Francesco Pecco Bagnaia è ancora fresco di un titolo mondiale MotoGP conquistato il 6 novembre scorso, ovviamente con Ducati. È proprio lui a parlarne in una recente intervista per GQ: «Vincere da italiano e con una moto italiana è stata una cosa bellissima, erano cinquant’anni che non succedeva. Poi è avvenuto con la Ducati, e per me è stato come realizzare un sogno che mi portavo dentro da sempre». Il primo grazie, ovviamente, va alla sua Ducati: «Ci siamo scelti, abbiamo litigato, ma in fondo ci siamo sempre capiti: ti ho voluto, ti ho cercata, il rosso fa parte di me». E che dire dell’altro “titolo” ottenuto, quello di essere diventato, in qualche modo, il successore di Valentino Rossi nella lista dei vincitori italiani di questo titolo mondiale: «Penso sempre al fatto che l’ultimo titolo mondiale di un pilota italiano in MotoGp risaliva al 2009. Essere diventato il primo a riuscirci dopo Valentino Rossi mi rende davvero felice. Il modo in cui abbiamo conquistato questo successo, poi, è stato indimenticabile».
Certo, l’inizio non è stato dei migliori: «A inizio stagione, eravamo partiti con l’obiettivo di vincere. O comunque per fare il massimo. Purtroppo abbiamo avuto qualche complicazione nelle prime gare, la moto faticava ad andare. E questo ci ha limitato tantissimo. Anche io ho fatto due o tre errori di troppo che ci hanno mandato a 91 punti di distanza dal primo posto nella classifica piloti. Insomma, eravamo davvero molto indietro». Chiaramente fa riferimento alla caduta nella gara d’esordio in Qatar, al 15esimo posto in Indonesia e alle due quinte posizioni. Dopo una breve ripresa culminata al Mugello, infine, la sensazione di un ritorno alla stagione deludente del 2021. Ma Pecco si rialza. «Prima di Assen [l’inizio della fase positiva che si replicò al Mugello, ndr] abbiamo avuto una riunione, ci siamo messi tutti lì ad analizzare i problemi che avevamo. È stato uno switch necessario, decisivo. È stata la cosa di cui avevamo bisogno. A partire dall’Olanda, posso dirlo con assoluta certezza, è stato tutto perfetto. E così abbiamo portato a termine una rimonta incredibile, abbiamo fatto la differenza rispetto a tutti gli altri. Per me aver vissuto una stagione del genere è una fonte d’orgoglio immensa, inesauribile: non era mai successo che un pilota di MotoGp recuperasse tutti questi punti e vincesse il titolo mondiale. Forse non è mai successo neanche in tutta la storia dello sport in senso assoluto».
Il successo nel 2022 è dovuto al suo stile di gara e anche a quanto Pecco ha sempre ritenuto caratterizzante: «I miei punti di forza si vedono in frenata, nel fatto di riuscire a far girare la moto molto stretta nonostante vada molto forte. Negli ultimi due anni questa caratteristica ha fatto la differenza per me, soprattutto rispetto ai compagni di marca. E poi secondo me possiedo una grande determinazione, ho sempre la volontà ferrea di riuscire ad arrivare alla fine di ogni corsa. È una cosa che ho maturato negli anni. […] La velocità è una cosa che mi appartiene. Mi è sempre stata dentro. Praticarla e saperla gestire mi viene spontaneo, non ho mai dovuto fare fatica per andare forte». Ma qual è il suo tallone d’Achille? «Sulla mia testa ho dovuto lavorare parecchio, la considero un mio difetto. Perché sono autocritico, non sono mai davvero felice di quello che faccio, di come faccio andare la moto in pista, ma al tempo stesso ho sempre faticato a recepire le critiche nel modo giusto. Quando sono gli altri a dirmi cosa non va provo ad ascoltarli, ma non sempre ci riesco. Devo imparare a vedere certe parole come dei consigli, dei suggerimenti, che poi è quello che sono. Ma sono ancora giovane, ho ancora molto tempo per imparare e delle guide meravigliose cui posso fare riferimento».
Ma tutto questo successo per un italiano indica che le cose stanno cambiando? Che la MotoGP tornerà a essere di casa nel nostro Paese? Pecco Bagnaia ha la risposta anche su questo: «Nel motociclismo si va molto a ondata. È uno sport fatto di grandi cicli: dopo gli italiani fortissimi che si sono imposti alla fine degli anni Novanta e all’inizio dei Duemila, sono arrivati gli spagnoli. Ma ora noi italiani stiamo tornando, siamo di nuovo in tanti ad andare veloce: il sottoscritto, Bastianini, Morbidelli, Marini, Bezzecchi, Di Giannantonio, tutti noi siamo cresciuti insieme e siamo davvero forti. Anche perché la competitività tra noi è sempre stata alta, e questo ci ha portato a migliorarci a vicenda. Secondo me faremo e faranno bene, ci sono anche altri giovani che stanno venendo su e possono arrivare ad altissimi livelli. Certo, c’è da superare una discreta concorrenza. Gli spagnoli, per esempio, continuano ad avere il campionato giovanile di riferimento, il più competitivo e importante al mondo, e questo gli rende la vita un po’ più facile. Ma il punto è che il mondo è cambiato e continuerà a cambiare, e dobbiamo saperlo affrontare».
Poi parla del rischio di snaturarsi, per via dei riflettori, delle pressioni, del forte agonismo. «Nel mio sport, ma penso sia così nello sport in generale, essere se stessi è la cosa più difficile. Forse perché viviamo in un ambiente in cui si va sempre alla ricerca del personaggio, e personalmente credo che sia una cosa piuttosto stupida. Molto spesso sento dire: “Quello è un gran pilota, ma alla fine non sarà mai un personaggio”. Ecco, certe parole mi sembrano fuori dal mondo, fuori dal tempo: io per esempio sono fatto in un certo modo, posso sembrare chiuso se mi guardi da un certo punto di vista, e magari lo sono davvero. Questo, però, non può impedirmi di usare i social come ritengo giusto. Di condividere su Instagram ciò che voglio della mia vita privata». Proprio sul tema dei social sceglie di spendere qualche parola: «Ormai bisogna accettare che le piattaforme social sono diventate fondamentali. Anzi, ti dirò di più: sono la macchina più potente che c’è, sono l’ambiente dove si creano le sponsorizzazioni, gli eventi, dove avviene tutto ciò che muove il mondo contemporaneo. E allora essere presenti non basta: bisogna lavorare bene sui propri profili, è una cosa che può fare la differenza nella carriera di un pilota, nel modo in cui viene percepito all’esterno». I social possono essere anche un’importante modo di avvicinare nuovo pubblico: «In fondo stiamo parlando di un tentativo di modernizzare il nostro sport. Non possiamo nasconderci: c’è un cambiamento generazionale in corso cui dobbiamo fare fronte con una mutazione del prodotto. Queste transizioni sono momenti che creano sempre un po’ di fastidi, di nervosismi, di arrabbiature. Ma ogni cosa è ciclica, e noi abbiamo il dovere di provare a coinvolgere un pubblico più giovane. Per farlo, dobbiamo rendere più spettacolare il Motomondiale».
Cosa farà Pecco dopo la MotoGP? Confessato di essere «un grande fan» di Lewis Hamilton», potrebbe restare in pista? Ma guarda anche al tennis: «È uno sport che mi piace molto, soprattutto adesso che ci sono degli italiani davvero forti: seguo moltissimo Berrettini, Sinner, Sonego». Insomma, tantissimi altri modi di tenere attaccati alle sue pagine tutti i suoi follower, che ormai hanno superato il milione, affascinati anche dal suo lifestyle: «Il merito è soprattutto della mia fidanzata e futura moglie se riesco sempre a trovare cose interessanti e di tendenza. Ma ci metto anche un po’ del mio. Per esempio indosso costantemente i miei occhiali da sole, non mi separo mai dai miei Carrera Ducati. È un’abitudine che ho in pista ma anche nella vita di tutti i giorni. Non riuscirei proprio a farne a meno. E poi le scarpe e i braccialetti rappresentano una specie di ossessione, quasi come quella di crescere e migliorare ancora come pilota».