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Perché il documentario di Roger Federer di Asif Kapadia non sarà la solita americanata a cui la televisione ci ha abituati

  • di Lorenzo Giamattei

27 febbraio 2024

Perché il documentario di Roger Federer di Asif Kapadia non sarà la solita americanata a cui la televisione ci ha abituati
Documentari tutti uguali, esagerati, sensazionalistici, lontanissimi dallo stile che da sempre ha caratterizzato Roger Federer. A questo ci hanno abituato televisione e piattaforme negli ultimi anni ma il documentario sugli ultimi 12 giorni di carriera di sua maestà Re Roger, annunciato da Prime Video, sarà tutta un'altra cosa. Il motivo? Si chiama Asif Kapadia

di Lorenzo Giamattei

È sempre stato difficile entrare nella testa di Roger Federer, lo sforzo che ha fatto per rimanere impassibile agli eventi che lo circondavano sul campo, gli ha dato un’aura mistica, è sempre apparso ai nostri occhi come qualcosa di superiore, imperturbabile, troppo elegante per sprecare le sue energie in una lite con l’arbitro, con il pubblico, con sé stesso.

Una carriera lunga più di 20 anni però, non può essere lineare e precisa, come tutti i migliori artisti, anche Federer ha avuto i suoi diversi periodi: quello del giovane ribelle irrequieto, che cerca di dare un senso al suo talento, spaccando racchette e tingendosi i capelli di biondo nel percorso, il periodo del regno, in cui ha indossato i panni dell’essere perfetto, ingiocabile per i suoi avversari (tranne uno spagnolo), modello irraggiungibile di bellezza sul campo da gioco per i tifosi, ed infine, il periodo dell’umanizzazione. Da un certo punto della carriera in poi, probabilmente dalla finale degli Australian Open del 2009 persa contro Nadal, lo svizzero è tornato ad essere più umano, ha iniziato a piangere dopo le sconfitte, si è mostrato vulnerabile, terreno, per la prima volta riuscivamo a capire cosa pensasse, perché pensava e reagiva come avremmo fatto noi. Il racconto di uno sportivo così grande è sempre un’operazione soggettiva, ognuno di noi ha dei ricordi speciali legati a Federer e attraverso quelli costruisce la sua preferenza intorno ad uno dei tre periodi; per motivi di età il periodo che ho vissuto di più è stato l’ultimo, quello delle sconfitte brucianti, delle vittorie inaspettate, dove ogni anno poteva essere l’ultimo, ma non lo era mai, la corsa frenetica contro il tempo e avversari sempre più giovani e forti. Ho amato il Federer umano, quello che perde dopo aver avuto match-point a favore, che si deve inventare colpi nuovi (la S.A.B.R.) per rimanere competitivo nonostante un fisico in naturale decadimento, che non è più il miglior giocatore del mondo e sta piano piano perdendo anche il titolo di miglior tennista di sempre, che non riesce a trovare il momento giusto di smettere, per poi farlo nel modo più poetico possibile.

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Quel giorno del settembre 2022 a Londra, alla Laver Cup, abbiamo visto la fine del Federer giocatore, ma allo stesso tempo l’inaugurazione del Federer uomo, finalmente spogliato dai trofei, dai successi, dalle sconfitte e libero di piangere con la sua famiglia e i suoi rivali recenti e storici.

Ci siamo chiesti cosa fosse successo durante gli ultimi giorni del campione svizzero, il dietro le quinte del grande spettacolo che avrebbe chiuso una carriera irripetibile. Amazon risponderà alle nostre domande, pubblicando un lungometraggio in forma di documentario su quei giorni alla Laver Cup nel 2022. Federer ha infatti deciso di farsi seguire da una troupe, con accesso al suo albergo, che catturasse quegli istanti di estrema vulnerabilità, in cui il giocatore stava per lasciare spazio all’uomo. L’idea iniziale era quella di tenere i filmati per sé, la sua famiglia ed i suoi amici, in un secondo momento però lo svizzero ha deciso di condividere anche con il resto del mondo il contenuto del lavoro, arricchendolo con interviste ai suoi rivali storici, Nadal, Djokovic e Murray. A dirigere il documentario sarà Asif Kapadia, uno dei migliori registi di documentario narrativo incentrato su personaggi pubblici al mondo, già autore di capolavori come “Senna”, dove ha raccontato la vita e la morte del campione automobilistico Ayrton Senna, “Amy”, incentrato sulla vita di Amy Winehouse, lavoro con cui ha vinto il premio oscar per il miglior documentario nel 2015 e, infine, “Diego Maradona”, sulla leggenda argentina.

La superstar quindi, non sarà solamente il protagonista del documentario, ma anche colui che lo dirigerà. D’altra parte, raccontare gli ultimi giorni di vita professionale di un fenomeno dello sport, rispettando le aspettative di un pubblico enorme, è un’operazione che solo un gigante della cinepresa può svolgere. Scordatevi la retorica banale, le emozioni plastificate e la realtà annacquata di “Break Point”, con Roger Federer e Asif Kapadia il tennis è finalmente pronto ad avere il suo capolavoro cinematografico.

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