Non solo foto e la mezza ammissione sul biscotto che nel 2015 è costato il decimo mondiale a Valentino Rossi: Marc Marquez a GQ si è raccontato senza filtri, svelando anche retroscena del suo periodo più buio. Quello che è cominciato nel 2020 a Jerez, con la caduta che poi gli è costata quattro interventi chirurgici e che ha rischiato di mettere fine alla sua carriera.
“Dissi ai dottori che volevo correre – ha spiegato Marquez – ma dissi anche che se me lo avessero permesso non mi sarei risparmiato”. Il riferimento, è chiaro, è al ritorno in pista a pochissimi giorni dal primo intervento, con tutto quello che è successo dopo. Ma Marc Marquez non se la prende solo con i medici e, anzi, riconosce di essere il primo responsabile di quanto successo. Non tanto lui, quanto il suo carattere. Un carattere che, però, gli ha permesso di diventare Marc Marquez. “E’ stato per colpa della mia mentalità e della mia ambizione – ha aggiunto l’otto volte campione del mondo - ma tutto ciò che ho ottenuto dal 2013 al 2020 l'ho ottenuto anche grazie a quella mentalità e a quell'ambizione, quindi se prendi i primi 10 anni della mia carriera i piatti della bilancia sono equilibrio”. Gioie e dolori. Successi e sofferenze. Con Marc Marquez che poi ripercorre le i suoi dentro e fuori dalle sale operatorie. “Quel ritorno affrettato ha fatto sì che una placca si rompesse e sono dovuto tornare dai dottori. Non so nemmeno io come ho fatto a vincere delle gare nel 2021 e non capisco nemmeno come sia riuscito ad arrivare quinto o addirittura quarto a Jerez a inizio stagione 2022. Perché in gara non c’ero: non c’era la testa e non c’era il fisico. Quando vinsi, la prima volta, scoppia a piangere dal dolore, senza godermi neanche un’istante di quella gioia”.
Il dolore al braccio non c’era solo in gara, ma limitava ogni tipo di attività, fino alla scelta di fermarsi ancora e tentare di nuovo la strada della sala operatoria. “Io corro per vincere – ha aggiunto il fenomeno di Cervera - se continuo a gareggiare è perché vedo possibilità di ottenere buoni risultati. Esserci per riempire la griglia di partenza non fa per me. Era arrivato un momento in cui la sofferenza ha superato la passione , e mi sono detto: 'o rimedio o non vale la pena continuare, perché mi stava togliendo molta qualità di vita, era non solo fallimento dopo fallimento, ma anche dolore costante, e il dolore ha cambiato il mio carattere, perché non sorridevo nemmeno più. Mi martellavo in palestra, mi martellavo in fisioterapia ogni giorno, ma andava sempre peggio e c'era sempre più dolore. È allora che abbiamo iniziato davvero a valutare tutto e vedere che c’erano 34 gradi di rotazione nell'omero”.
Il resto è storia recente che Marc Marquez ha raccontato anche in un documentario, con l’otto volte campione del mondo che, prima del quarto intervento chirurgico effettuato negli Stati Uniti, ha pure dovuto “litigare” con suo nonno. “Mi diceva che avevo già vinto tanto e che la vita è una sola e avrei dovuto anche valutare l’ipotesi di smettere – ha concluso Marquez – Gli ho promesso che sarebbe stata l’ultima volta in una sala operatoria a causa del mio braccio”. La stessa cosa, ma con toni quasi minacciosi, Marquez l’ha detta al medico che lo ha operato: “L’ho guardato fisso – ha raccontato – e gli ho detto che io ero un animale selvaggio messo in gabbia e che se avesse aperto la gabbia sarei scappato via, forzando tutti i tempi. L’ho messo in guardia, quindi, dall’aprirmi la gabbia solo quando ci sarebbe stata l’assoluta certezza che il mio fisico avrebbe retto il ritorno in moto. Mi disse di aspettare tre mesi circa e appena mi ha liberato sono salito in moto. Con me funziona così. Adesso, per il 2023, l’obiettivo che mi sono dato è arrivare al 100% alla prima gara di marzo. Solo allora saprò quale è il 100% di questo braccio, che ovviamente non sarà il 100% di un braccio completamente sano, ma dobbiamo arrivare alla migliore funzionalità possibile per andare in moto. Penso che siamo: ci arriverò perché sento che sta andando molto meglio”.