Ebbene sì, nel tennis esiste ancora il doppio: vive e lotta insieme a noi, parente più povero e cadetto (per dire: vincere il singolare maschile e femminile dell’ultimo Roland Garros portava ai vincitori 2,4 milioni, farlo nel doppio “appena” 590 mila euro, a squadra peraltro, mentre un quarto di finale al singolare valeva 415 mila euro), sostanzialmente invisibile a livello di racconto mediatico. Eppure l’encefalogramma non è piatto e, sebbene i migliori in qualche modo continuino a snobbarlo, la defibrillazione della Coppa Davis, dove con la nuova formula il doppio è diventato più rilevante e lo giocano anche i big, è in qualche modo servita. Così, oggi, anche grazie a risultati di valore come le ultime finali del doppio maschile e femminile all’Open parigino, in Italia si è risvegliato tra gli appassionati un interesse che, in realtà, era più che altro confinato ai tornei circoli. Eppure, a ben guardare, è proprio negli ultimi vent’anni che il tennis italiano ha mostrato di avere coppie molto competitive a livello di slam. Non lo sanno in tanti, proprio perché il doppio non è cool, ma negli ultimi quindici anni le coppie totalmente italiane maschili e femminili (tralasciando il doppio misto) hanno vinto sei tornei dello slam perdendone altri sei in finale, mentre nei cinquanta precedenti di slam ne avevano vinto uno e persi due in finale, e – senza andare all’immediato secondo dopoguerra con Cucelli e Del Bello – parliamo degli anni Cinquanta e di una coppia leggendaria, quella formata da Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola, che trionfò al Roland Garros nel 1959 dopo avere perso in finale a Parigi nel 1955 e a Wimbledon nel 1956.
Ebbene: solo a livello di slam, tra gli uomini nel 2015 Simone Bolelli e Fabio Fognini ottennero un memorabile successo all’Australian Open battendo in finale i francesi Herbert e Mahut, e sempre Bolelli, ma in coppia con Andrea Vavassori, in questo 2024 è giunto sino alla finale sia in Australia (dove i due hanno perso contro il mitologico doppista indiano Bopanna e l’australiano Ebden) che al Roland Garros, con la recente sconfitta contro lo spagnolo Arevalo e il croato Pavic per 7-5, 6-3. Tra le donne è andata ancora meglio: sappiamo com’è finita a Parigi la sfida Sara Errani-Jasmine Paolini contro Gauff-Siniakova (7 6, 6 3), ma la bolognese in doppio, con la storica compagna di squadra Simona Vinci, ha un curriculum notevolissimo: il Roland Garros e l’US Open 2012, l’Australian Open 2013 e 2014, Wimbledon ancora nel 2014, successi ai quali vanno aggiunte le finali della coppia azzurra all’Australian Open 2012 e al Roland Garros 2013 e 2014. Alle coppie tutte italiane andrebbero aggiunte anche quelle con un solo giocatore italiano, anzi una giocatrice italiane, ed ecco allora la vittoria al Roland Garros di Mara Santangelo, partner dell’australiana Alicia Molik, nel 2007 e quella di Flavia Pennetta, con l’argentina Gisela Dulko, all’Australian Open 2011, nonché le finali dell’US Open 2005 (Pennetta con la russa Dementieva), del Roland Garros 2008 (Francesca Schiavone con l’australiana Casey Dellacqua) e dell’US Open 2014 (ancora Pennetta, ma con la svizzera Martina Hingis).
Se a ciò si aggiunge che Pennetta ed Errani sono state anche in testa al ranking mondiale di specialità, mentre Fognini e Bolelli sono arrivati rispettivamente al numero 7 e 8, ha senso sottolineare che il nostro doppio se la passa ancora piuttosto bene, ma solo raramente riesce a intercettare il tifo generalista di chi segue il tennis principalmente (o quasi solo) grazie agli atleti italiani. L’assenza dei più forti del circuito del singolare continua a incidere, l’età media degli specialisti pure: Bolelli ed Errani, per restare agli italiani, hanno 38 e 37 anni, il citato indiano Bopanna ne ha compiuti 44 anni ed è quarto nel ranking Atp dietro al 38enne Granollers, al 39enne Zeballos e al 36enne Ebden, mentre il ranking Wta vede in testa la 39enne Su-Wei Hsieh. Tutti atleti che in singolare non hanno grande notorietà e che, per i non addetti ai lavori, sono sostanzialmente sconosciuti. Il collo di bottiglia è qui, e allora l’unica possibilità diventa quella di alimentare il tifo a livello di coppia nazionale, comunque faticoso. Il Roland Garros forse a qualcosa è servito. Peccato che le sconfitte in finale abbiano fatto scemare immediatamente l’hype.