Il Roland Garros si è appena concluso con la vittoria di Carlos Alcaraz, che ha battuto in finale Alexander Zverev. In molti, però, si sono chiesti come sarebbe andata se ci fosse stato Jannik Sinner, ora numero uno al mondo. Ne abbiamo parlato con Matteo Codignola, scrittore, traduttore e mente della casa editrice Adelphi per quasi trent’anni. Autore, tra l’altro di Vite brevi di tennisti eminenti (Adelphi, 2018), che ha analizzato differenze e similitudini tra Sinner e Alcaraz e ha parlato del grande assente Novak Djokovic, che si è dovuto ritirare per un infortunio al ginocchio: Nole è o non è sul viale del tramonto? Poi Codignola ci ha parlato di altri due italiani come Lorenzo Musetti e Matteo Berrettini, rispondendo alle parole di Luca Bottazzi a MOW. Poi, visto che siamo in pieno mood post elettorale, ci ha spiegato anche come interpretare le frasi del generale Roberto Vannacci sui tratti somatici di alcuni alteti italiani. Tra questi c'è Marcell Jacobs. E infine ha risposto anche a Giancarlo Dotto sulla presunta non italianità dell'altoatesino Sinner.
Come valuta la finale Alcaraz contro Zverev?
È stata una partita confusa, sporca, a tratti illeggibile, come molte, in questo periodo, anche fra giocatori di vertice. Un match non bello, pieno di colpi memorabili - chi ha visto il passante in chop di Alcaraz a metà quinto set se lo ricorderà per un pezzo -, ma anche di errori sconcertanti, e di passaggi a vuoto quasi irreali, come quello di Zverev sempre nel quinto set. Ora, questo in parte è un problema.
Perché?
Perché siamo stati abituati a match che seguono uno spartito, una traccia utile sia a chi gioca che a chi guarda. A volte lo rispettavano, altre se ne allontanavano, ma quasi sempre lo spartito c’era. Ora, di colpo, tutto sembra tutto di colpo sembra procedere quasi a caso, e appassionarsi a qualcosa che non si capisce èpiù complicato. Infatti la finale di oggi, nonostante i suoi continui saliscendi, è stata, per certi versi, abbastanza noiosa. Ma temo che dovremo rassegnarci.
Che cosa sta succedendo?
Negli ultimi tempi pare che tutti, Sinner e pochi altri a parte, abbiano deciso di buttare gli spartiti e di dare agli incontri la forma della jam session. Che, come si sa, è rischiosa: a volte riesce, a volte no. Gli assoli di un virtuoso come Alcaraz sono spesso sublimi, ad esempio, ma non garantiscono che la serata funzioni. Dipende. Però è anche vero che per anni ci siamo lamentati del contrario, e cioè del fatto che quando c’erano in campo quei tre la musica era sempre la stessa. Quindi sì, è un tennis senza padroni, al momento. Ma non è detto che sia un male, vedremo.
A proposito di Sinner, cosa ci dice la sua sconfitta? È più forte Alcaraz?
È sempre molto, molto difficile da dire, a questo livello, e soprattutto in questo caso. Di ognuno, in occasioni diverse - di Alcaraz a Wimbledon l’anno scorso, di Sinner a Parigi in questi giorni, ho pensato, questo se non si fa male vince i prossimi 20 Slam, minimo. Rimanendo ai fatti, ognuno è più forte dell’altro in alcune cose, ed entrambi, per quanto strano possa sembrare, hanno vistosi margini di crescita. La partita di Parigi è stata molto strana, piuttosto deludente, e non fa testo. Con l’eccezione di Sinner nel primo set, e di Alcaraz nel quinto, hanno giocato tutti e due male - si fa per dire - commettendo ogni genere di errori.
Si equivalgono quindi?
Al momento, per sintetizzare, uno (Sinner) è un tennista incomparabilmente superiore sul piano della consistenza e della capacità di lettura del gioco, l’altro (Alcaraz) ha una capacità di invenzione che gli consente di capovolgere qualsiasi partita in ogni momento. Bisogna vedere come riusciranno ad arricchire il proprio blend, procurandosi almeno una parte di quello che ancora gli manca. Non molto, beninteso, in nessuno dei due casi.
Il fatto di essere diventato primo al mondo può averlo demotivato?
Dubito che Jannik conosca anche solo il significato dell’espressione, e se sentisse la domanda credo se la farebbe ripetere, non capendola. No, un professionista di quel livello non perde la motivazione con l’arrivo dei risultati, anzi. E comunque Jannik è all’inizio della carriera. Intendiamoci, per una lunga serie di ragioni, in uno sport individuale come il tennis mantenere il livello è forse la cosa più difficile, ma Jannik era diventato numero 1 48 ore prima. E, a parte che per loro entro certi limiti la classifica è meno importante che per noi, parliamo di un ragazzo cheall’inizio dell’anno ha vinto un torneo importante subito dopo essersi portato a casa il primo Slam. Si tratta di un’impresa vera e propria, che richiede una tenuta psichica non comune.
Come si sarebbe trovato a giocare in finale contro Zverev?
Con lo Zverev di queste due o tre settimane l’ultimo Sinner avrebbe potuto tranquillamente perdere. Jannik è nettamente superiore, ma al momento, su quella superficie, Zverev devi batterlo. Devi mandare di là qualche sua prima, tirare forte quanto lui, e stare in campo anche quattro o cinque ore senza cali. Non è uno scherzo, neanche per Sinner o per Alcaraz.
Djokovic invece è sul viale del tramonto?
Per via della carta d’identità, inevitabilmente, e da un infortunio di quel genere, a quell’età, non è detto uno si riprenda. Specie se lo subisce nel cuore di una delle sue ultime stagioni, a due mesi da un obiettivo dichiarato, e a questo punto molto a rischio, come le Olimpiadi. Poi ognuno decide come uscire di scena, ma Nole ha visto Federer, proprio per colpa di menischi a pezzi, perdere 6-0 il suo ultimo set a Wimbledon. Dubito voglia ripetere l’esperienza. Fin qui il suo ultimo risultato è stato una vittoria per certi versi sensazionale come quella su Cerundolo. È caduto sul campo, e potrebbe anche decidere che gli va bene così.
E Berrettini si riprenderà mai? Luca Bottazzi a MOW ha detto che se non torna sull’erba è la fine dei giochi.
Credo sia un po’ più complicato di così. Uno non può basare il rientro sulle tre settimane di erba disponibili. Il problema sono le altre 44, 45, e a quanto se ne sa il fisico di Berrettini non gli consente più di affrontarle. Il che lascia un grande rammarico. Matteo è un tennista sulla carta fortissimo, molto bello da vedere, e alcune sue partite sono ancora negli occhi di tutti. Il che è parecchio più di quanto buona parte dei suoi colleghi possa dire di sé. Anche se non sono sicuro che basti, quantomeno all’interessato.
Musetti ha sprecato l’occasione della vita contro Nole?
Ma no. In questo scorcio di 2024 Nole ha perso da parecchi, anche molto più modesti di Musetti, quindi batterlo di per sé non sarebbe stata un’impresa. Purtroppo contro di lui Nole è sembrato per lunghi tratti Nole, quindi un giocatore, semplicemente, di un altro livello. Oltre che con un’altra aura, che è sempre un fattore determinante, al momento giusto. Però Musetti sta crescendo molto, e comincia a usare il suo smisurato talento in un modo più produttivo. Ha dieci o quindici anni davanti, gli darei tempo. Non tutti esplodono in fasce.
Nello sport, in generale, alcuni atleti italiani, tra cui Jacobs, la Egonu o la Paolini, secondo la teoria di Vannacci, vista la differenza di tratti somatici, è come se non fossero italiani. Concorda?
Quelle di Vannacci non sono teorie, sono battute da caserma che, per disgrazia, sono uscite dalla caserma. È un peccato che nel mondo esterno un fine intrattenitore da camerata come il generale sia stato preso così sul serio, ma ormai è successo.
Giancarlo Dotto ha detto a MOW che Sinner è "un amorevole straniero che ha iniziato ad amare l'Italia". Questo pur essendo lui nato in Italia. Lei cosa pensa?
Fino a oggi il tennis, fra i suoi vanti, ha avuto quello di essere immune dalla lebbra del nazionalismo. Uno teneva per i suoi, ma molto prima, per il gioco. Però temo l’aria stia cambiando, almeno in Italia. Ora, può tranquillamente darsi che i trisavoli di Jannik non fossero italiani, e in quel caso è praticamente certo che non abbiano chiesto al generale Cadorna di diventarlo. A sentire certe fesserie, però, è difficile dargli torto.