicatrice che non guarisce.
Simboli. Perché i simboli contano e contano tanto quando fai il pilota di moto da corsa, quando tutto ti scorre così in fretta negli occhi che ti ritrovi ad aver bisogno di riferimenti. E noi, forse perché siamo un po’ romantici, nella scelta del Dovi ci vediamo proprio un simbolo: dire basta quando non ha più senso e farlo a Misano, su quel circuito lì che porta quel nome lì.
Però in questo “basta anticipato” rispetto a quanto affermato poche settimane fa c’è anche chi ci ha visto una rottura ormai insanabile con RNF. Perché pochi giorni fa Andrea Dovizioso ha dichiarato che c’è poco da salvare di questa stagione, visto che ormai il team “è concentrato sul prossimo anno e sul passaggio in Aprilia” e perché sempre il Dovi ha pure detto che se ad andare in Aprilia fosse stato lui, all’inizio del 2022, le cose non sarebbero cambiate perché i dubbi sulla RS-GP sono ancora tanti. Malizie, forse, e è ai fatti che bisogna stare, con i fatti che sono riportati in un freddo comunicato stampa diffuso appena poche ore fa: ”Nel 2012 l'esperienza con la Casa di Iwata in MotoGP era stata per me molto positiva e da allora ho sempre pensato che, prima o poi, mi sarebbe piaciuto avere un contratto ufficiale con la Yamaha – ha affermato il pilota di Folrì - Questa possibilità si è presentata, anzi in maniera un po' audace, nel corso del 2021. Ho deciso di provarci perché credevo fortemente in questo progetto e nella possibilità di fare bene. Purtroppo negli ultimi anni la MotoGP è cambiata profondamente. La situazione è molto diversa da allora: non mi sono mai sentito a mio agio con la moto, e non sono riuscito a sfruttarne al meglio il potenziale nonostante il prezioso e continuo aiuto del team e di tutta la Yamaha.
I risultati sono stati negativi, ma oltre a ciò, la considero comunque un'esperienza di vita molto importante. Quando ci sono così tante difficoltà, devi avere la capacità di gestire bene la situazione e le tue emozioni. Non abbiamo raggiunto gli obiettivi sperati, ma i consulti con i tecnici Yamaha e con quelli del mio team sono sempre stati positivi e costruttivi, sia per loro che per me. Il rapporto è rimasto leale e professionalmente interessante anche nei momenti più critici: non era così scontato che sarebbe successo. Per tutto questo e per il supporto, ringrazio Yamaha, RNF Racing Team, WithU e gli altri sponsor coinvolti nel progetto. Non è andata come speravamo, ma era giusto provarci. La mia avventura si concluderà a Misano, ma il rapporto con tutte le persone coinvolte in questa sfida rimarrà intatto per sempre. Grazie a tutti".