Squadra che vince non si cambia, si dice, ma magari se si fa uno sport diverso forse è meglio pensarci due volte a schierare la stessa formazione. Forse è quello che sta pensando Alessandra De Stefano, direttrice di RaiSport e della Direzione Sport da poco più di un anno e dea ex machina – autrice e conduttrice – del Circolo dei Mondiali, talk show che, in seconda serata (ma si tratta di una seconda serata per modo di dire: l’inizio è alle 22.15), allunga lo spazio dedicato dalla Rai alla rassegna calcistica in corso in Qatar, della quale ha i diritti in esclusiva. Ora, il Circolo dei Mondiali ripropone il medesimo e fortunato format con il quale, nell’estate delle Olimpiadi di Tokyo, De Stefano – non ancora direttrice di testata – rinfrescò l’offerta Rai: era, allora, il pluripremiato Circolo degli Anelli, trasmissione sportiva di intrattenimento ma ibrida, un po’ talk show un po’ varietà, estremamente nazionalpopolare anche perché, al suo fianco, portò ospiti fissi conosciutissimi e amatissimi da un pubblico agée come quello del servizio pubblico, vale a dire gli olimpionici d’antan Sara Simeoni e Jury Chechi, in versione amici del circolo appunto, non certo quali pedanti analisti.
Gli stessi che, mutatis mutandis, si trovano anche oggi a discettare di calcio, ma se allora la loro presenza aveva un senso (e poteva contare sul traino emotivo della miglior Olimpiadi di sempre per gli azzurri), con il calcio – e con l’Italia a casa – non bastano Bobo Vieri, né De Zerbi, né Mancini a risollevare gli ascolti di un teatrino che raramente è arrivato in doppia cifra in termini di share, e i dati dicono che gran parte di coloro che si sintonizzano sulla gara delle 20, poi, al fischio finale abbandonano la rete. Semplicemente la compagnia di giro olimpico, col calcio, non funziona: non funzionano le mise e i commenti dell’ex altista, non funziona l’orchestrina, non funzionano il biliardino o il Mentana una tantum – a tratti pare scimmiottare il primo Quelli che… il calcio, che era certo innovativo e rivoluzionario, ma è storia di trent’anni fa – e così la voce roca della direttrice che il Circolo l’ha voluto rischia per paradosso di simboleggiare un programma tutt’altro che acuto, a prescindere dalla dichiarazione di poetica con la quale, all’inizio della prima puntata, De Stefano ha spiegato il punto di vista suo e della Rai sull’evento. “Questo Mondiale non si sarebbe dovuto giocare. O meglio non si doveva assegnare al Qatar, che si è offerto allo sport più bello del mondo calpestando i diritti umani, corrompendo, imbrogliando, grazie alla complicità dei signori del football, che glielo hanno venduto nel 2010 (...). Noi ci siamo interrogati sul senso di questo Mondiale senza l’Italia. Aveva senso fare la trasmissione? Aveva senso tenerlo in esclusiva? Decidere non è stato facile, poi ci siamo detti che il Mondiale è di tutti, e non di qualche privilegiato”, questo il suo intervento.
56 anni, origini napoletane, prima donna a dirigere la testata sportiva della tv di Stato, descritta come figura grintosa e decisa, Alessandra De Stefano è in Rai dal 1992 e i gradi in Rai li ha guadagnati nel tempo, seguendo il cursus honorum sino alla poltrona più prestigiosa, anche se deve la notorietà al grande pubblico al ciclismo per gli anni da inviata al Giro d’Italia e al Tour de France e conduttrice del Processo alla tappa della corsa rosa. Al ciclismo deve in qualche misura anche parte significativa del suo privato, essendo sposata con il giornalista de L’Équipe Philippe Brunel, molto noto anche in Italia grazie al successo del suo libro Gli ultimi giorni di Marco Pantani, uscito nel 2008 per Rizzoli. Sul profilo Instagram di De Stefano la commistione è palese già nella bio, scritta in un curioso pidgin anglo-italo-francese: “Naples/Rome/ Paris/journalism/ scrittura/l’importance des mots/voyager/découvrir/specially Paris ensemble #Monparisamoi”.
Da quando dirige la testata le scelte sono sostanzialmente sue e di conseguenza a lei sono rivolte le proteste delle rappresentanze sindacali dei giornalisti Rai. Su tutte quella, tipica, di ingaggiare risorse esterne, che in viale Mazzini è un classico, ma decisioni come quelle prese per i Mondiali (la BoboTv istituzionalizzata, il Circolo in odore di flop, la scelta di chi inviare a Doha e chi lasciare a Roma), per i quali la Rai ha i diritti esclusivi per l’Italia, sono già nel mirino dei critici, delle fronde interne e di chi mira a farle le scarpe.