Signori, se la MotoGP 2024 sarà quella vista in questo terzo GP di stagione c’è da farsi fare un controllino al cuore. Prima di raccontare come è andata, quindi, c’è da dare una scrollatina alla rubrica e trovare il numero di un qualche cardiologo bravo, perché qua a fine stagione si rischia di non arrivarci. Sorpassi, sportellati, ali che volano, rimonte che neanche vent’anni fa e gran belle storie di rinascita dentro una sola, folle, domenica americana.
Da dove cominciare? Da quello che ha vinto: Maverick Vinales. Ha dominato per tutto il fine settimana, ha centrato la pole e vinto la Sprint di ieri. Poi, però, oggi s’è ritrovato incasinato nel gruppone subito dopo la partenza, fino a chiudere il primo giro in undicesima posizione. Gara finita? Di solito sì quando si rimane indietro in questa MotoGP. Ma se ti chiami Maverick Vinales e hai la Digiannantonite (che è la “malattia” che ti viene quando rischi di restare senza moto per la stagione successiva) allora non ce ne è per nessuno. E non ce ne è stato per nessuno. Grazie anche a una Aprilia che a Portimao l’aveva tradito, ma che a Austin è stata perfetta, fino a permettergli, oltre che di mettere nel sacco i 25 punti, anche di infrangere un record: unico pilota capace di vincere in MotoGP con tre moto diverse. Roba che non era riuscita nemmeno ai campionissimi del passato, con Vinales che troppo spesso, però, s’è dimenticato di essere un campione del presente.
Un altro che un campione vero lo è già e aspetta solo che arrivi il colpo grosso è invece Pedro Acosta, oggi secondo con la sua GasGas, capace di duellare a armi assolutamente pari e senza alcun timore reverenziale con Pecco Bagnaia, Jorge Martin e pure con Marc Marquez. A proposito di Marc Marquez: s’è steso. Ma quando l’anteriore della sua Desmosedici l’ha tradito era in prima posizione e stava spingendo come un forsennato, dando anche l’impressione di poter aprire un gran bel distacco. Ha accarezzato prima il sogno e poi l’asfalto, ma chi dice che Marc Marquez non sarà della partita è accecato dal tifo. Una caduta che sicuramente gli farà una gran rabbia, ma che è arrivata in una domenica importante per tutto quello che ha rappresentato.
Tornando, invece, alla classifica, sul terzo gradino del podio c’è salito Enea Bastianini. E’ partito con i primi, poi ha avuto un calo e sul finire – grazie a quella capacità che ha di guidare quando la gomma non ne può più – ha regolato prima Pecco Bagnaia e poi uno Jorge Martin che proprio non voleva saperne di fargli mettere i piedi sul podio. Lo spagnolo, però, ha dovuto arrendersi all’italiano e anche a qualche problema di troppo sulla sua Desmosedici del team Pramac, a cui probabilmente ha chiesto troppo nelle prime fasi della gara. Dietro di lui Pecco Bagnaia, che ha faticato e non poco sin dai primi giri, ma che sembra essere riuscito a salvare un fine settimana americano che oggettivamente non è stato all’altezza delle aspettative. A preoccupare i piloti che guidano la Desmosedici 2024 ci sono, principalmente, vibrazioni fastidiose che imbastardiscono la guida e che sono state lamentate, oltre che dallo stesso Pecco, anche da Bastianini e Martin. C’è da dire, comunque, che i primi due, ossia Vinales e Acosta, hanno anche scelto la media rispetto a tutti gli altri che invece avevano scelto la soft.
Rimonta importante anche per Fabio Di Giannantonio, sesto al traguardo, davanti a Aleix Espargarò e al suo compagno di squadra Marco Bezzecchi, con le Desmosedici del Team Pertamina Enduro VR46 che hanno quindi centrato entrambe la top 10. A chiuderla, la top10, ci hanno invece pensato Brad Binder e Raul Fernandez, con il giovane spagnolo di Trackhouse che ancora una volta ha messo le ruote davanti a quelle del compagno di squadra Miguel Oliveira. Unica Yamaha al traguardo, infine, quella di Fabio Quartararo, tredicesimo, che ha preceduto Jack Miller e Augusto Fernandez. Ultimo e penultimo “i due fratelli della MotoGP”, Alex Marquez e Luca Marini (la sua è stata ancora una volta l’unica Honda al traguardo), mentre Rins, Mir, Morbidelli e Nakagami si sono stesi.