Marco Simoncelli c'è, direbbe Guido Meda. E lo direbbe anche oggi, a 9 anni dall'incidente che gli costò la vita in Malesia. Perché se ami le corse non puoi evitare di pensare a Marco, a cosa avrebbe detto, a che avrebbe fatto, a quanto avrebbe vinto. Il motociclismo, al quale ha dato tutto, gli sta rendendo qualcosa ogni giorno. Ogni giorno a Coriano passa qualcuno per fargli un saluto e chi entra al Marco Simoncelli World Circuit pensa un po’ anche a lui, a Marco, magari anche solo un istante. Ogni giorno, nel traffico, puoi trovare un'auto, un tir, una moto o chissà quale mezzo di umana concezione con il 58 rosso e bianco a catturare lo sguardo.
Quando lo vedi, quell’adesivo lì, non ti rende mai troppo triste. Puoi essere un po’ malinconico, ma è sempre capace di strapparti un sorriso. A lasciarti un paio di minuti così, nel traffico, a pensare a Marco che gioca a briscola nel box o che dice in conferenza stampa “i will be arrest” mentre dietro suonano perché il semaforo è verde.
Poi c’è Paolo Simoncelli, che in nome del figlio ha fondato una squadra per correre nel motomondiale. E vuole arrivare in alto, alla MotoGP, anche se il cammino è lunghissimo e pieno di complicazioni. Il Sic58 Squadra Corse non è esattamente un Team come un altro. I comunicati li scrive Paolo, e più che comunicati scrive lettere di passione. A memoria è anche l'unico Team Principal del motomondiale ad aver mai preso una multa per aver detto parolacce. Perché la Squadra Corse non può fare piazzamenti, quello è un team che deve vincere. E quando vince, l’emozione ti arriva anche dalla TV.
I colleghi della sede spagnola di DAZN hanno realizzato un piccolo documentario (che purtroppo non andrà in onda in Italia) con Paolo Simoncelli e Tatsuki Suzuki, per parlare di Marco e del mondo della Sic58 Squadra Corse. Ne riportiamo qui i passaggi più interessanti.
Sull’inizio della Sic58 Squadra Corse, Paolo racconta che “l'idea è nata come motivazione per continuare a vivere, non per morire dopo l'incidente di Marco. Un grande responsabile è stato Aldo Drudi, che ha spinto tanto fino a quando non abbiamo trovato un pilota di Rimini. È stato allora che abbiamo deciso di fare questa piccola squadra. Abbiamo provato a vincere il Campionato Italiano, che per merito di Casadei (che oggi corre nel Sic58, ndr) non siamo riusciti a conquistare. Poi abbiamo deciso di andare al CEV, perché il livello è molto più alto che nell'italiano. Penso che insieme a Marco Grana, il Team Manager della squadra, abbiamo fatto un ottimo lavoro".
“Adesso abbiamo Antonelli e Suzuki, e credo che dobbiamo essere felici per il futuro, perché secondo me possiamo raccogliere molto di più. Stiamo cercando di vincere il Campionato del Mondo Moto3, ma è una categoria molto complicata, molto difficile e c'è molta concorrenza. Tuttavia, stiamo lottando e abbiamo quello che serve per vincere.” Spiega Paolo, che dal prossimo anno non potrà più contare sui piloti attualmente schierati in griglia e sarà chiamato a sceglierne di nuovi. Poi racconta un aneddoto: “A volte quando ricordo questa cosa mi commuovo ancora. Ogni anno quando arriviamo in Malesia, nel punto in cui è avvenuto l'incidente di Marco, un fotografo italiano dai capelli bianchi pianta una palma e ogni anno andiamo ad annaffiarla. A questo punto qualcuno - probabilmente Fausto Gresini - ha messo un leggio con una targa su cui si possono vedere alcune firme dedicate a Marco dai suoi amici. Ogni anno faccio quella passeggiata, fino a quel punto lì, e una volta mi sono accorto che tutta la squadra mi stava seguendo nonostante non avessi detto a nessuno dove stavo andando. È stato veramente un bel momento. Quando siamo arrivati ho ringraziato tutti per essere venuti, poi mi sono voltato e ho visto Tatsu con le mani giunte in segno di preghiera davanti al memoriale. Ha fatto una promessa a Marco: 'Un giorno salirò in cima dal podio e lo farò con tuo padre'. Così è stato. Ha mantenuto questa promessa, la cosa strana è che l'ha fatto proprio a Misano, sul circuito che porta il nome di Marco. Sono cose che fanno parte di quelle coincidenze che ti fanno pensare che potrebbe non essere tutto finito e che, forse, ci rivedremo e ci potremo abbracciare. È stato veramente bello”.
Tatsu se lo ricorda bene quel giorno, lui che è stato adottato dalla riviera romagnola al punto da farsi chiamare il "GiappoRiccionese”. “È un ricordo prezioso - racconta Suzuki - perché ho vinto la mia prima gara nel Campionato del Mondo, sul circuito di Misano che prende il nome da Marco e, inoltre, correndo nella squadra di Marco. E poi è stato Paolo che mi ha reso un professionista e tutto quello che mi ha dato mi ha portato a raggiungere quella vittoria. Non posso esserne certo, ma credo davvero che qualcuno mi abbia aiutato a realizzare tutto questo. Per me è molto importante e speciale correre con questo team - continua Tatsu - perché Marco è una leggenda come pilota. Vive nei cuori delle persone, soprattutto nel cuore di Paolo. Quando finisco una sessione o una gara, invece di parlare con me sembra che lo faccia con Marco. Sinceramente lui non era il mio pilota preferito quando correva nella 250cc: Aoyama ha corso nel mondiale, io sono giapponese ed ero un suo fan. Ma ora è tutto diverso. Paolo lavora all'interno del box come quando guidava Marco, niente è cambiato. Siamo come una famiglia”.