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Ok, ma che ca**o succede
a Sky con mille dipendenti
a rischio e cambierà
qualcosa nel motorsport?

  • di Andrea Muratore Andrea Muratore

14 marzo 2023

Ok, ma che ca**o succede a Sky con mille dipendenti a rischio e cambierà qualcosa nel motorsport?
È in corso una rivoluzione a Sky, ma perché i lavoratori sono in fermento? 1200 dipendenti in Italia su 4mila complessivi saranno interessati da attività di riposizionamento professionale, re-training e ristrutturazione delle rispettive competenze o invitati a un percorso concordato di esodo e prepensionamento. Cosa succede davvero nella pay-tv che si è confermata la televisione a pagamento di riferimento per i motosport: dal 2019 in avanti la società ha il controllo pressoché esclusivo della trasmissione delle gare di MotoGp, Superbike, Formula 1 e Formula E

di Andrea Muratore Andrea Muratore

Sky Italia vuole ristrutturare il suo organico per modificare le linee di business? Questa la chiave di lettura che maggiormente si confà, a nostro avviso, alle strategie della filiale italiana della società del gruppo Comcast, che gestisce l’omonima Pay Tv. Circa 1200 dipendenti di Sky Italia su 4mila complessivi saranno interessati da attività di riposizionamento professionale, re-training e ristrutturazione delle rispettive competenze o invitati a un percorso concordato di esodo e prepensionamento. Per i sindacati confederali, uniti in una singolare comunione d’intenti, si adombra su Sky la prospettiva di un taglio massiccio di posti di lavoro. La società di Rogoredo, però, si è giustificata motivando l’ampliamento del programma da 400 a 1200 persone con la necessità di re-internalizzare alcuni servizi, dare struttura a nuovi modelli di business e tagliare i costi eccessivi di attività date in outsourcing con l’utilizzo del proprio personale. Sky ammette che “il re è nudo” e che il suo modello di business per l’Italia rischia di arrivare verso una crisi strutturale. Fino ad ora il gruppo era riuscito a gestire l’onda lunga della crisi pandemica, la perdita della maggioranza dei diritti televisivi per la Serie A e la concorrenza sleale delle piattaforme pirata di trasmissione di eventi televisivi senza naufragare. Certo, nel 2021 Sky aveva perso oltre 720 milioni di euro su 2,6 miliardi di euro di fatturato e da fine 2020 a oggi è scesa da 4,9 a 4,1 milioni di abbonati totali tra le sue piattaforme tradizionali e Now Tv. Ma i numeri non sono quelli inizialmente tenuti di un travolgente fuggi-fuggi dalla storica regina delle Pay tv italiane.

La sede di Sky
La sede di Sky

Tra i fattori che hanno consentito di non affondare, una discreta capacità di diversificazione dei business core oltre al solo calcio. Ad esempio, Sky si è confermata televisione a pagamento di riferimento per i motosport: dal 2019 in avanti la società ha il controllo pressoché esclusivo della trasmissione delle gare di MotoGp, Superbike, Formula 1 e Formula E. Per questo motivo, per gli appassionati di motori non dovrebbe cambiare praticamente nulla: ieri, come oggi, i motori sono uno zoccolo duro del palinsesto di Sky Italia. E la loro importanza si è a maggior ragione rafforzata oggi alla luce della perdita dei diritti prevalenti sul calcio. Il Ceo Andrea Duilio ha preso la palla al balzo di una situazione non disastrosa per scommettere sull’unica via d’uscita per il gruppo: una ristrutturazione aziendale capace di prendere atto della fine dell’età dell’oro e della caccia alle nuove opportunità di business.

Davide Valsecchi e Federica Masolin
Davide Valsecchi e Federica Masolin

Sky, in tal senso, vuole personalizzare maggiormente la sua offerta attorno a proposte cucite attorno ai clienti; negli anni è gradualmente scesa il costo della componente abbonamenti, sono state lanciate piattaforme come Sky Glass o la connessione Sky Wi-Fi. La sfida è quella di rispondere a una situazione difficile acuita dall’entrata in campo delle piattaforme streaming, le cui economie di scala, unite alla forza economica e all’assenza pressoché totale di costo del lavoro nel nostro paese, stanno mettendo a dura prova l’esistenza dei broadcaster tradizionali. Al cui modello di business, fondato su costi del personale sormontanti rispetto alle attività tradizionalmente esternalizzati, Sky Italia si è conformato. La ristrutturazione è dunque in sé e per sé una strategia ambiziosa che mira a tracciare un solco: da un lato chi vuole continuare a restare nel perimetro Sky, dall’altro chi è incentivato verso l’esodo dal gruppo. Nel mezzo, una svolta netta, finora mai completata, verso decisioni data-driven, lo sviluppo di competenze tecnologiche e l’ampliamento del customer care a servizio di clienti fidelizzati la cui ulteriore perdita sarebbe rovinosa per Sky. In attesa che dalle piattaforme assicurative Sky Protect al servizio di telefonia Sky Mobile i ritrovati presto messi in campo nel Regno Unito arrivino in Italia a diversificare ulteriormente l’offerta della compagnia. Il punto debole di questa strategia è l’eccessiva ampiezza del perimetro interessato in tempi brevi, che ha comunicato a sindacati e lavoratori l’impressione che si trattasse di forme surretizie di tagli al personale indotti con la scusa del re-skilling. A aggiungere maretta la voce secondo cui la Lega Serie A sarebbe pronta a mettere sul campo due miliardi di euro per comprare Sky Italia e farne la piattaforma di base per uno streaming proprietario di trasmissione dei suoi match nel prossimo futuro. Per ora Comcast ha fatto muro, ma il timore che eventuali piani di riqualificazione del personale siano funzionali a snellire il gruppo in vista della vendita potrebbe serpeggiare tra sindacati e dipendenti. Sky vive una fase delicatissima per capire quale sarà il suo futuro. E dovrà muoversi, programmandolo giorno dopo giorno, con attenzione evitando strappi con il suo asset più prezioso: le persone che giorno dopo giorno permettono a quello che è ancora un emittente tradizionale di continuare a esistere. E dunque immaginare un futuro.

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