Un anno di contratto a Gennaro Gattuso. Ora è ufficiale: sarà lui a sostituire Luciano Spalletti come ct della Nazionale. Nello staff ci potrebbero essere Leonardo Bonucci, Andrea Barzagli, Gianluca Zambrotta e Simone Perrotta. Tutti (tranne Bonucci) campioni del mondo nel 2006. Alla scrivania sempre Gigi Buffon. La speranza è che, quasi per osmosi, possano infondere mentalità vincente agli azzurri di oggi, le cui ambizioni sono decisamente meno importanti: al mondiale, prima di vincerlo, bisogna andarci. La speranza è che la “corazzata” norvegese possa fare qualche passo falso, che i nostri possano farsi forti di qualche “goleada” con Estonia e Moldavia per migliorare la differenza reti. Ma quando le speranze sono troppe si finisce per rimanere delusi. Il tono degli ultimi giorni è quello dei momenti drammatici: bisogna rifondare, serve l’uomo giusto, una scossa. Ogni tanto spuntava una parola: programmazione. Quest’ultima esclude le altre cose. Per programmare non basta una rifondazione, serve un obiettivo; per programmare è inutile scegliere l’uomo giusto (anche se fosse stato il “santo” Claudio Ranieri); per programmare le scosse non sono per forza necessarie. Visione, obiettivi a lungo termine, investimenti sui settori giovanili: mantra ripetuti allo sfinimento. Cose banali, probabilmente, ma comunque vere.

Gigi Buffon lo aveva anticipato, ora c’è anche il comunicato: “Gattuso è un simbolo del calcio italiano, l’azzurro per lui è come una seconda pelle. Le sue motivazioni, la sua professionalità e la sua esperienza saranno fondamentali per affrontare al meglio i prossimi impegni della Nazionale”. Già nel linguaggio si guarda al passato, il concetto di seconda pelle ormai talmente abusato da aver perso ogni presa con il reale. L’affezione a una maglia è secondo molti un sentimento difficile da ritrovare nelle nuove generazioni. Forse è davvero così. Dove non arriva il fuoco patriottico, deve arrivare il progetto tecnico. Anche qui: dopo il 3 a 0 ecco l’invidia per la Norvegia che può contare “su uno come Nusa”, beati loro; il problema è la rosa; troppa poca tecnica, nelle nostre scuole calcio. E, ancora, quella parola: programmazione. Gennaro Gattuso si trova in mano una squadra spenta, demotivata, con poche certezze tattiche e la paura del fallimento. E un solo anno di contratto. “Portaci al mondiale, poi vediamo”, l’intenzione, tra le righe, di Gabriele Gravina e della Figc. Troppo tardi per andare per il sottile: prima i risultati. Alla faccia della programmazione.
