Il motomondiale 2020 è finito. Enea Bastianini si è laureato campione del mondo di Moto2, Tony Arbolino ha fatto sognare tutti in Moto3, sperando fino alla fine di riuscire a bissare il successo dello scorso anno di Lorenzo Dalla Porta.
Cos’hanno in comune questi tre piloti? Non fanno parte, oggi, dell’Academy di Valentino Rossi, a dimostrazione che gli italiani sanno andare forte anche fuori da quel meraviglioso mondo che il Dottore ha creato, ormai una decina di anni fa, quando lui e il Sic si davano battaglia alla cava. Certo, chi più, chi meno, tutti e tre, il giro di Valentino Rossi, l'hanno frequentato pure loro, ma negli ultimi anni nessuno di loro si è allenato abitualmente coi ragazzi che ne fanno attivamente parte. Nessuno ha beneficiato del puntuale e preciso programma in cui sono "irregimentati" i piloti che l'Academy ha deciso di prendere ufficilamente sotto la propria ala.
Certo, l'Academy in questi ultimi anni ci ha regalato emozioni, passione, talento. Con Morbidelli e Bagnaia, entrambi campioni del mondo, l’Academy ha dimostrato di essere capace di plasmare talenti grezzi e di trasformarli in campioni veri.
Prima di Morbidelli, infatti, l’ultimo italiano a vincere un mondiale era stato proprio lui, Valentino Rossi, nel 2009. Abbiamo dovuto attendere otto anni prima di vedere un italiano sul tetto del mondo delle due ruote e, probabilmente, l’Academy di Valentino Rossi ha avuto il grande merito, che nessuno può contestare, di dare nuova linfa vitale a un movimento che si era arenato sull'immensità del nove volte campione iridato. Un movimento che si era appassito, che non riusciva più a sfornare piloti di rilievo, qualcuno che fosse in grado di riportare l'Italia sul tetto del mondo delle due ruote.
Oggi, per fortuna, le cose sono cambiate, ma non esiste solo l’Academy. Ed è un bene.
Lo è perché creare una pluralità di talenti, di personalità, di personaggi, significa salvaguardare l'essenza di questo sport: l'antagonismo.
Perché se è vero che è stato bellissimo, nel 2018, vedere Pecco Bagnaia abbracciare Luca Marini alla fine della gara che ha sancito la vittoria mondiale del piemontese, o le congratulazioni di Andrea Migno a Franco Morbidelli dopo la vittoria a Valencia - tutti compagni e amici all'interno dell'Academy - altrettanto e forse ancor più belle sono state, in passato, le lotte tra Agostini e Pasolini, Capirossi e Gresini, Rossi e Biaggi. Aggressività, fame, gioie e dolori, prese per il culo e sfottò che hanno fatto la storia del Motomondiale e che hanno trovato la loro linfa in rapporti conflittuali che difficilmente potranno mai svilupparsi in un ambiente tanto coeso come quello dell'Academy.
Vi ricordate il Gran Premio di Welkom, in Sudafrica, 2004? Prima gara di Rossi con la Yamaha. Nessuno ci crede davvero. Max Biaggi, il suo più grande rivale a quel tempo, è in sella a una Honda, la stessa moto che Valentino ha lasciato solo qualche mese prima. Una sfida epica che alla fine vede vincere Valentino. Biaggi sarebbe potuto tornare ai box, tirare dritto. Invece no. Nel corso del giro d'onore, decide di affiancarlo e stringergli la mano. Dentro probabilmente sta morendo, rosica da matti, ma nessuno può negare a questo sport la bellezza della competizione, della rivalità, della condivisione di un traguardo. Ed è questo che più di tutto, noi vogliamo: la rivalità, la pluralità di talenti e le battaglie in pista, il tutto sempre assieme e quel rispetto tra piloti che non si riserva soltanto a chi è un tuo amico.
Ecco perché siamo così contenti che tutto il sistema Italia del motociclismo abbia dimostrato negli ultimi anni di saper dare vita a così tanti nuovi campioni, a prescindere da ciò che accade dalle parti di Tavullia. Perché le storie che riempiranno i nostri ricordi di domani hanno bisogno anche di questo: dell'incontro di persone dalle storie differenti, di un tipo di competizione che non significhi complicità, di scontri (sportivi) e di sfide senza esclusione di colpi.
Ecco perché siamo così contenti che, in Italia, per quanto gliene siamo grati, non esista solo l'Academy di Valentino Rossi.