Sì, Pecco Bagnaia ormai fa ciò che vuole in questa MotoGP. L’avevamo criticato dopo gli errori di Austin e dell’Argentina perché si era colpevolizzato fin troppo. Un vizio che stava diventando mania della perfezione, autolesionismo. Ecco che, da lì in poi, Pecco Bagnaia è stato perfetto. Quando non ha potuto vincere, è arrivato secondo. Al massimo terzo. A rovinare un possibile filotto di dieci podi consecutivi, tra Sprint Race e Gare, è stato solo un contatto con Maverick Vinales a Le Mans. Un incidente che, forse, è servito a Pecco per affrontare la “tripla” europea – Mugello, Sachsenring e Assen – con una determinazione assoluta. Quella voglia di lasciare tutto in ordine prima di partire per le vacanze. Il desiderio di completare un lavoro ben fatto, per poi mollare gli ormeggi e coccolarsi nella gratificazione. Pecco Bagnaia sembra avere il mondo sotto controllo in questo momento. Almeno; lui questa sensazione sfuggente e inarrivabile la trasmette. “È ancora troppo presto per pensare al Mondiale, c’è ancora troppa strada da fare” – commenta. Intanto lascia Assen con un una leadership granitica, che si traduce in 35 punti di vantaggio su Jorge Martin, 36 su Marco Bezzecchi. Intanto Bagnaia, con il mondo tra le mani, potrà mettere la testa su altro. Imboccare la strada della vacanza – direbbe Mina – che segnerà la sua lontananza. Dagli altri.
Pecco Bagnaia ormai fa ciò che vuole. È inarrivabile. Lui – principe garbato e gentile in un paddock pur sempre rustico – in pista si trasforma. È vero; resta pulito, immacolato, nella guida. Ma non dimentichiamoci che nel venerdì di Assen ha scagliato cazzotti feroci contro il serbatoio della sua Desmosedici. Come fa un pendolare in ritardo sui sedili del Trenitalia fermo, immobile, con trentacinque gradi fuori e tredici dentro. “Chi, Bagnaia?” – sgranerebbero gli occhi i famosi Signori del Bar. Proprio lui. Si arrabbia anche Pecco. Poi torna ai box e, insieme a Cristian Gabarrini e ai ragazzi della Ducati, impiega un battito di ciglia per sistemarsi, ricomporsi, trovare le giuste vie di mezzo. Utilizza la Sprint Race come se fosse una sessione di prove libere aggiuntiva, ma non lo fa con disinteresse, perché nella peggiore delle ipotesi arriva secondo: “Lavoriamo molto bene, ci conosciamo talmente bene che sappiamo dove andare a parare quando siamo in difficoltà e siamo forti in questo. Spesso arriviamo alla domenica pronti, anche se il fine settimana comincia male. Non è la prima volta che succede. In certi casi la Sprint Race ci viene un po' più complicata perché quelle volte in cui sono in difficoltà il venerdì magari poi necessito di più tempo. Però stiamo migliorando sempre di più la moto nuova, la stiamo inquadrando sempre meglio. Siamo arrivati a capire che bisogna sempre trovare un compromesso tra la nuova moto e la GP22. Anche quest’anno ho cominciato facendo diversi errori, ma c’è stata la Sprint Race che mi ha aiutato a stare sempre davanti in classifica”.
Pecco Bagnaia fa quello che vuole. Anche in gara, soprattutto in gara. Ammette di preferire la domenica alla Sprint Race perché, avendo più giri a disposizione, si sente libero di gestire, di interpretare la corsa alla sua maniera, di fare – appunto – ciò che vuole con le gomme, con il cronometro, con gli avversari. Marco Bezzecchi sembrava irraggiungibile ad Assen; per lui l’asfalto olandese assomigliava ad una strada di seta, sulla quale imbastire le fondamenta di un weekend illuminato, inscalfibile. Eppure in gara, il Bez, dopo aver dominato il venerdì e il sabato del Gran Premio d’Olanda, non è mai riuscito a scendere sotto al secondo di distacco da Pecco. Il numero Uno, è banale sottolinearlo, si comporta sempre più da primo della classe. Ovvero, fa sembrare scontata ogni sua conquista, ogni sua impresa. Se per Pecco Bagnaia, weekend dopo weekend, diventa sempre più difficile ripetersi, al contrario per i Signori del Bar è assodato che ormai, quando alle 14 di domenica scatta la MotoGP, Pecco Bagnaia debba essere davanti a tutti. Se non lo trovano, lì in vetta, si domandano allarmati: “Perché? Cos’è successo? Dov’è finito Pecco?”. Un anno fa, di questi tempi, sussurravano timidamente: “Sarebbe bello se questa volta vincesse Bagnaia”.
"Forse quest’anno sono più consapevole – ammette Pecco - e da Assen mi porto via la consapevolezza che siamo forti. Abbiamo lavorato bene, abbiamo vinto la quarta gara e andiamo in vacanza con un bilancio sicuramente positivo”. Vincere per Bagnaia sta diventando costume, usanza. Come un morso agli hot dog dopo aver cantato Mameli. I Signori del Bar - sempre loro, nel dehors con ventilatore tra i capelli, mazzo di carte sul tavolo, giornali impilati, e ciabatta ribelle - attendono la domenica pomeriggio per confermare la tradizione, per ribadire il rito. Chiedono a gran voce che, dopo la bandiera a scacchi, vada in onda una nuova puntata degli sketch con Marco Bezzecchi: “Se oggi fossi arrivato secondo avrei per forza accettato un’altra sconfitta dal Bez (Bagnaia ride). Ormai deve pagare pegno perché abbiamo fatto una scommessa e ha perso, dovrà offrirmi un pranzo e sarà un pranzo molto costoso”. Pecco continua a vincere, aggancia Dovizioso a quota 15 successi in top class. Davanti a lui, adesso, solamente due italiani: Giacomo Agostini e Valentino Rossi. “Sono ancora lontanissimi” – sottolinea il ragazzo vestito di rosso.
Lui, Pecco Bagnaia - 26 anni, da Chivasso - che ormai in questa MotoGP fa quello che vuole. Risponde alle provocazioni burlone di Bezzecchi con un gavettone d’acqua gelata. Annaffia di champagne Antonio Boselli di Sky. Lui, Pecco Bagnaia, che è il primo della classe, ma non è mai stato divo, prima donna, e probabilmente mai lo sarà. Nelle interviste, nei rapporti con il pubblico – sempre implacabilmente garbato, disponibile. Un principe col numero Uno che rifiuta di essere Re. Pecco Bagnaia però, a modo suo, sta cambiando la MotoGP e le gerarchie degli appassionati, degli italiani. Dalla pista agli angoli delle strade.