Lionel Messi vince la Coppa del Mondo con la sua Argentina, ultimo trofeo di una collezione mastodontica che lo conferma - come se ce ne fosse bisogno - tra i più grandi dello sport. Messi ci arriva a 35 anni, dopo aver perso la prima gara del torneo e piegando in finale l’altro spaventoso numero dieci, Kylian Mbappé, il ragazzo del futuro con cui divide panchine e gloria al PSG. Partita eccezionale, storica. Al trionfo dell’Argentina è seguito, puntuale, il paragone tra Leo Messi e Diego Armando Maradona: per qualcuno adesso (e solo adesso) Leo potrà essere un suo pari e reggere il confronto. Per altri, uno è d10s e l’altro è dieci, così sarà sempre. Il motivo? Diego era un eroe romantico, Leo è un calciatore. Maradona, dicono, non avrebbe mai messo il Bisht perché era un uomo del popolo, uno che lottava contro la FIFA e l’ordine costituito. E invece Maradona si è vestito da emiro e ha allenato quelle squadre per denaro, così tanto denaro che a confronto Matteo Renzi in Medio Oriente ha fatto beneficienza. Maradona era un genio però, irregolare e fantastico. E quindi l’Argentina ha ritrovato d10s, con le sue contraddizioni? Ma per carità. L’Argentina, il calcio e lo sport hanno goduto di un fuoriclasse, di un momento sportivo grande e irripetibile.
Esattamente come la MotoGP ha goduto per vent’anni di Valentino Rossi, delle sue magie fuori dal pronostico e dal calcolo. Anche per lui si cerca disperatamente un erede, il nuovo uguale al vecchio che rifà tutto daccapo. Come Marco Simoncelli ad esempio, che se n’è andato troppo presto per raccontare la sua storia. O Marc Marquez, così diverso da Rossi da risultargli simile. Se dovesse vincere il 9° titolo anche lui, probabilmente finiremo per leggere sui giornali Marquez come Rossi. Macché. E non contano il talento, i numeri o il cuore.
Per qualche motivo ci ostiniamo a confrontare sportivi che si assomigliano soltanto nell’irripetibilità delle loro azioni, eppure un fuoriclasse si distingue dagli altri proprio per essere, a modo suo, diverso da tutti gli altri. Marc Marquez potrà mai fare quello che ha fatto Valentino? No, mai. Nemmeno riuscendoci, di fatto, nella pratica, per esempio con quel sorpasso a Laguna Seca che cita il capolavoro di Rossi su Stoner nel 2008. Inutile dirlo, rifarlo non sarà mai la stessa cosa. E pure il Doc, immenso, ha mai vinto dopo un rientro complicato come quello di Marquez, tornando a vincere dopo tre operazioni al braccio? No, mai. Ognuno scrive la sua favola. Quello che ha fatto Maradona contro la Germania Ovest a fine partita, per i mondiali dell’86, Messi non poteva farlo, come non poteva segnare di mano ai quarti contro l’Inghilterra. Messi ha fatto un’altra cosa ed è stato grande, enorme, definitivo. È stato magico.
Godiamoci le prime volte, le intuizioni, la scintilla del genio nel pieno dell’ordinario. Perché quelle cose lì non tornano mai due volte.