Si parte oggi alle 17.45 con Cagliari-Perugia e poi, a seguire, Udinese-Feralpisalò, Lecce-Cittadella e in chisura Sampdoria-Reggina. Queste sono le prime partite della Coppa Italia 2022-23, nuova edizione dello stesso sgarbato e noioso modello di competizione che unisce le 20 squadre di Serie A, le 20 di Serie B e 4 di Serie C. Perché tanta aggressione verso questo nuovo capitolo della competizione? Perché è semplice: funzionicchia, ma non piace (si dice da anni) eppure non cambia nulla. La Lega Calcio - ente che organizza la Coppa Italia - poteva, visto che l'Italia è fuori dal Mondiale, pensare di fare qualcosa di diverso e imrpeziosire la stagione dei tifosi con un format alternativo, qualcosa di nuovo - stravolgere il torneo intero è impossibile, diciamocelo. Però mi chiedo: perché all'estero la Copa del Rey o la FA Cup sono tremendamente sexy mentre noi assimiliamo le partite della Coppa Italia all'immagine di un vecchietto seduto al circolo intento a bere il Caffè sport Borghetti?
Forse perché a nessuno interessa davvero la Coppa Italia. Il piattume di vibrazioni del torneo deriva da un rapporto di causa-effetto. La Coppa Italia non ha appeal, la Coppa Italia non interessa, la Coppa Italia vale molto, molto meno del campionato. Dunque le grandi squadre non ci investono, non lo ritengo un obiettivo fondamentale - in alcuni casi la concentrazione su un piazzamento europeo è persino più considerato. Ma questo perché non si è trovata per anni la volontà di modificare un sistema debole che, magari, a qualcuno, va anche bene. Le grandi squadre, per esempio, entrano quasi tutte a gennaio, che è quando si disputeranno gli ottavi di finale, per cui - seguendo il mantra di tutti gli ultimi anni - le sfide top si risolveranno tutte nei quarti e nei turni successivi. Quest'anno, qualora dovessero passare tutte le big, gli accoppiamenti nella fase finale del tabellone sarebbero Inter-Atalanta, Lazio-Juventus, Napoli-Roma e Fiorentina-Milan. Apputo, alle grandi squadre questo va bene perché fino a gennaio non ci saranno impegni extra oltre a quelli di Champions league e Europa League. I problemi sono per le altre.
La Coppa Italia, nelle sue fasi iniziali, è solo un "banco di prova" o un "test di rodaggio" per squadre di media o bassa classifica di Serie A contro club di B o C. A ridosso del campionato, come adesso, c'è già un impegno ufficiale che non solo è scivoloso per la squadra - un giocatore si può infortunare, si possono compromettere trattative - ma anche per l'allenatore. Esordire con una sconfitta o una pessima prestazione spesso vuol dire triplicare la pressione per l'inizio di campionato. Cosa che alle grandi squadre, essendo le prime otto classificate dello scorso anno inserite fra le teste di serie, questo non avviene. Se si togliessero invece le teste di serie, da un lato, con le tante squadre in gioco sarebbe difficile portare le grandi di A a giocare a settembre o ottobre, ma dall'altro si potrebbero vedere partite più in stile FA Cup anche in Italia.
Fra tutte queste difficoltà vorrei avanzare una proposta: cambiare le fasi finali. Rendere l'estremità del torneo un po' più cool. Per esempio aggiungendo una final four, un mini torneo per cui, come nei campionati inglese e scozzese, per un weekend il campionato si ferma per far giocare queste partite. Oppure: non vi sta bene una final four? Mettiamo un turno di Coppa Italia nel weekend e spostiamo la Serie A nei giorni feriali.
Per carità, si è visto anche quest'anno i disagi e le polemiche conseguenti a partite slittate e recuperi. Ma un conto è un rinvio per neve o disposizioni sanitarie, un conto è un regolamento federale che prevede lo svolgimento di un altro torneo. Quest'anno ci sono i Mondiali in Qatar e da fine novembre il campionato di Serie A si ferma per lo svolgimento della prima Coppa del mondo in inverno. E se per una settimana, a maggio, si stoppasse il massimo torneo per una settimana - o alcune squadre dovessero giocare un turno infrasettimanale in più -, che problema c'è?
La final four, inoltre, si potrebbe disputare ogni anno in un luogo diverso. A Roma un anno, a Milano un altro ancora, l'anno dopo a Bari. Invece, la finale italiana, dalla stagione 2007-2008, si è sempre svolta ininterrottamente allo Stadio Olimpico di Roma. (In Spagna, per dire, ogni anno la sede della finale cambia). Cosa ci vuole a spostare la sede della finale? E' un impegno troppo grosso far sì che si esca dal conservatorismo della finale a Roma davanti il presidente della Repubblica? Che poi, Mattarella e successori verrebbero comunque da altre parti, magari al Ferraris di Genova, al Renzo Barbera di Palermo, al Dall'Ara di Bologna, allo Juventus Stadium di Torino.
Il problema è che la suscettibilità e la comodità di un sistema così codificato - e che sta bene soprattutto ai top club - rendono difficili la modifica strutturale di un torneo che gli stessi allenatori delle big dicono di voler vincere, ma poi, nella maggior parte dei casi, mandano in campo squadre miste di titolari e riserve. "Non ha vinto manco la Coppa Italia", spesso diciamo per denigrare la stagione di un allenatore. Per cambiare noi, tifosi, e la nostra opinione della Coppa Italia, deve prima cambiare il torneo.