“È la febbre della gioventù che mantiene il mondo alla giusta temperatura. Quando la gioventù si raffredda, si finisce per battere i denti”. George Bernanos l’ha scritto facendo riferimento alle generazioni, ma vale anche per la storia di ognuno. La solita storia di chi conta gli anni e di chi, invece, prova a restare giovane per mantenere quella temperatura lì che è esattamente quella perfetta per conservare (o onorare) la vita. E poi George Bernanos, siete liberi di non crederci, per le motociclette ci andava matto e forse perché, al di là della sua opera, quei pezzi di ferro lì che fanno battere il cuore erano una sorta di appiglio alla parte felice di uno scrittore radicato nel pessimismo, ma capace di pure di passaggi così: “la più alta forma di speranza è la disperazione vinta”.

Competizione, insomma, anche davanti a tutto quello che può succedere. Ecco, a George Bernanos, a quella passione incredibile per le motociclette e a quei passaggi su come onorare la vita al di là di tutte le sfide che propone, è venuto da pensarci nel bel mezzo di una domenica di Superbike a Misano. Perché su una parte del Paddock, quasi in disparte rispetto al solito alveare di colori, abbiamo trovato una storia da raccontare. E, forse, pure il vero eroe di tutti i giorni che diventa eroe del giorno anche in mezzo a quelli che gli eroi li fanno per mestiere. Capelli bianchi e Panigale V4 gialla col 50 sul cupolino. Mentre il numero dei suoi anni è più alto: 75. Si chiama Paolo Baietti e sì, a Misano ci sta in veste (anzi, in tuta) di pilota. “E’ l’ultima che farò – dice abbassando per un attimo due occhi che per tutto il tempo di un intervista ti hanno fatto chiedere dentro chi dei due fosse quello vecchio – la regola è che oltre i 75 non si può rinnovare la licenza. Mi dicono tutti che c’è qualche strada per provare a ottenere una deroga, ma a me mica va. Non perché non voglio più correre, ma perché le regole vanno rispettate e non va bene andare cercando sempre modi per sgattaiolare via o fare diversamente. Quindi va bene così, la V4 Elite Cup sarà la mia ultima competizione e voglio godermela”.

La prima, al di là di quello che si potrebbe pensare, l’aveva corsa appena 4 anni fa, a 71 anni. “In pista ci sono sempre andato, le moto sono state sempre una mia grande passione, ma la prima gara vera, con tanto di riconoscimento della Federazione, è stata nel 2021 – dice ancora – Non sono uno che vince, ma godo come un matto a correre e poi mi dicono sempre tutti che ho una costanza da pilota vero. Anche ieri qui a Misano, in Gara 1 di questa V4 Elite Cup, ho tenuto praticamente lo stesso crono a ogni giro. Solo che mi dicono che piego troppo, tanto che dobbiamo fare una modifica alla pedana e alla leva del freno per la gara di oggi, ma mica è colpa mia se adesso la tecnica è cambiata: ai miei tempi bisognava buttarla giù tanto la moto e restare un po’ più su col busto per performare. E poi dai, l’old style è più bello anche da vedere”.
Entusiasmo, battuta pronta, una mano sempre su quella Panigale gialla quasi a accarezzarla per tutto il tempo dell’intervista e qualche perla sul minimo comune denominatore di tutti noi: la passione. “Che mi dicono a casa? Cosa vuoi che mi dicano: sono contenti. Non puoi mica pensare, per egoismo o per una tua paura, che chi ami non debba essere felice. Io sono felice a fare questo e mia moglie, che è qui insieme a nostro figlio, è chiaramente contenta. Non voglio dire che gli anni che ho non me li sento, perché secondo me chi dice coì dice una cavolata: bisogna sempre stare al vero delle cose. Però mi sento di vivere così questi anni, nell’assoluta certezza che la vita è troppo breve e che tutto quello che lasci indietro poi rischi di non poterlo fare più. In questo modo anche i sacrifici vengono più facili, perché sono in funzione di qualcosa che ti rende felice”.

Niente di pesante, nessuna pretesa di insegnare qualcosa, solo un entusiasmo che è contagioso e la pazienza di stare lì a raccontare a chi pensa che la sua storia sia speciale. Una storia che invece lui, Paolo Baietti da Bologna, anni 75, considera normalissima. “Con la passione per le moto ci sono nato – racconta ancora – Secondo me è una roba che hai dentro: ne vedi una e ti batte il cuore e magari sei così piccolo da non sapere nemmeno che quella è una moto. Poi è arrivata una Morini 125, era il 1965, e è stato l’incontro che mi ha folgorato definitivamente, insieme alle storie di Jarno Saarinen, alle vittorie di Giacomo Agostini. Forse oggi la Superbike mi piace un po’ di più della MotoGP. Per chi faccio il tifo? Per Nicolò Bulega e mi piace tanto anche Danilo Petrucci per il ragazzo che è, ma riconosco che questo turco,Toprak, è forte veramente. Per la MotoGP ti dico Pecco Bagnaia. Sì, Marc Marquez non si discute e è evidente quanto sia forte, però ci si appassiona a un pilota anche per altri aspetti e Marquez non mi rimane proprio simpaticissimo, fermo restando l’enorme e sovraumano talento che ha. Comunque, come avrai capito, è la Ducati il marchio che porto nel cuore, anche se di moto ne ho guidate tante e di tutti i tipi. Per la strada, adesso, ho una vecchia 1600, sei cilindri, con cui vado proprio a spasso, perché purtroppo per strada si muore: meglio la pista. Questa Panigale V4 con cui mi sono iscritto alla V4 Elite Cup, invece, è come una bambina, su cui a occhio e croce ho buttato più di cinquantamila Euro (ride, ndr)”.
Sacrifici che si fanno. Soldi che ci vogliono. “Vivo a Bologna e sono un rappresentante, mi occupo principalmente di vini, nella vita di tutti i giorni. Insomma dai, ho lavorato e lavoro come tutti e non mi lamento – prosegue – sì, tra i 26 piloti di questa V4 Elite Cup che Michele Pirro e Ducati si sono inventati mettendo in piedi una cosa così meravigliosa che solo chi la vive può capire fino in fondo, c’è gente che viene anche dall’altra parte del mondo e comunque qua siamo tutti uguali. Di sicuro, inutile prenderci in giro, il nostro è uno sport costoso. Quando sento dire che i giovani non si appassionano più e non ci provano più nel motorsport mi viene un po’ da rispondere ‘ok è vero, ma se costasse tutto un po’ di meno sarebbe lo stesso?’. Evidentemente, però, non si può fare in maniera diversa e se le cose stanno così non c’è da stare a polemizzare, perché si vede che ora è così è basta. E' vero pure che prima si andava molto di più in strada con i motorini o le moto, ma adesso un po' li capisco i genitori che hanno paura perchè per strada è pieno di gente che non guarda niente e non ha rispetto di nessuno. Cosa m’aspetto dalla gara di oggi pomeriggio qui a Misano? Di divertirmi come un matto come sempre, di non pensare a niente che non sia ciò che sto vivendo in quel momento: forse le moto fanno battere così tanto il cuore perché hanno proprio quella capacità lì”.
