La carriera di Cristian Gabarrini in MotoGP si snoda tra Honda e Ducati. Alle origini l’ingegnere di Senigallia, che ha esordito nel 2002 con il team di Lucio Cecchinello, era un elettronico. Il debutto da capotecnico, invece, coincide con il primo titolo mondiale in MotoGP: correva l’anno 2007 e Cristian, passato in Ducati, prendeva sotto la sua ala un giovane Casey Stoner, subito campione del mondo alla prima stagione in rosso. L’alchimia tra il fenomeno australiano e il capotecnico italiano è esplosa istantaneamente, restando intatta sino al ritiro prematuro di Casey dalle corse. Gabarrini, infatti, dopo altre tre stagioni a Borgo Panigale ha seguito Casey in HRC ufficiale, conquistando un altro titolo iridato nel 2011. Dopo l’addio di Stoner nel 2012, Cristian ha portato al debutto in top class sulla Honda LCR anche Jack Miller, prima di tornare in Ducati nel 2017 come capotecnico di Jorge Lorenzo. La bizzarra esperienza del maiorchino a Borgo Panigale si è consumata in due stagioni, con l’ingegnere marchigiano che – a partire dal 2019 – ha cominciato a lavorare con Pecco Bagnaia. Prima in Pramac e poi, nuovamente, in Ducati ufficiale.
Honda, Ducati, promesse del motociclismo al debutto, campioni, personalità differenti. Un’esperienza ed una competenza, quelle di Cristian Gabarrini, che parlano da sole. Proprio l’attuale capotecnico di Pecco Bagnaia, in una bella intervista di Paolo Ianieri sulle pagine della Gazzetta dello Sport, ha paragonato il suo 2007 da titolo con Casey Stoner a questo 2022 che, potenzialmente già in Malesia, potrebbe riportare il mondiale alla corte di Borgo Panigale. A Sepang Bagnaia, primo in classifica con quattordici punti di vantaggio su Fabio Quartararo, si gioca già il primo matchball per la conquista del titolo. Se Pecco in gara dovesse arrivare davanti ad Aleix Espargaro e siglare undici punti in più di Fabio, allora diventerebbe automaticamente campione del mondo (con una vittoria di Bagnaia e Quartararo non meglio di quarto, tutte le condizioni verrebbero soddisfatte). “Le differenze tra la Ducati 2007 e quella del 2022 sono abissali. Quella era una moto rozza, molto difficile da guidare, al limite delle possibilità umane. Quella di oggi è una Ducati molto sofisticata, tecnologicamente al top, come tutte le MotoGP difficile da portare al limite. Bisogna saperla guidare, ma ora ci sono cinque-sei piloti che vanno mediamente forte, nel 2007 solo uno riusciva a portarla al limite, Casey” – ha analizzato Gabarrini.
Cristian poi ha commentato la maturazione che Bagnaia ha mostrato nelle ultime gare (dalla scivolata di Motegi in poi), parlando anche del clima di lavoro all’interno del box Ducati numero 63. Un’atmosfera tranquilla e volta all’ottimismo che, per centrare l’obiettivo titolo, deve mantenersi tale in Malesia ed, eventualmente, a Valencia: “Bisognerà stare tranquilli, lavorare allo stesso modo; il nostro mantra non cambia, ce lo ripetiamo dalla pausa estiva. Dobbiamo andare avanti gara per gara, senza voli pindarici. Quella caduta in Giappone all’ultimo giro non ci voleva proprio, ma siamo stati molto fortunati che, con Fabio a sua volta indietro, il danno è stato limitato. Anche se c’è stato, perché Pecco avrebbe preso 8 punti e ora a +22 la situazione sarebbe diversa. Pecco poi è stato bravissimo nei due terzi posti in Thailandia ed Australia, intelligente a non prendersi troppi rischi“. Gabarrini infine ha espresso il suo punto di vista sulla situazione tecnica dei diretti concorrenti: “Fabio si trova da solo con una moto che però non è tutto questo disastro come tanti dicono. Per me la Yamaha resta comunque molto competitiva. In Aprilia hanno fatto enormi passi in avanti, ma essere veloci per un po' di gare consecutive non significa esserlo sempre. In questi ultimi appuntamenti penso abbiano avuto qualche problema in più, ma sono retroscena che solo loro conoscono”.