Per chi accende la televisione dalla Moto3 non c’è niente di nuovo, in Qatar abbiamo visto il solito Pedro Acosta. Lo stesso vale per i pochi che, quattro anni fa, hanno seguito la Red Bull Rookies Cup. Eppure, lo ripete spesso anche Graziano Rossi, finché non vinci in MotoGP (che nel caso di Valentino era la 500 nel GP d’Inghilterra sotto il diluvio) qualcuno potrebbe continuare ad avere dei dubbi. Acosta quei dubbi li ha fugati a Valencia, quando si è messo a guidare la MotoGP come uno che non ha mai fatto altro in vita sua, si è ripetuto durante i test - a Sepang prima e in Qatar poi - e, nella prima gara della stagione, ha stupito per l’ennesima volta. Perché questa, in fin dei conti, è la costante con lui: Pedro va oltre le aspettative. Anche durante le interviste, quando alle domande risponde proprio come uno che ha tempo di inventarsi una risposta d’effetto, divertente, magari addirittura memorabile: “Non sono andato male”, ha detto a Sandro Donato Grosso per Sky dopo la sprint del sabato. “Sono arrivato alla prima curva e mi sono detto ‘che cazzo faccio?’. Mi si è bloccato l’abbassatore davanti, ecco perché le prime due curve sono state un po’ un disastro e mi ha passato Maverick. Ma è andata bene, è andata bene, perché avevamo il passo per superare Maverick e Jack, eravamo super vicini a Marquez. Ho pensato che la gara è andata bene perché nei primi tre giri ho preso tre secondi e mezzo, poi abbiamo finito a quattro secondi”.
Acosta, in quattro frasi, ha spiegato di aver preso quattro secondi di cui tre e mezzo principalmente dovuti a un problema meccanico. Davanti gli sono arrivati solo sette piloti, di cui uno con l’Aprilia, Aleix, uno con la KTM (Brad Binder) e cinque con una Ducati (le due Gresini, le due ufficiali e la Pramac di Martín). È poca gente. Il tutto, mantenendo l’ottava posizione guadagnata in qualifica, che significa avere visione di gara e non solo esplosività sul giro secco: “È andata benissimo, anche andare direttamente in Q2, cosa che in Moto2 a volte mi riusciva difficile. Andiamo a migliorare, penso che nella gara lunga potremo fare meglio anche nel primo giro, anche con un’altra mentalità: oggi tutti sono andati a fuoco dall’inizio, la domenica con un po’ più di calma all’inizio possiamo fare un po’ meglio”.
Quando gli chiedono se i test l’hanno aiutato, lui con una schiettezza disarmante risponde che in realtà sarà più che altro il contrario, perché lavorare sulla messa a punto è il suo grosso limite in questa MotoGP: “Sicuro fare i test qui in Qatar mi ha aiutato tanto, Portimão sarà il primo circuito in cui partiremo davvero da zero. È vero anche che con tutte le informazioni che abbiamo ricavato dai test e da questa gara possiamo arrivare anche più preparati sia di elettronica che di setting per il Portogallo. Setting ed elettronica per ora sono i nostri punti deboli, perdiamo tanto tempo a sistemarli per il mio stile. Ma penso che con tutte le informazioni che stiamo raccogliendo si potrà fare un bello step”.
Infine, la perla che chiude il collegamento: “La cosa che mi ha impressionato di più rispetto alla Moto2? Alla fine, quando metti il launch control e vedi che hai Pecco Bagnaia davanti, Marquez a destra, Binder davanti… Ti dici cazzo. Ma che cazzo ci faccio io qua”.
Se volete fare un investimento emotivo su di un pilota da tifare per i prossimi dieci o quindici anni e trovarvi dalla parte di chi vince, Pedro Acosta è la miglior scelta che possiate fare. La grossa domanda adesso è un'altra: quanto sarà riuscito a stupire a fine anno? Perché un titolo all'esordio sembra impossibile, eppure si diceva lo stesso di Marc Marquez nel 2013.