Gennaro Gattuso nuovo CT della nazionale è il risultato di una Federazione che brancola nel buio. Nulla da dire sull’uomo, il calciatore Campione del Mondo, il professionista esemplare e nemmeno sulla passione che trasmette anche da quando indossa gli abiti dell’allenatore. Ringhio da Corigliano Calabro è un esempio positivo in questo calcio tutto figurine, gel nei capelli e contratti milionari. Trascinatore come pochi, resiliente e con la giusta dose di carica emotiva per rimettere sui binari un gruppo di ragazzi che sembrano aver perso la via che porta ai Mondiali del prossimo anno. E per la terza volta consecutiva non si può fallire. Sarebbe un disastro assoluto.

Però poi c’è da fare la valutazione sull’allenatore e su come siamo arrivati a questa decisione. Esclusa la promozione con il Pisa dalla Lega Pro alla serie B nella stagione 2015/2016, il resto del suo percorso sono una collezione di delusioni, esoneri o dimissioni burrascose, a partire dalla brevissima parentesi con il doppio ruolo nel Sion in Svizzera, conclusasi con un clamoroso 0-5 in casa contro il San Gallo.
Gattuso ha nel suo DNA il cromosoma del giramondo. Giovanissimo, quando mordeva le caviglie agli avversari, aveva deciso di lasciare Perugia per dare una svolta alla sua carriera ed era volato il Scozia, a Glasgow sponda Rangers. Da allenatore, lo stesso, non si è risparmiato. Il primo incarico ufficiale è stato in Grecia, all’Ofi Creta. Sette partite e sulla scrivania del presidente arrivano le dimissioni, poi posticipate alla fine dell’anno solare. Quindi è la volta del Pisa, dove ancora oggi è l’eroe di una piazza tornata a splendere e che anche grazie a lui aveva festeggiato una promozione con una società, all’epoca, sull’orlo del fallimento. Un successo.
Sembrava il momento del grande salto per Ringhio: il Milan, la squadra dove era diventato un campione pluridecorato, gli affida la squadra Primavera. A stagione in corso, in seguito all’esonero di Montella, viene promosso in prima squadra. Non decolla, anzi stenta in tutte le competizioni, fino alla fine della stagione 2018/19 in cui manca la qualificazione alla Champions League per un punto. Esperienza negativa per il Gattuso allenatore, ma che nel momento della separazione fa emergere l’uomo che, nell’accordo di rescissione del contratto con i rossoneri, rinuncia a 11 milioni lordi per far avere, a tutto il suo staff, l’intero compenso delle sue stagioni successive.
A De Laurentis piace e lo chiama a Napoli dove deve sostituire Carlo Ancelotti. Vince la Coppa Italia la prima stagione, ma gli azzurri non decollano mai e mancano per due volte la qualificazione in Champions League. Finisce l’esperienza così così, senza lasciare grandi ricordi a Fuorigrotta. E’ questo il momento in cui la carriera del nuovo Commissario Tecnico della Nazionale, prende una direzione precipitosa. Le chiamate ci sono, ma non finisce mai bene.
Alla Fiorentina salta tutto prima di iniziare, a Valencia è un disastro con il crollo della squadra in zona retrocessione, a Marsiglia la stagione è grigia e si interrompe a febbrario. In Croazia, con l’ambizioso l’Hajduk Spalato, non arriva nemmeno un trofeo, oltre al deludente terzo posto in campionato. Finisce anche qui ai saluti non proprio benevoli, ma nonostante tutto, alle porte di una caldissima estate 2025, per Gennaro Gattuso arriva l’opportunità più prestigiosa: la Nazionale. Quantomeno i dubbi lasciateceli avere.

Non solo nel calcio, ma nel mondo del lavoro combattiamo perché, prima di tutto, si premi la meritocrazia. Soprattutto, come quando in questo caso, si va a ricoprire un ruolo di Stato. Ringhio è l’allenatore della squadra di calcio che rappresenta il paese Italia, non un’azienda privata. E allora ci chiediamo perché dovremmo accettare senza spirito critico tali esempi, semplicemente perché questo è il calcio e Gennaro ci sta simpatico per ciò che rappresenta. E’ un Campione del Mondo e un uomo di valori coerenti e profondi, ok è indiscutibile. È stato un calciatore simbolo di una generazione che ha in bacheca, oltre a successi incredibili con il Milan, anche un Campionato Europeo con l’under 21 azzurra, 87 convocazioni, 73 presenze e ha alzato la Coppa più importante di tutte nel 2006, a Berlino. Bene.
Ma merita di diventare l’allenatore dell’Italia? Perché qui c’è da mettere in campo una squadra competitiva che si salvi dalla mediocrità e dalle sconfitte e si presenti ai Mondiali 2026. E le premesse di un tecnico che ha collezionato più esoneri che partite vinte, onestamente, non ci fanno stare tranquilli. L’ennesima prova che anche il calcio italiano ormai sia un meccanismo di potere, politica e amichettismo. E se serviva l’uomo che potesse dare una strigliata a ragazzi che non conoscono più il significato della maglia azzurra, andava bene Gattuso come motivatore. Ma poi si doveva prendere un allenatore.
