Nel lontano 2001 il sociologo Antonio Smargiasse denunciava in un’intervista per «La Repubblica» la conquista da parte dell’estrema destra degli stadi italiani. Bene, nulla a che vedere con la situazione del Brasile, dove non sono le tifoserie a mostrarsi di estrema destra, ma gli stessi calciatori. In questi giorni ha fatto discutere il video di Neymar in appoggio del candidato alle presidenziali Jair Bolsonaro. È finito persino sulla pagina ufficiale del candidato, diventando virale. Di certo non è il primo calciatore a schierarsi apertamente con il presidente uscente (a inizio settembre anche l’ex campione Romàrio è uscito con un endorsment a Bolsonaro). Su «Propaganda Live» la scrittrice Claudiléia Lemes Dias analizza il caso mostrando l’importante legame tra la Chiesa dei Pentecostali e l’estrema destra brasiliana, evidenziando come gran parte dei calciatori del Paese appartengano al gruppo evangelico che fin dal suo arrivo ha sostenuto il candidato di destra.
La relazione tra calciatori di Cristo e destra non è campata in aria, soprattutto se si pensa che la Chiesa Pentecostale vede in Bolsonaro un inviato da Dio (il suo nome completo sarebbe Jair Messias Bolsonaro). Già nel 2014 il Pew Research Center aveva mostrato come circa il 47% dei pentecostali votasse repubblicano in America. Ed è proprio dall’America che, secondo Lemes Dias, oltre cinquant’anni fa, questo gruppo evangelico è partito in missione verso il Sud, con l’obiettivo di impiantare la cultura e la visione americana del mondo anche in Brasile; anche se, per essere più precisi, la situazione sembra molto più grave, dal momento che l’arrivo dei movimenti pentecostali in Brasile risale al 1910, e si parla quindi di oltre cento anni di indottrinamento, qualcosa che sembra impossibile da scalfire, ora come ora.
Il triangolo calciatori, pentecostali, destra brasiliana non è una novità di queste elezioni. Già nel 2018 l’appoggio di grandi nomi del calcio al presidente Bolsonaro era stato sottolineato dalla BBC e da altre testate internazionali. Ai tempi i nomi erano del calibro di Cafù, Kaka, Felipe Melo e la star assoluta del calcio brasiliano, Ronaldinho. Tutti nomi legati variamente ai movimenti pentecostali (Kaka versava un decimo del suo stipendio alla sua Chiesa, i cui capi finirono sotto arresto per riciclaggio di denaro). La fede cieca è tanta, per Bolsonaro e per la Chiesa Pentecostale, i nomi sono molti e il loro appoggio a Bolsonaro è andato di pari passo con la strategia del presidente uscente di appropriarsi di tutti i maggiori simboli del Paese, tra cui proprio il calcio in maglia gialla (vi ricorda qualcosa?). La cosa non è piaciuta a tanti fan della nazionale, tant’è che «Al Jazeera» ha raccolto le opinioni di molti tifosi che hanno smesso di indossare le maglie della squadra di calcio del Brasile. Altro che Chiara Ferragni, Elodie e Levante, in Brasile gli endorsment sono reali, massicci, e soprattutto a destra sono pilotati da movimenti evangelici potentissimi e importanti dagli Stati Uniti oltre un secolo fa.
Parliamo di un condizionamento della politica che si è radicato nel tempo e che nasce con il chiaro intento di indirizzare la visione politica della società, attraverso lo sport, i media, e persino dei tribunali speciali per i dissidenti politici (anche questo, non vi ricorda nulla?). Secondo alcune ricerche dell’istituto di rilevazione Datafolha, le Chiese evangeliche andranno a superare in Brasile la Chiesa cattolica, e già contato oltre 7mila atleti nei loro ranghi. Nuovi guerrieri di Dio in rotta per colonizzare, non più con le navi ma con i social, il Sud America. Poco importa della sfiducia che Bolsonaro prova verso la scienza, dalla crisi climatica alla pandemia, così come poco importa che Bolsonaro abbia legittimato indirettamente la violenza politica nel suo Paese (a dirlo è la rivista scientifica «The Lancet» con un suo recente editoriale). Niente di tutto questo potrà scalfire la fede in Cristo. Ben venga la miopia verso le storture del sistema che si tenta, con queste elezioni, di preservare. Neymar e gli altri saranno pure capicannonieri, ma i goal li stanno facendo al loro stesso Paese e non so quanto gloriosa sarà, eventualmente, la vittoria.