Il nuovo Pelè non si è mai visto, o quasi. Possiamo dircelo: dopo oltre dieci anni di vizi, eccessi, qualche rissa e un'intensa vita notturna, ma anche qualche stagione ad alto livello, “quella scimmia sulla spalla”, come dicono gli americani, che si è ritrovata Neymar, ovvero essere l’erede di O Rei, è davvero pesata parecchio. A 31 anni, con una serie infinita di infortuni (starà fuori almeno altri tre mesi, stagione finita) e di beghe fuori dal campo, forse il fantasista brasiliano è al punto di svolta della sua carriera. E non solo perché ha fatto il giro del mondo la sua disperazione dopo aver perso un milione di euro in 60 minuti al poker online. Si è perso, Neymar. Si è perso nella ricchezza, nell’opulenza, nella vita notturna di Parigi. Attività frenetica fuori dal campo e ore piccole non sono mancate neppure al Barcellona, dove però O Nei ha fatto davvero vedere il suo talento pazzesco: assit, giocate, ha anche vinto la Champions League, segnando nel 2015 il terzo gol del Barça alla Juventus e chiudendo la Coppa da capocannoniere, con dieci reti. Ma in Catalogna in ogni caso era lo scudiero di Leo Messi, un fantastico secondo violino, se davvero Luis Suarez, l’attaccante uruguaiano di quello strepitoso Barça allenato da Luis Enrique, potesse essere considerata la terza forza di quell’attacco forse mai visto a certi livelli.
Non ha vinto i Mondiali con il Brasile. Su di lui – anche se era assente per infortunio, l’ennesima assenza in una carriera di infortuni – ha pesato il “Mineirazo”, la sconfitta 1-7 subita dai brasiliani ai Mondiali casalinghi del 2014 dalla Germania. Un trauma collettivo, il Brasile non vince i Mondiali dal 2002. Certo, Neymar ha trascinato il Brasile all’oro olimpico a Rio 2016, ha vinto in casa anche una Confederation Cup nel 2013, ma l’acuto è mancato e questo fattore pesa, nel confronto eterno non solo con Pelè ma con altri brasiliani entrati nella leggenda come Ronaldo o Ronaldinho. Ha fallito, anzi il Brasile ha fallito anche in Qatar e difficilmente si rivedrà O Nei a 35 anni ai Mondiali ospitati da Stati Uniti, Canada e Messico. Senza la Coppa, come Puskas, Cruijff, Di Stefano, Roberto Maggio, Cristiano Ronaldo. Ma per il leader, o presunto tale, della nazionale più titolata, prestigiosa e gloriosa del pallone, che produce talenti in serie, è solo un'aggravante. E se con la nazionale verdeoro, in cui ha comunque segnato caterve di reti, spesso inutili, è ancora più problematico il suo rapporto con il club attuale, il Psg, che cerca acquirenti da almeno un paio di anni.
Lo ha sostanzialmente scaricato: Neymar è stato più volte ripreso da Mbappè per la sua sfrenata vita notturna, hanno litigato in pubblico e si ritrova isolato nel ricco spogliatoio parigino. L’ostacolo al suo adieu è solo l’ingaggio: quasi 36 milioni di euro annui, insostenibile per qualunque club che voglia un asso in squadra ma anche almeno giochi 35-40 partite l’anno, senza troppi alti e bassi. In ogni caso, nella Premier League che strapaga qualsiasi atleta in pantaloncini attraversi la Manica, un ricco ingaggio per lui appare assicurato. Forse al Chelsea, o al ricchissimo Newcastle del Fondo Sovrano saudita, ovvero al principe Bin Salman. La sensazione è che le aspettative sul funambolico attaccante cresciuto nel Santos - lo stesso club di O Rei - siano state decisamente eccessive e che Neymar abbia anche pagato la sua dimensione mediatica: più un collettore di sponsor che il fuoriclasse – perché i mezzi tecnici sono da assoluto fuoriclasse – in grado di segnare un’epoca, come altri pochi nella storia, compreso il suo grande amico Leo Messi. Invece il numero 10 della nazionale brasiliana rischia davvero di essere ricordato come il più sopravvalutato di sempre. Per scollarsi l’etichetta dalle spalle in realtà avrebbe ancora tempo, a 31 anni. Ma, con un conto in banca da sogno e la tendenza a vivere più di notte che di giorno, ne avrà davvero voglia?