Pecco Bagnaia correrà con il numero 1 sulla carena della sua Ducati Desmosedici. Non è una certezza, ma una spoilerata bella e buona che, di fatto, potrebbe pure rivelarsi un giochino mediatico per catalizzare l’attenzione sull’imminente presentazione del Team Lenovo. Le prime foto che hanno cominciato a circolare, qualche post sfuggito ai social media manager e una scelta che è diventata di dominio pubblico prima ancora di essere ufficializzata. Ci sentiamo, però, di usare ancora il condizionale: Pecco Bagnaia avrebbe scelto di non seguire le orme del suo maestro, Valentino Rossi, per seguire quelle del suo predecessore, Casey Stoner.
La leggenda di Tavullia, infatti, non ha mai voluto abbandonare il suo 46, nonostante la possibilità di farlo per ben 7 (+2) volte nella sua lunghissima carriera, mentre il fenomeno australiano, all’indomani del primo (e fino a pochi mesi fa anche unico) mondiale vinto dalla Ducati, aveva scelto di mettere a riposo il suo 27 per farsi accompagnare dal numero 1 sul cupolino nella stagione successiva. Non andò benissimo e è risaputo, ma Pecco Bagnaia, evidentemente, non è uno scaramantico. E, in via del tutto più semplice, ci piace pensare che Pecco Bagnaia intenda in qualche modo rilanciare rispetto a Casey Stoner e alla pesantissima eredità che ha raccolto. Quasi una sfida, non tanto a Casey Stoner, ma a tutti quelli che, ormai da settimane, vanno ripetendo che per Ducati e il pilota piemontese non sarà facile bissare il successo dopo la “sbornia” di un indimenticabile 2022. Lui vuole farlo e probabilmente quel numero 1 (ammesso che sia davvero la sua scelta) è il modo per mettere le cose in chiaro prima ancora di partire, ricordando anche a tutti chi sarà l’uomo da battere. Non solo nelle parole, ma anche nei numeri.
Però, sempre se quella foto è stata effettivamente anticipatrice di una verità (visto che è stata immediatamente rimossa e fatta scomparire), la scelta di Pecco Bagnaia racconta anche di un ragazzo che magari avrà poco a che vedere con i piloti tutti matti e stravaganti di una volta, ma che ha tanto da spartire con il motociclismo che tutti rimpiangiamo. Quello con meno interessi e più genuinità che profumava di miscela e suonava di due tempi. Quello, insomma, in cui la parola “marketing” non era la sovrana assoluta del paddock. E’ risaputo, infatti, che tenere il 63 avrebbe verosimilmente costituito una scelta economicamente più azzeccata, visto che anche Marc Marquez, Joan Mir e Fabio Quartararo, nel recente passato, hanno preferito tenere i loro numeri, facendo finire alla voce “vecchie usanze” il ricorso al numero 1, ma mettere sul cupolino quel segno è anche un modo per dire grazie: invece del 63 che avrebbe identificato il numero uno, il numero 1 che invece identifica tutti e è di tutti. Di tutta Ducati e di tutte quelle persone che hanno condiviso un successo e che, oggi, si preparano a scendere nuovamente in battaglia. Non solo contro Marquez, Quartararo e gli altri marchi, ma anche contro quelle scelte che si fanno con il portafogli invece che con il cuore.