Collaborete domani? Chiede Naomi Shiff nel post interviste al Red Bull dopo la conclusione di una sprint race segnata dall'unica emozione di una battaglia rossa al via tra Charles Leclerc e Carlos Sainz. "Lo spero" risponde subito Charles Leclerc che, già via radio al termine della breve gara del sabato, aveva sottolineato l'importanza di non perdere tempo al via nel Gran Premio di domenica. "Vedremo" ribatte Carlos Sainz, meno convinto del monegasco, forse consapevole che nel box di Maranello "collaborare" tra piloti significa per lui rinunciare alla battaglia.
E non preoccupa la foga e la voglia di successo di questi due ragazzi che, giustamente, fanno i piloti e chiedono velocità, vittorie, battaglie contro tutti, amici compresi. Preoccupa il silenzio di una Ferrari che non sembra interessata a prendere una decisione sul futuro di questi ragazzi pronti a darsi la caccia mentre il vero nemico, Max Verstappen, scappa davanti a loro. Perdono tempo mentre battagliano tra loro e nessuno dal muretto lancia un allarme, un segnale, dà indicazioni a uno o all'altro pilota. Un Silverstone bis che si ripete, in forma sicuramente meno preoccupante, ma che non aiuta a distendere un clima di tensione nato in Inghilterra e che qui, in Austria, potrebbe peggiorare da un momento all'altro.
La delusione di Charles Leclerc dopo Silverstone era così evidente, così chiacchierata nel paddock e raccontata sui giornali, da aver costretto Mattia Binotto a correre in settimana a casa del monegasco, a Montecarlo, per cenare con lui e cercare ti tirare le fila su quanto successo: il disastro delle ultime cinque gare, le possibilità di lotta per il mondiale, il ruolo da primo pilota in Rosso.
Pace fatta quindi tra i due ma ancora poca, troppo poca, chiarezza dal muretto della Ferrari che - diversamente da quanto vediamo negli altri top team - sceglie sempre una via più silenziosa, più neutra e distante, per gestire la foga dei suoi piloti. Ingegneri di pista molto diversi dal Bono di Lewis Hamilton, sempre attento e pronto a rispondere a ogni sua domanda ed esigenza. Ingegneri, quelli di Leclerc e Sainz, che invece spesso non danno comunicazioni ai rispettivi piloti, che nell'ansia di non avere risposte giuste preferiscono tacere, lasciando - come visto proprio nel corso della srint race - i piloti a parlare da soli, a senso unico, senza risposte alle loro domande.
La retorica dei piloti amici, che si aiutano e si vogliono bene sopra tutto e tutti, funziona quando in gioco non c'è il mondiale. Funziona, per i due ferraristi, in un universo di terzi posti e buoni punti, come nel 2021, ma certo non funziona quando finalmente la Ferrari è tornata a lottare per qualcosa di davvero importante. E allora è dall'alto che devono arrivare le decisioni sui fatti, più che sulle parole. Non basta dire "ci siamo parlati", "abbiamo capito" o "collaboreremo". Non basta che i piloti si sorridano e si scambino parole. Serve che qualcuno si prenda la responsabilità di dire a entrambi qual è il proprio ruolo, per chi e per che cosa stanno lottando, a chi e come devono rispondere.
Servono domande, dubbi, strategie e risposte. Serve che in casa Ferrari si decida finalmente di parlare, anche quando farlo cambierà inevitabilmente le cose. Perché l'alternativa è il silenzio continuo di una squadra che preferisce lottare tra piloti vestiti dello stesso colore mentre davanti a loro, sulle piste più importanti del mondo, il vero nemico scappa via.