Campionessa europea nel 2019, bronzo olimpico a Tokyo 2021, di nuovo sul tetto d’Europa nel 2022, fresca vincitrice del titolo mondiale di boxe (25 marzo 2023): Irma Testa, classe 1997, peso piuma, è l’immagine trionfale del pugilato azzurro, non solo di quello femminile ma più in generale dell’intero movimento italiano. Perché la boxe, disse ai tempi dei Giochi in Giappone, “è lo sport più affine alla personalità di una donna, perché sul ring non basta picchiare; devi essere razionale, leggere nel pensiero dell’avversario, anticiparlo, sacrificarti, scegliere in fretta la tattica e la soluzione giusta”. Alla faccia di chi sostiene che non sia uno sport da femmine, e del resto fu proprio lei a riportare una medaglia olimpica all’Italia (la prima femminile) dopo lo zero di Rio 2016, seguito amaro dei tempi di Roberto Cammarelle, Clemente Russo e Vincenzo Mangiacapre.
Testa ha ottenuto l’oro iridato a Nuova Dehli, battendo nei -57 kg ai punti la kazaka Karina Ibragimova, peraltro superata sempre ai punti anche lo scorso dicembre, nella IBA Champions’ Night di Abu Dhabi: è la terza italiana a vincere il titolo dopo Stefania Bianchini e Simona Galassi. Trionfi in serie, quelli di Irma Testa, capace di vincere in tutte le rassegne pugilistiche più importanti. Nata a Torre Annunziata in un contesto che ha sempre definito non semplice, tira pugni dall’età di 12 anni, seguendo ciò che faceva la sorella (in famiglia non c’era il denaro per iscriverla ad altre discipline più costose), ed è diventata così allieva del maestro Luca Zurlo della Boxe Vesuviana, colui che di fatto l’ha strappata dalla strada e ne ha cambiato il destino, scovandone il talento e continuando a credere in lei. “Ero una ragazzina che non sapeva nemmeno parlare in italiano”, ha ricordato, e per lei la boxe ha rappresentato un mezzo, uno strumento di affermazione, le ha consentito di girare il mondo, di conoscere, di capire.
Testa si è trasferita a 14 anni ad Assisi, sede del centro tecnico nazionale della federazione pugilistica, ed è da allora che vive in Umbria: tesserata per il gruppo sportivo delle Fiamme Oro, raccontata in un libro biografico (Cuore di pugile) di Cristina Zagaria, è soprannominata “Butterfly”, la farfalla, e proprio dal soprannome ha preso il titolo un docufilm (premiato con il Globo d’oro e tuttora disponibile su Amazon Prime) uscito nel 2018 che ne raccontava la storia e il momento di delusione e riscatto vissuto dopo la partecipazione alle Olimpiadi di Rio (prima pugile italiana in assoluto), quando non era ancora la cannibale odierna, sebbene avesse alle spalle già il titolo mondiale juniores ottenuto nel 2015 a Taiwan.
Al di là del profilo sportivo, Irma Testa è diventata un’icona nella rivendicazione dei diritti LGBT anche grazie al coming out nel 2021 dopo Tokyo, “perché non volevo più nascondermi, anche se l’avevo detto a mia madre quando avevo 15 anni, e lei è stata una roccia”, e allo stesso modo si è impegnata per una campagna contro la violenza sulle donne del Comune di Napoli (#IoLotto) e non ha mai fatto mancare il proprio sostegno pubblico alle cause sui diritti civili. E quelle contro i pregiudizi di chi non consente alle ragazze di approcciarsi al pugilato perché la boxe non sarebbe adatta alle donne. E invece, come dice e dimostra sul ring e nella vita, “la boxe è femmina”.