Della MotoGP venduta a Liberty Media, compagnia statunitense già proprietaria della Formula 1, si parla da mesi, se non anni. Ora pare che le principali società che controllano Dorna (su tutte Bridgepoint e il Canada Pension Plan Investment Board) abbiano accettato, assieme a Carmelo Ezpeleta, un’offerta di 4 miliardi. Questo, almeno, secondo quanto riportato dal Financial Times, che indica anche il weekend del GP delle Americhe (ad Austin, dal 14 al 16 aprile) come il terreno ideale per dare l’annuncio.
Che Dorna abbia fatto l’impossibile per generare un nuovo interesse nella MotoGP e farsi apprezzare dagli Stati Uniti non è un mistero: i giri di pista sul carro da parte dei piloti, la fan zone, la nuova sigla, una marea di contenuti social, la serie MotoGP Unlimited e addirittura le Sprint del sabato sono servite principalmente a questo. Ora per Don Carmelo è soci pare sia venuto il momento di riscuotere. Nel caso le cose dovessero davvero andare così, staremmo per vivere una lunga serie di cambiamenti.
Il problema del monopolio e la vendita della F1
Gli organi che regolamentano il monopolio, in Europa, hanno già evitato una volta che la stessa società gestisse i diritti di MotoGP e Formula 1 in contemporanea. All’epoca, quasi vent’anni fa, la CVC Capital Partners (che possedeva entrambi i campionati) venne costretta a cedere il motomondiale proprio per una questione legata al monopolio sui diritti televisivi del motorsport. Difficile dire come potrebbero andare le cose stavolta, ma tutto sommato l’operazione di Liberty Media potrebbe favorire enormemente il motomondiale, per lo meno in termini di introiti e risalto mediatico.
Il prossimo passo del colosso statunitense, una volta portato a termine l’acquisto della MotoGP, potrebbe essere quello di vendere la Formula 1, acquistata nel 2017. In meno di dieci anni Liberty Media ha portato il mondiale a ruote scoperte a introiti che sarebbero stati inimmaginabili nella gestione Ecclestone, forte (anche) della serie Drive To Survive su Netflix. Per Liberty potrebbe essere il momento di vendere, in modo da capitalizzare al massimo i risultati ottenuti finora e concentrarsi sul motomondiale per ottenere un profitto simile. Gli acquirenti per la Formula 1, specialmente dai paesi arabi, non mancherebbero, così come non mancherebbero ampi spazi di manovra per rendere la MotoGP uno sport più internazionale.
Così vincono tutti (o quasi)
Dall’altro lato della barricata Dorna può approfittare della situazione, lasciando il controllo del campionato dopo aver sfruttato gran parte della carriera di Valentino Rossi nel motomondiale. Perché è stato il 46, in fin dei conti, a generare nel campionato interessi economici e mediatici che altrimenti avrebbero richiesto tutt’altro impegno da parte del promoter. L’approccio statunitense alla MotoGP può generare introiti, benessere e spettacolo, perché è di questo che si nutrono oltreoceano. Poi chissà, magari vedremo nuove categorie, specialmente in Superbike (anch’essa di proprietà di Dorna) dove la categoria King of the Baggers nel campionato americano sembra funzionare ancora meglio delle corse come le conosciamo.
Al contempo l’orda di appassionati da bar che si scaglia contro Dorna in quanto spagnola, arrivando addirittura a parlare di “mafia spagnola”, potrà rilassarsi: Liberty Media è americana e più che portare nuove squadre come Trackhouse, nuovi (o vecchi) circuiti come Indianapolis e Laguna Seca su cui nessuno avrà da ridire, non tenterà certo lanciare in MotoGP un manipolo di yankee con la mania del motore. Anche se fosse poi, una nuova ondata di americani appassionerebbe i nostalgici del periodo d’oro delle corse, quello dei vari Kenny Roberts, Kevin Schwantz, Eddie Lawson, Freddie Spencer, Wayne Rainey e tanti altri. Comunque vadano le cose, la MotoGP è nel pieno del cambiamento e sarà bello farne parte.